24 Dicembre 2018

Superbike in crisi: Carlos Checa, di cosa stai parlando?

L'iex iridato: "Il problema non è il campionato bensì la vendita delle moto". E allora perchè il British Superbike e altri campionati vanno così bene?

Parlare delle difficoltà del Mondiale Superbike è ormai uno sport che praticano in tanti, forse troppi. Quasi ogni giorno capita di ascoltare argomentazioni che cozzano con la realtà dei fatti e perfino gli ex campioni del Mondo non ci stanno capendo più niente. Prendete Carlos Checa, pilota di grandissimo livello e persona solitamente di grande acume.

Il problema vero non è legato al campionato bensì alla vendita delle moto, il mercato delle supersportive fatica ad andare avanti” ha spiegato Carlito a GPOne. “Una moto nasce dalla fabbrica e viene fatta correre per conferirle visibilità. Senza le vendite dei modelli sportivi, nasce un controsenso. C’è già la MotoGP che mette in pista prototipi non acquistabili dal pubblico, la Superbike dovrebbe essere diversa, io vorrei che tutte le marche partecipassero al campionato, come fa la Kawasaki. Le altre case, chi in un modo chi nell’altro, hanno affrontato grandi cambiamenti che non hanno aiutato in termini di vittorie. Yamaha è tornata e sta crescendo, mi piacerebbe che la Honda si interessasse di più alla serie e poi la Ducati con la nuova V4 R può fare bene”. 

E no, caro Carlos Checa: bisogna smetterla di raccontare cose sbagliate agli appassionati. Il mercato delle ipersportive non c’entra proprio niente con la perdita di appeal del Mondiale. Non lo dico io, lo dicono i fatti. Il fermento intorno alla Superbike, intesa come categoria e “movimento”, non è mai stato alto come adesso. Il British Superbike conterà 30 iscritti permanenti contro 17/18 del Mondiale. L’Endurance è in grande ascesa, il trionfo di Honda FCC TSR (antenna tecnologica vicinissima alla HRC) ha scatenato la risposta delle avversarie. Le giappoonesi già c’erano tutte al gran completo, BMW si è appena aggiunta e anche Ducati ha dichiarato a più riprese nelle ultime settimane che con il motore V4 anche  l’EWC diventa  un obiettivo di medio periodo. Inoltre, per la prima volta, la Superbike correrà anche nel campionato asiatico (ARRC), un format che si corre in Paesi dove l’interesse e il mercato motociclistico sono in vorticosa ascesa. Fino a poco tempo fa i ragazzi thailandesi, indonesiani, malesi e di tutta l’area sognavano il motorino, adesso stanno cominciando a permettersi anche le maxi.

Caro Carlos, bisogna essere chiari:  non è la Superbike che soffre, ma semmai quella che dovrebbe essere la massima espressione, cioè il Mondiale, che è una cosa ben diversa. Per altro è una crisi strana, di difficile lettura. Il parametro in crollo verticale è  la “awareness”, cioè la “consapevolezza” e l’identificazione fra campionato e pubblico di riferimento, il famoso zoccolo duro degli appassionati di lunga data. A furia di cambiare regole e regolamenti ogni anno, il Mondiale ha perso identità e contatto con il proprio mercato di riferimento, inteso come pubblico in generale, non solo chi acquista le maxi. Checa vorrebbe che le Case si impegnassero, ma in realtà già lo fanno: HRC tornerà ad impegnarsi in forma diretta dopo sedici anni, e anche la BMW che mancava dal 2013 investirà  parecchi milioni per portare al vertice la nuova S1000RR. Il problema è che di questi due grandi rientri si è parlato pochissimo, mentre sui social gli appassionati si sono scatenati nelle critiche verso l’introduzione della gara sprint, che darà punti ma non esisterà. Era difficile concepire un pastrocchio più ridicolo di così.

Il Mondiale non riesce a “vendere” le cose positive che succedono e rincorre continui cambiamenti di regole e format che non fanno altro che aumentare la distanza con il pubblico che l’ha sempre amata. Carlos, capisco che per uno spagnolo chiamare in causa Dorna sia un pò “impegnativo”. Ma allora è meglio tacere…

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3 commenti

  1. alfonsogalub_696 ha detto:

    Chiaramente Checa cerca di difendere la Dorna, basterebbe far presente a Checa se negli anni ’90 ha mai visto centinaia di Ducati 888 in giro? Non credo. A fine anni 90 ha visto centinaia di 916 in giro? Non credo proprio. Fino ad arrivare alla RSV4, però possiamo certamente dire che quelli erano gli anni d’oro del mondiale Superbike. La verità è che i modelli di punta delle case non hanno mai picchi di vendita per le ragioni che tutti conosciamo (costo elevato e scarso comfort). Il problema (che dicevamo tutti quanti) è che avere lo stesso organizzatore per Motomondiale e derivate dalla serie, porta lo stesso promoter a puntare sul campionato più remunerativo, utilizzando il secondo come ”riserva”. Le soluzioni sono due, intervento della Federazione Internazionale o cambio del promoter. Tutte le altre cose sono tutte parole al vento.

  2. Piggio ha detto:

    Seguo la Sbk da quando Biaggi passò in suzuki con Batta (colpa mia non averlo fatto prima). In questi anni dal passaggio Flammini a Dorna, c’è stata la volontà di ridurre questo campionato, vista l’importanza che stava acquisendo e il ritorno di immagine televisivo, a campionato di serie B.
    C’è da dire che oggi mancano personaggi di spicco che possano far vendere il prodotto, continui cambi regolamentari, parziale disinteresse delle case costruttrici e cervellotiche modifiche tecniche alle moto.
    Soluzioni? Prove libere, Pole e Gara unica.