27 Agosto 2018

Jarno Zaffelli: “Silverstone? Una lunga catena di fattori”

Il tecnico reggiano è uno dei massimi esperti mondiali nella costruzione di circuiti. Era a Silverstone, ecco cos'ha visto

Il week end del GP d’Inghilterra, a Silverstone, si è concluso con una resa della MotoGP. Le analisi e i commenti si sono sprecati, nel lunedì delle parole. Dopo aver ascoltato recriminazioni e scambi di accuse di tutti i tipi, abbiamo pensato di rivolgerci a uno dei pochi specialisti in grado di fare chiarezza. Jarno Zaffelli, titolare dello studio Dromo di Reggio-Emilia ci ha concesso una lunga intervista che aiuta a comprendere, senza giudicare in maniera affrettata, il pasticciaccio brutto andato in scena in Gran Bretagna. Zaffelli è uno dei più accreditati tecnici del settore, progettista dell’impianto di Termas de Rio Hondo in Argentina e dei rifacimenti di Misano, Mugello, Sepang, tra gli altri: l’autorevolezza con cui affronta l’argomento è quella di un professionista abituato a risolvere problemi complessi. Scopriamo così che a Silverstone non si può parlare di una “precisa responsabilità” chiamando in causa il solo gestore dell’impianto, quanto piuttosto di una catena di situazioni negative che si sono verificate tutte assieme, contribuendo al caos generale.

Jarno, che idea ti sei fatto della situazione di Silverstone ? Davvero la colpa è tutta del tracciato?

«Beh, guarda, io in questo momento sono a Silverstone, ho passato l’intero week end nel paddock, sul campo parlando con tutti, responsabili del circuito, costruttore, piloti, camminando sul tracciato prima, durante e dopo l’evento. Come capita nelle situazioni definite “disastrose” non c’è mai una sola responsabilità, ma tutta una serie di cose che per un insieme di fattori non sono andate bene».

Pensi che alla fine si sia trovato un comodo capro espiatorio attribuendo tutte le responsabilità al circuito ?

«Nella mentalità comune è auspicabile e semplice trovare un capro espiatorio, ma la realtà è più complessa».

Come si fa a stabilire con esattezza cos’è successo?

«Quello che è successo ieri in MotoGP, per farti un esempio, è l’equivalente, in aviazione, di un incidente di volo: per capire devi analizzare tutti i dati seriamente, con calma e scientificità».

Con quali criteri vengono stabiliti gli interventi di manutenzione da effettuare? Chi sovrintende i lavori?

«Vedi, esistono due tipologie di autodromi. Il primo tipo sono quelli che credono di essere assolutamente autosufficienti, ritenendo di poter agire in autonomia riguardo progettazione e adeguamenti. Attenzione che quando parlo di “autonomia” intendo o possedere internamente le competenze necessarie, o affidandosi completamente a un contractor specifico, non necessariamente scelto attraverso un bando di gara. Poi c’è la seconda tipologia di proprietari delle strutture, coloro che si avvalgono di un progettista esterno, di un tecnico che definisca un capitolato prestazionale attraverso l’analisi di specifiche precise; in base a questo lavoro poi si fanno bandi di gara e si applica un protocollo di monitoraggio di ogni fase del lavoro. Chiaro che in quest’ultima situazione il cliente è maggiormente tutelato, meno esposto alle conseguenze di lavori fatti male. Quel che è successo negli ultimi tre giorni fa capire bene per la prima volta quale sia la difficoltà della nostra professione».

In quale categoria rientra l’autodromo di Silverstone?

«Silverstone ha agito come nel passato, affidandosi solo al Contractor storico. E stavolta qualcosa non è andata bene».

Come vengono assegnate le omologazioni ai circuiti?

«L’omologazione viene data dalla Federazione sportiva competente. Per la FIM c’è un istituto a Saragozza che si occupa di omologazione di accessori come caschi e barriere. Ho letto che il Presidente FIM Vito Ippolito avrebbe proposto durante il weekend di istituire una commissione di tecnici specializzati in materia di autodromi».

A cosa serve l’omologazione sportiva?

«L’omologazione sportiva, serve solamente a poter affermare “la corsa si può disputare” oppure “la corsa non si può disputare” in base ai requisiti del regolamento.».

Perché tutta questa vaghezza su temi tecnici che si rivelerebbero fondamentali per la sicurezza?

« Perché storicamente e giuridicamente si è rivelato controproducente specificarli. Il motivo per cui non c’è molto di scritto nelle specifiche è relativo quindi al diritto internazionale. Ma la sicurezza nel complesso è sempre e comunque in capo al proprietario dell’autodromo. Ovunque: Italia, Inghilterra, Asia, resto del Mondo. La responsabilità civile e penale ricade sempre sul proprietario della struttura. L’omologa è sia un requisito regolamentare a livello sportivo, ma anche una dimostrazione della volontà di adeguamento alle migliori pratiche a livello giuridico; non è detto che sia il massimo possibile in fatto di sicurezza, a quello non c’è mai limite. ».

Perché però nei regolamenti sportivi non ci sono scritte le specifiche degli asfalti, o quelle dei drenaggi?

