13 Novembre 2022

Ducati un’altra alba rossa 32 anni dopo il primo Mondiale Raymond Roche

Da Raymond Roche 1990 ad Alvaro Bautista 2022: quante cose sono cambiate da quella storica prima volta Ducati in Australia

Alvaro Bautista, Ducati

Alvaro Bautista ha interrotto il digiuno Ducati nel Mondiale Superbike che durava da undici lunghissimi anni, cioè da Carlos Checa 2011. Ma il titolo piloti numero quindici richiama alla mente soprattutto il primo della serie, festeggiato in Australia con il francese Raymond Roche nel 1990. Anche quella volta l’eco del trionfo arrivò in Italia all’alba e uno dei primi a saperlo fu Gianfranco Castiglioni, fratello di Claudio, allora numero uno del marco bolognese. Dovette alzare il telefono, perchè non c’era stata diretta televisiva: nè la Rai nè Telemontecarlo, che detenevano i diritti TV, si erano volute accollare il costoso noleggio del satellite. Gli appassionati italiani videro le immagini giorni dopo. Erano un’altra epoca e un’altra Superbike. Ma soprattutto era una Ducati assai diversa da quella di oggi.

Davide contro Golia

Il trionfo in Superbike con la mitica bicilindrica 851 fece scalpore perchè venne presentata come l’impresa della piccola azienda italiana che aveva messo in ginocchio i colossi giapponesi. Era proprio così. L’operazione era partita solo due anni prima, nel 1988, in contemporanea con la prima edizione del Mondiale. La 851 che Marco Lucchinelli portò al successo nel round inaugurale a Donington viaggiava a bordo di un furgoncino OM, reperto della fallimentare gestione delle Partecipazioni Statali. I fratelli Castiglioni stavano risollevando le sorti, partendo dalla pista, ma il retaggio della gestione pubblica era ancora palpabile. Adesso si è ribaltato tutto, la Ducati sbaraglia nei due campionati più importanti. Altro che giapponesi, oggi la Rossa di Bologna il vero Golia del motociclismo.

Da Roche a Bautista

Lucky, ormai sul viale del tramonto, dopo la stagione d’esordio diventò team manager dando fiducia a Raymond Roche, ex della 500 e pallino dei Castiglioni.Nel ’89 era mancata l’affidabilità, l’anno successivo il velocissimo transalpino ce la fece. Nel ’90 aveva 33 anni e qualche punto in comune con Alvaro Bautista. Piccoletto e talentuoso, una faccia tosta. In top class aveva gareggiato con Honda e Yamaha ufficiali, ma senza compiere mai il salto finale nell’epoca dei colossi della 500. Spesso a tradirlo era stato il carattere turbolento da marsigliese. Un velocissimo incompiuto, un pò comè stato Alvarito in MotoGP.

Quanta sofferenza

Anche Roche chiuse il Mondiale con un round d’anticipo, in mezzo al trittico che aveva portato la Superbike per la prima volta in Malesia, e in successione in Australia e infine Nuova Zelanda, a giochi ormai fatti. A Phillip Island Rayomond fece il ragioniere, un pò per tattica ma soprattutto perchè gli assi australiani a casa loro erano imprendibili. Le squadre europee, Ducati in testa, non avevano alcun riferimento, era la prima volta che il Mondiale correva all’Isola di Filippo. Roche fece quinto in gara 1 e poi si accontentò di un ottavo in quella decisiva. Ai box impazzirono di gioia al punto che…

Lucchinelli voleva fermare Roche!

L’unico che avrebbe potuto rinviare la festa era Fabrizio Pirovano, con la Yamaha. Quando i ducatisti capirono che il Piro non sarebbe potuto andare oltre il quinto posto, e quindi era fatta, esposero un gigantesco “BOX” dal muretto. Marco Lucchinelli, solito guascone, aveva deciso che bastava così, la Ducati era così superiore da richiamare Roche per dare via alla festa ancor prima del tempo. “Quando ho visto il cartello mi sono messo a ridere a crepapelle” raccontò Roche, che conosceva bene i suoi polli, e a rientrare non ci pensò proprio. La festa Ducati a Phillip Island finì oltre l’alba, quella del giorno dopo, talmente folle da finire sulle pagine della cronaca locale. Scommetto che Alvaro Bautista, nel suo resort di Lombok, andrà a letto molto prima di Raymond Roche.

Foto: Aruba Racing Ducati

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