30 Novembre 2022

Simone Saltarelli dalle sfide con Dovi ad oggi: il cuore oltre gli ostacoli

Simone Saltarelli si è classificato 2° al National Trophy dietro a Gabriele Giannini ed ha sfiorato il successo alla 24 ore di Spa.

Simone Saltarelli, National Trophy, Civ

Simone Saltarelli è l’emblema della passione per le moto. Una passione talmente forte, potente, autentica che raggiunge il cuore di chi lo incontra nel paddock o sulle strade della vita. Nel 2022, a 37 anni, si è laureato vice-campione italiano National Trophy a 7 punti da Gabriele Giannini. Simone Saltarelli ha vinto a Vallelunga ed è salito altre tre volte sul podio con la Honda TCF Racing. E’ stata la miglior stagione della sua carriera ma i riflettori erano puntati su Giannini, il nome nuovo del motociclismo italiano. E così il ruggito del vecchio leone di Senigallia si è sentito solo nel momento del dolore, quando all’ultima gara stagionale, ad Imola, ha avuto un grave incidente. Appena uscito dall’ospedale ha iniziato la riabilitazione.

“La passione per le moto me l’ha trasmessa mio padre, anche lui pilota – racconta Simone Saltarelli a Corsedimoto – Quando avevo sette o otto anni mi portava a girare in minimoto ma per gioco. Ho iniziato a gareggiare a 12 anni e all’epoca c’erano Dovizioso, Simoncelli e tanti altri piloti approdati poi al Mondiale. Nel 1999, nell’ultima stagione minimoto, mi sono giocato il titolo ma sono caduto alla quarta finale e mi sono rotto entrambi i polsi ma comunque ho continuato”.

Sei approdato alle ruote alte?

“Nel 2000 sono passato al Trofeo Aprilia, con mio babbo ed è stato bellissimo. C’erano Dovizioso, Scassa, Roccoli, Fabrizio… Ero sempre davanti, ho vinto a Magione ma sono stato squalificato e mi rode ancora. Avevo terminato il campionato al 2° posto di categoria dietro a Dovizioso. Ho fatto poi l’Europeo 125 GP ma non avevo un team all’altezza: chiedevano i soldi e basta”.

Ti eri eri un po’ demoralizzato?

“Io no ma mio babbo era rimasto un po’ schifato. Lui era un ex pilota ed un meccanico, non era capace a trovare sponsor anche se all’epoca era più facile di oggi. Non andavo piano ma la differenza la faceva il pacchetto. Sono partito spesso nelle prime due file ma poi in gara non riuscivo a fare risultati perché non avevo una moto all’altezza. Peccato perché nell’Europeo c’erano tutti i big: Lorenzo, Bautista, Barberà, Lai, Kallio, Dovizioso… Il livello era fotonico e se non si aveva tutto al top era impossibile emergere”.

Dalla 125 sei passato alla 600?

“Sì, ho fatto la Coppa Italia con le 600 e sono andato benino: ho vinto un paio di gare ma soldi non c’erano e mio babbo si è fatto un po’ da parte. Io sono andato avanti da solo, con le mie forze anche se ero giovanissimo. Ho provato a fare il Mondiale Superstock nel 2006 e sono andato subito forte ma sono stato lasciato a piedi perché non c’era il budget: ho beccato una fregatura che metà bastava. In quegli anni mi autogestivo e facevo quello che potevo con ciò che trovavo. Ringrazio ancora quelli che mi hanno aiutato da Boselli alla Suzuki Italia che mi ha fatto fare l’Europeo. Sono stato anche vice-campione europeo ma non avevo veramente un euro”.

Sei riuscito comunque ad andare avanti?

“Ho ricevuto una proposta da Michelin per fare il collaudatore e sono andato con loro. Per un paio di anni ho corso anche se le gomme non erano al top e non avevo un pacchetto ottimale. Nel 2014 e 2015 sono salito qualche volta sul podio alla Master Cup ed al CIV. Non sono mai riuscito a vincere una gara nel Campionato Italiano ma era difficile perché c’era troppa differenza tra ciò che avevo io e gli altri. Grazie a Michelin comunque ho continuato a gareggiare. Nel frattempo sono diventato padre: ho una figlia di quasi 16 anni e un bambino di 6. In più ho sempre lavorato nel negozio di mio padre”.

Una vita molto piena.

“Ho sempre cercato di arrabattarmi in tutto tra le corse, la ricerca sponsor, il negozio, i figli, gli allenamenti. Poi sono passato alla Dunlop, ho iniziato a fare il National e sono arrivati i risultati. E’ iniziata la risalita. Nel frattempo ho iniziato a gareggiare anche nel Mondiale Endurance”.

Il 2022 è stato l’anno migliore. Qual è stata la chiave di volta?

“Nel 2021 ho iniziato a gareggiare con TCF, un team completamente nuovo. Siamo partiti con le Ducati ma poi siamo passati alle Honda ed ho vinto l’ultima gara del 2021. Ho cambiato anche metodo di allenamento. Sono istruttore alla Riding School di Pedersoli ed ho cominciato ad allenarmi con Delbianco, Vitali, Calia, Ferroni, Manfredi, Farinelli: ognuno di noi ha dato un proprio apporto agli altri, siamo cresciuti ed i risultati si sono visti. Peccato per la caduta di Imola altrimenti me la sarei giocata fino alla fine”.

Sfortunato pure alla 24 Ore di Spa.

“Io Calia e Gamarino siamo stati primi per quasi tutta la 24 Ore di SPA poi siamo stati costretti al ritiro ad un passo dalla vittoria. È andata così ma sono comunque felice di quanto fatto”.

Cosa farai il prossimo anno?

“Il Mondiale Endurance sempre con il Team 33 ed il CIV Superbike con la Honda TCF. Ora mi si sto riprendendo dall’infortunio e sto cercando di mantenere viva questa bellissima e devastante passione che mi regala degli splendidi ricordi anche se pesa sul portafoglio”.

Simone Saltarelli, se ti guardi allo specchio chi vedi?

“Un ragazzo iper-fortunato che va per i 38 anni ma continua a correre. Certo, a livello di risultati e vittorie forse avrei potuto fare di più ma con quello che ho avuto a disposizione era difficile quindi va bene. Sono super contento”.

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