«Primo per una questione di responsabilità: se il dato c’è, va applicato. Quindi sei responsabile. Se il dato non c’è, si usa l’eventuale causa in tribunale per decidere chi ha ragione, con i periti competenti, come nel famoso caso Senna. Secondo per una questione tecnica. Ogni paese ha le sue peculiarità, norme, condizioni economiche e meteorologiche. Avere un numero unico che vada bene ovunque non è detto che sia corretto».

A Silverstone sono in tanti a dividersi la responsabilità di quanto accaduto.

«Si ritorna sempre alla questione di partenza. La Federazione deve ispezionare i circuiti in base ai propri regolamenti. E se corrispondono ai requisiti minimi rilasciare un documento di omologa che garantisce che, nelle condizioni trovate durante l’ispezione, il circuito può ospitare la determinata gara in sicurezza. Ma se succede una condizione straordinaria come il cancellamento della gara di Silverstone, ecco che la questione diventa complessa, gli eventi, come i dati, sono tanti, e vanno valutati il più oggettivamente possibile. Ecco perché alla fine a Silverstone Uncini ha giustamente detto “il circuito investigherà e poi sapremo”».

Chi è responsabile per i lavori in circuito?

«Ogni situazione è a sé. Prima di tutto c’è un problema legato alla definizione degli obiettivi: a volte il cliente ti dice “voglio che l’asfalto vada meglio sotto l’acqua» oppure «voglio diminuire gli avvallamenti», ma ci sono anche casi limite tipo “gli avvallamenti ci servono, mantienili” o ancora “fai tu”. Ma la direzione lavori è sempre locale. Io posso progettare, controllare, verificare, sottolineare, ma la decisione finale spetta al Direttore Lavori, che sia un consulente esterno o una figura interna al circuito. Noi siamo solo “consulenti”».

Il vostro ruolo è di continua mediazione.

« Il consulente ti garantisce non necessariamente di fare le cose fatte meglio, ma ti garantisce di avere un occhio terzo rispetto all’esecuzione dei lavori, non pagato dal contractor. Facciamo un caso generico: io ho bisogno di riasfaltare e mi affido solo alla buona fede del contractor. In questo caso devo fare riferimento completamente sulla perizia di realizzazione. Ma se qualcosa non va che si fa? Mica l’autodromo può bloccare una stagione in corso in una causa che dura anni. Ti faccio un altro esempio: mi è capitato il caso di un cliente che aveva ordinato il miglior bitume disponibile sul mercato. Peccato però che il prodotto non rispettasse i criteri che noi avevamo stabilito. Quel fornitore ha dovuto cambiare quattordici formulazioni prima di ottenere la qualità che ci soddisfacesse. Capisci? Non basta affidarsi, serve verificare, verificare e riverificare. E per questo ci può volere tempo, anche dopo i lavori, per esser sicuri che tutto corrisponda ai parametri di progetto, e non sempre questo tempo è disponibile prima della prima gara. Da qui il difficile compito che ci viene affidato». 

Credi che qualcosa si sia inceppato nel meccanismo di controllo ?

«Tutti quanti il venerdì a Silverstone ricordavano quello che disse Hamilton, cioè che la pista era stata riasfaltata male, c’erano troppi avvallamenti. E i piloti hanno “perso i denti” durante il venerdì. Fino a sabato si pensava che il problema fosse solo quello. Poi durante le FP4 succede un incidente come quello che ha coinvolto Rabat e si nota che il problema sono anche i drenaggi del circuito. Pochi notano però che è caduto un quantitativo di acqua importante. Un diluvio breve ma intenso, anche per un clima come quello inglese, che ha messo in crisi i piloti alla curva 7. Avranno i marshalls segnalato alla race direction la pericolosità di quel punto? Oppure avranno pensato che fosse normale per gli standard inglesi e hanno sottovalutato la situazione? Vedi come la catena degli errori può prendere forma? Domenica però è piovuta una quantità complessiva d’acqua di soli 6,2 mm durante tutto il giorno. Perché non hanno corso? Lo ha spiegato Marquez, ma anche Petrucci: «perché c’è stato l’incidente di Rabat, non eravamo sicuri che se avesse piovuto più forte durante la gara ci saremmo ritrovati in quella condizione». 

In molti sostengono che si potesse correre.

«Giusto che alla fine i piloti abbiano preso la decisione che li tranquillizzava di più. Con le precipitazioni come quella di domenica i piloti inglesi normalmente corrono. Ma senza avere “uno di loro” con una serie di brutte fratture a causa di aquaplaning il giorno prima. A mio parere se vuoi è stata persa un’occasione con la riasfaltatura di febbraio: potevano livellare meglio la pista, perché, nonostante gli sforzi fatti, l’acqua non viene evacuata velocemente. Ma se guardiamo al lavoro complessivo posso assicurarti che prima del rinnovamento le pozze in certe zone erano molte di più. Dare tutta la colpa solo all’asfalto secondo me è riduttivo; forse non è stato posato a regola d’arte, ma non è l’unico fattore in gioco».

La decisione finale a chi spettava?

«Allo stato attuale, ai piloti. Che sono impegnati a limare i centesimi di secondo, non a costruire autodromi, e che quindi possono solo dare un punto di vista giusto, ma soggettivo, come ha detto Dovizioso. Anche a loro per prendere decisioni servono dati. E più sono oggettivi meglio le decisioni vengono prese. »

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