5 Febbraio 2023

Dalla parte dei genitori: papà Blasigh racconta “Dicevo a Giorgia di smettere…”

Giorgia Blasigh è una delle giovani più interessanti del mondo del motocross. Come inizia la sua storia? Il racconto di papà Cristhian.

giorgia blasigh e famiglia, motocross

Dietro ad un giovane talento emergente c’è sempre una famiglia che l’ha supportato in ogni modo. È il caso anche della crossista padovana Giorgia Blasigh, solidissima realtà a livello italiano ed in costante crescita a livello mondiale. In famiglia non sono totalmente estranei ai motori, ma per papà Cristhian in particolare si trattava di un hobby, mentre per la figlia questo sport è diventato la sua vita. Contando appunto sul massimo supporto dei genitori e del fratellino, suoi primi tifosi. “Bisogna avere la famiglia giusta, ne hanno bisogno” ha infatti sottolineato il padre. Ma raccontiamo la storia di questo Talento Azzurro del motocross femminile partendo dal punto di vista di un genitore: i tanti sacrifici e la fatica, ben compensati però dal sorriso della figlia, al di là dei risultati sportivi. La nostra intervista.

Da dove inizia la ‘storia a due ruote’ di Giorgia Blasigh?

La passione di Giorgia è nata in una giornata passata insieme. Eravamo tutti e quattro a Bibione a vedere una gara del Campionato Internazionale d’Italia su sabbia, la Supermarecross. È stata una gara entusiasmante, questi ragazzini erano davvero belli da vedere. Giorgia, che aveva 8 anni, ad un certo punto mi dice: “Sai papà che mi piacerebbe provare?” L’ha buttata lì. In quel momento però è rimasto un messaggio a sé, detto così.

Invece è stato il punto di partenza.

Io avevo la moto da cross, ma fare motocross è davvero un’altra cosa, nel senso che io non avevo tempo. Qualche volta andavo, ma proprio da amatore. Qualche giorno dopo però siamo passati vicino ad una pista di motocross: avevo un amico, Fabio, che tutt’ora fa l’istruttore e Giorgia mi domanda se può andare a chiedergli una cosa. In breve, se poteva insegnarle ad andare in moto, così di sua iniziativa. Le ha dato disponibilità e lei ha iniziato a fare alcuni corsi, ha visto che le piaceva e che le riusciva bene. Da quel giorno non ha preso però lo sport con leggerezza, ma ci ha messo subito dedizione per fare sempre meglio. Un paio di mesi dopo ci stavamo allenando e c’erano anche alcuni ragazzini che facevano già il campionato italiano. Lei quindi mi dice che le piacerebbe fare il campionato italiano. “Giorgia, ma hai appena iniziato!” Invece lei ha insistito, ponendoselo come obiettivo.

Inizia così l’avvicinamento al suo primo campionato.

Da quel momento, era in primavera, ha infatti iniziato ad allenarsi bene. Noi le abbiamo dato comunque la disponibilità e l’anno successivo ha fatto il campionato italiano. È partita nel minicross: non c’è una categoria femminile, quindi ha cominciato a correre nell’italiano maschile.

È stato meglio così, ha avuto confronti diretti più interessanti, giusto?

Sì, è stata un’opportunità importante per crescere e farlo in fretta. Quando ti confronti con quelli forti sicuramente hai riferimenti validi. Il campionato junior poi è strutturato in fasi diverse: dividono l’Italia in due parti, passano i primi 20 del nord ed i primi 20 del sud. Questi ragazzi poi si confrontano in altre tre gare, sostanzialmente le finali. Giorgia si è qualificata, di conseguenza ha fatto subito le finali dell’italiano. Questo è stato il suo inizio, il suo esordio. Era l’unica ragazzina che si confrontava coi maschietti e andava forte, quindi è stata presto avvicinata dal gruppo sportivo della Polizia di Stato: abbiamo fatto una stagione con le Fiamme Oro, una bella esperienza, ma c’erano anche alcuni limiti. Abbiamo preso delle decisioni e non abbiamo continuato.

Ma ormai Giorgia Blasigh era ben avviata in questo mondo.

Conta che nel 2018, quatto anni dopo essere salita in moto per la prima volta, lei ha vinto gli Internazionali d’Italia su sabbia, quel famoso Supermarecross che aveva visto quando si è appassionata.

Diciamo che è stata la chiusura di un cerchio.

