14 Luglio 2022

Superbike: Perchè Donington può fare di nuovo la storia

La Superbike torna là dove tutto è cominciato, nel lontano 1988. Con gomme conosciute e meteo stabile sarà il talento a scavare il solco. Bautista, Rea e Toprak, che la sfida abbia inizio

Superbike, Donington

Questa foto ti cattura facendoti volare indietro nel tempo. Ha scolpito lo storico momento della prima partenza del Mondiale Supebrike, a Donington. Si riconoscono Fabrizio Pirovano (10), Davide Tardozzi (2), Marco Lucchinelli (39), Fred Merkel (17), Roger Burnett (9), Stephane Mertens (6) e Joey Dunlop (3). Basta questo elenco di nomi diventati iconici a rappresentare quello che era questo campionato agli albori. Cioè un crogiolo di mondi una volta lontanissimi, che incrociavano l’orbita per far deflagrare quel fantasmagorico big bang che ci avrebbe consegnato la serie più spettacolare, amata e identitaria di quest’epoca motociclistica.

La prima Superbike era un incrocio di destini

In pochi metri, agganciati ai freni, riconosci un piccolo ex crossista, il Piro, in sella alla Yamaha FZ coi manubri larghi da stradale, costruita nell’officina di casa. Tardozzi era il pilota di punta della riminese Bimota, piccola ma ambiziosissima. Sornione, dietro di loro, il Lucky nazionale: sette anni prima aveva regolato i conti con Kenny Roberts. In quel 1988 era la scommessa di una Ducati appena salvata dai fratelli Castiglioni. Fred Merkel, californiano con gli occhi azzurri e dalla folta bionda chioma, sbarcava in America dopo aver dominato per tre anni l’Ama Superbike. Salvo poi sbattere il cancello della Honda Usa, letteralmente, e non volerne sapere più. Roger Barnett era ufficiale Honda, ragazzo dai modi gentili e il volto da attore di serial TV. Stephane Mertens era un belga figlio di papà che avrebbe potuto sedere comodo in qualche consiglio d’amministrazione. Invece – altissimo com’era- cadeva spesso ma si rialzava più veloce di prima. C’era in mezzo anche Joey Dunlop, leggenda del Tourist Trophy dall’inimitabile casco giallo.

Il finale thrilling

Sul bagnato, all’ultimo giro da gara due, Tardozzi volò via, inchinandosi alla maggiore esperienza di Lucchinelli. La Superbike partiva all’insegna della Ducati che 36 anni dopo torna a Donington con il primato Mondiale saldamente nelle mani di Alvaro Bautista. Con sei vittorie e sei podi in dodici gare, finora lo spagnolo è stato semplicemente perfetto. Il saliscendi inglese però, fin dal 2019, è stato un trabocchetto per la Panigale V4 R: tanto andavano forte le rosse bicilindriche, quanto ha stentato la nuova regina. Con lo stesso Bautista il primo anno, e in seguito con Scott Redding che qui giocava in casa. Bautista riparte da +36 punti su Jonathan Rea, l’idolo di casa. Qui il nordirlandese è sempre andato fortissimo, anche se nel 2017 rischiò l’osso del collo per il cedimento dello pneumtico all’ultimo giro, in piena Craner, il curvone in discesa, forse il punto più da pelo sullo stomaco dell’intero calendario.

Pirelli senza sorprese

L’anno scorso il Cannibale ha trovato sui suoi passi un Toprak Razgtalioglu scatenato: per stargli agganciato Rea cadde alla Coppice, lasciando nella sabbia i punti che, vista con il senno di poi, gli sarebbero bastati per festeggiare il settimo titolo. A differenza di Misano, quando aveva introdotto parecchie novità, stavolta Pirelli è andata sul conservativo. Saranno disponibili solo due scelte per l’anteriore, e altrettante posteriori, che team e piloti conoscono come le loro tasche. La scelta prioritaria sarà la SCX, nella versione standard 0557. In alternativa la SC0, di mescola media. Neanche il meteo farà brutti scherzi: le previsioni danno tempo sereno e stabile per le tre giornate, con temperature sui 20°C nell’orario delle corse principali.

Perchè questa scelta?

Abbiamo portate gomme che tutti conoscono bene, anche le wild card che arriveranno dal British Superbike, perchè sono le stesse identiche soluzioni che impieghiamo in quella serie” spiega Giorgio Barbier, responsabile Moto di Pirelli. Ricordiamo che gli “ospiti” sono il campione in carica BSB, cioè Tarran MacKenzie (Yamaha) e il road racer più veloce del mondo, ovvero Peter Hickman, con la BMW del suo abituale team FHO. “Nei test privati delle scorse settimane (cui hanno preso parte, fra gli altri, BMW e Honda, ndr) i team hanno continuato lo sviluppo delle evoluzioni che avevamo introdotto a Misano, e ha dato ottimi riscontri. Questo tipo di materiale sarà di nuovo disponibile a Most, fra due settimane.” , Fra le dolci colline dell’East Midland non ci saranno calcoli da fare. Bisognerà aprire il gas e lanciarsi a capofitto verso Hollywood, senza voltarsi mai.

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