Esatto! È stata una cosa molto particolare, che le ha dato anche grande visibilità. Una ragazzina che vince un campionato italiano maschile, in una categoria maschile, non è una cosa comune. Dietro tutto questo però c’è sempre stato il nostro supporto: ci siamo sempre spostati autonomamente io, mia moglie, Giorgia e mio figlio più piccolo. Un ragazzino che fa uno sport di livello agonistico dev’essere seguito dai genitori a 360°. Gli impegni sono tanti e per loro è un attimo perdersi un po’ d’animo, hanno sempre bisogno di chi sa dare loro il giusto supporto in tutti gli aspetti.

Quando, da piccola, ha detto che voleva provare, qual è stata la prima reazione in famiglia?

C’è stata sì un po’ di apprensione, ma alla fine anche io avevo la passione per le moto ed i motori, pur non essendo un atleta. Il mio primo pensiero è stato “Che bello, condividiamo una passione!” Le ho dato subito la possibilità di provare perché così potevamo condividere qualche momento. Io avevo la moto, ma non avevo tempo, e lei si è messa a fare questo sport: avevo così l’occasione per prendermi qualche spazio in più ed andare a girare con mia figlia. Poi in realtà siamo andati due volte e mi ha detto: “Papà, o vai tu in moto ci vado io.” Io quindi sono rimasto a casa.

Come mai?

Probabilmente, girando in moto assieme a me, non riusciva a sentirsi libera di esprimersi, di fare il suo. Alla fine me l’ha detto, così abbiamo lasciato spazio a lei. Ma è stato un doppio piacere: o inizi da bambino a fare questo sport, oppure da grande, come ho fatto io, sei un po’ col freno a mano tirato. Hai tanti impegni, ma soprattutto ragioni in maniera diversa rispetto ad un ragazzino.

Come si gestisce l’aspetto della scuola?

L’istruzione scolastica in Italia purtroppo non favorisce un ragazzino che fa l’atleta, che quindi ha bisogno di un programma personalizzato. Ci sono sport che riesci a fare fuori dalle porte di casa, per altri invece, come questo, servono lunghi trasferimenti. Di conseguenza Giorgia, che è sempre andata bene a scuola, si è trovata ad un punto in cui ha dovuto scegliere se mollare lo sport o fare la scuola in maniera diversa. Vedendo che lo sport le piaceva tanto, le ho dato l’opportunità di frequentare una scuola privata, con un programma personalizzato, per poter continuare gli allenamenti.

Hai parlato di spostamenti, come vi eravate organizzati?

Giorgia si allenava 3-4 volte a settimana. La pista più vicina, abitando tra Padova e Mestre (VE), è a Mantova: un’ora e tre quarti ad andare, idem per tornare, più un allenamento in moto che dura sempre dalle 3 alle 4 ore. Le facevo quindi la giustificazione e andavo a prenderla a scuola un’ora prima. Avevamo un furgone camperizzato, quindi lei si faceva i compiti durante il viaggio, poi si allenava e tornando indietro finiva i compiti. L’abbiamo fatto fino alla terza media, poi per le superiori abbiamo dovuto prendere un percorso diverso, altrimenti sarebbe stato impossibile.

Oppure nell’ultima stagione di 85 la portavo giù a Chieti, in Abruzzo, visto che il team con cui correva era di quella zona. Partivamo il lunedì sera, lei intanto dormiva durante il viaggio, arrivavamo a l’una e mezza, le due di notte. Dal martedì si allenava fino alle cinque del mercoledì pomeriggio, ripartivamo, arrivavamo a casa alle dieci e mezza, undici di sera ed il giorno dopo tornava a scuola. Tutto questo poi si ripeteva nel weekend, dal venerdì sera fino alla domenica sera. Questo è stato il suo percorso fino ai 15 anni.

Un percorso particolarmente impegnativo.

Ma fondamentale per mettere delle basi solide che magari le permettono di fare meglio di alcune ragazzine. Non discuto del talento, penso solo al lavoro che c’è dietro. D’estate, ad agosto, si andava in Belgio: chi fa motocross tende ad andare lì perché è un posto importante, con piste molto tecniche. Il clima poi lo permette: non c’è mai il caldo che c’è da noi, è la situazione giusta. A Natale invece si andava in Sardegna: ci imbarcavamo a Livorno proprio il 25 dicembre, andavamo ad Olbia e ci stavamo 10-15 giorni, quello che duravano le vacanze. Lì si allenavano.

Si spostava sempre la famiglia Blasigh al completo?

Sì, l’abbiamo sempre fatto tutti insieme. Tranne durante la settimana, a volte dovevo delegare mia moglie per esigenze lavorative. Ma nei weekend non siamo mai mancati una volta né io, né mia moglie, né mio figlio. Tutti sempre presenti agli allenamenti, alle gare ed alle trasferte. Da dire che Alberto forse si è un po’ “sacrificato” per la sorella più grande, ma abbiamo sempre cercato di non fargli mancare niente a livello di attenzioni.

La passione per le corse è solo di Giorgia o ha ‘contagiato’ anche il fratello?

Quando ha visto sua sorella ha voluto provare, quindi avevamo preso la moto anche a lui, ma non gli piaceva, o meglio non aveva questa grande passione. Adesso Alberto ha 12 anni e gioca a calcio. Con Giorgia che è più autonoma e va via con il suo meccanico, io e mia moglie riusciamo a portarlo a calcio. Il sabato poi riusciamo ad andare a vedere le partite, visto che non ci sono le gare importanti di Giorgia.

Due figli che hanno seguito strade differenti.

Sono dell’idea che lo sport non dev’essere fatto perché lo vuole il genitore. Secondo me è una cosa da pazzi voler spingere il figlio a fare uno sport che poi ti impegna così tanto. Nonostante questo, ci sono tantissimi che spingono i figli a fare questo sport solo perché è la passione del genitore. Ma succede ovunque, dal calcio al nuoto alla pallavolo.

Voi invece come l’avete gestita questa scelta?

È una cosa che ti stanca in ogni aspetto. Magari poi c’erano le giornate impegnative, in cui le gare non andavano bene, e durante il ritorno se ne parlava. Le chiedevamo anche se doveva proprio continuare, se invece non era meglio fare altro. Tante volte le abbiamo proprio detto che magari era meglio se smetteva, ma lei ci rimaneva male. E ci faceva anche notare che alcuni suoi compagni in moto lo facevano solo per i genitori, mentre lei insisteva che lo voleva fare e noi le dicevamo che forse non era giusto. Quando un figlio ti dà delle risposte del genere ti rendi conto che ce l’ha dentro. Ma come genitore ho cercato tante volte di dissuaderla, non per farle del male per vedere se era davvero quello che voleva, cosa che ha sempre dimostrato.

Finché non è arrivato il momento di “crisi”.

Era il 2019, Giorgia aveva vinto la Supermarecross. Un giorno eravamo in allenamento a Savignano sul Panaro, stava girando ma vedevo che non era giusta. Si è fermata a bordo pista, le ho chiesto se era tutto a posto e mi ha detto: “Papà, non ho più voglia di correre. Non me la sento più.” Era la prima volta, non era mai successo prima. Abbiamo caricato tutto, non ha più parlato nessuno lungo il viaggio e Giorgia non ha più chiesto di salire in moto. Io e mia moglie abbiamo deciso di rispettare la sua scelta e non abbiamo più parlato di moto, è rimasto tutto fermo per quasi un anno.

C’era un motivo in particolare per questa scelta improvvisa?

Certo abbiamo cercato di capire cos’era successo. Alla fine il motivo è che, essendo cresciuta in questo mondo fin da piccola, non aveva vissuto la sua età. Tutt’oggi ha le sue conoscenze, le sue amicizie, ma non ha il gruppetto di amici con cui uscire per esempio a mangiare un gelato, come fanno tutti i coetanei. Lei è un’atleta impegnata tutti i giorni, quindi condivide la passione con ragazzi che fanno il suo sport. Probabilmente le è mancata una fase della sua crescita e voleva capire cosa c’era fuori. La prima superiore quindi l’ha fatta alla scuola statale: quell’anno è andato bene, è stata promossa.

Poi invece cos’è successo?

Durante l’anno continuava a dire che aveva voluto tentare, provando anche altri sport. Però lei voleva essere competitiva e quindi fare bene, mentre altri ci andavano solo per perdere un’ora. Non si trovava in quella realtà. Un giorno poi è tornata da scuola raccontando di alcuni ragazzi che si erano comportati male, uno aveva anche sputato per terra. Io l’unico momento in cui sputo è quando ho la terra in bocca, altrimenti non mi permetterei mai! Faceva fatica quindi a confrontarsi con questi ragazzini un po’ più superficiali. Non parlo certo di tutti, ma Giorgia ha visto comunque tanta differenza tra i sacrifici a cui era abituata ed alcuni adolescenti di oggi che vanno a fare scuola o attività fisica solo perché devono. È andata un po’ in crisi, era più silenziosa, finché una sera, mentre stavamo parlando, ha detto di voler ricominciare.

Ecco quindi che Giorgia Blasigh è tornata a correre. Com’è stata la ripartenza?

In quel periodo c’era stato anche l’avvicinamento da parte del team della Fontanesi. Già da quando Giorgia era piccolina la tenevano d’occhio, aspettavano evidentemente che fosse più grande per farle una proposta. Si erano fatti avanti, dicendomi che se avesse avuto dei ripensamenti loro ci sarebbero stati. Quando Giorgia ha deciso di risalire in moto, loro le hanno fatto una bella proposta ed è ripartita dall’Italiano, vincendo subito nella sua categoria, l’under 17. E adesso è nel Mondiale! Mi viene da dire che quel momento di riflessione è stato fondamentale sia per lei che per noi, per capire cosa stava succedendo, se era la cosa giusta o meno.

Giorgia come gestisce tutta questa situazione?

È metodica e precisa, non solo nel Motocross: per dire, non l’ho mai dovuta svegliare una mattina. Lei ha sempre fatto autonomamente, si è sempre preparata le sue cose. Non è perché è mia figlia: ho due bravi figli, lei però è sempre stata più autonoma. Aveva 15 anni che la portavo da Kiara Fontanesi il lunedì mattina per poi andarla a prendere il venerdì sera, e lei viveva da sola in appartamento. Si allenava tutto il giorno, faceva da sola le cose di casa, alla sera poi si collegava per le lezioni.

È vero quindi che lo sport aiuta a creare un certo ‘ordine’?

Sì, decisamente. Loro si creano un metodo in base agli impegni. Se non hai un giusto ordine, non riesci a gestire tutto. Probabilmente questo aiuta molto gli atleti. Ci sono studi che dimostrano che chi studia ed è un atleta ha risultati migliori rispetto a chi studia e basta. Solo per un motivo: in quel poco tempo che hanno sanno che, quando devono fare qualcosa, devono farla bene. Anche per il problema che ho detto prima, quello della scuola: se pensiamo che nel resto d’Europa hanno pure le borse di studio! Noi abbiamo il problema opposto, anche se Giorgia è da tempo di interesse nazionale, parte del progetto dei Talenti Azzurri. Un gruppo di lavoro della FMI, quindi abbiamo una giustificazione proprio dalla Federazione, ma non è sufficiente.

Che effetto fa guardare Giorgia Blasigh da fuori? In senso, magari voi genitori siete molto preoccupati… Oppure no?

Ci sono cose che non sono cambiate ed altre invece che sono “peggiorate”. Durante gli allenamenti ci sono una serie di fattori che preoccupano. Certo c’è tensione: speri sempre che non si faccia male, il rischio è quello. Un figlio che corre poi ti trasmette dentro qualcosa di difficile da descrivere: sai quanta fatica ha fatto e lo vedi girare bene, è emozionante! La paura poi c’è in certe fasi, o magari in certe piste più di altre. Ma devo dire alla fine che ho più ansia quando non la vedo girare che quando ce l’ho sott’occhio. Fino all’anno scorso ero sempre presente a tutti gli allenamenti, la portavo e le facevo da meccanico. Adesso mi sono messo da parte e la seguo solo nelle gare, faccio quindi solo il papà. Ad esempio, io sono in ufficio e lei è in Toscana ad allenarsi: non vedo l’ora che mi arrivi il suo messaggio in cui mi dice che ha finito ed è tutto a posto! Fino a quel momento sto in ansia: non so se chi le è vicino ha fatto tutto bene, non so che giornata ha Giorgia… È un’atleta, ma è anche una donna, quindi le giornate non sono tutte uguali. Se sono in pista me ne accorgo, se non ci sono magari lei vuole fare un po’ di più. Ma sottolineo che comunque non è una ragazza che rischia più del dovuto.

Per le gare invece?

Più che paura, c’è grande emozione. Quando la vedi correre con le top al mondo… È bellissimo! Diciamo però che la paura c’è solo quando affrontano la prima curva, il momento della bagarre, quindi la fase un po’ più delicata.

Le gare le guardate tutte sempre in diretta? Alcuni genitori non ci riescono.

Ho visto tante mamme nascondersi dietro agli alberi o addirittura chiudersi in camper durante le gare del proprio figlio. Noi abbiamo sempre guardato tutte le gare di nostra figlia, non ci siamo mai persi una manche, una qualifica, un giro. Non riuscirei! Anzi per me sarebbe peggio. Come ho detto prima, è un sacrificio di tutta la famiglia, voluto da lei ma, se non ci fosse il supporto di tutti, sarebbe molto più difficile. Non ha senso che io faccia un sacrificio se è proprio una cosa che fa stare male al punto di non riuscire a vedere la gara. A noi alla fine piace quello che fa, ora conosciamo un po’ tutti quindi viviamo l’ambiente. Pochi giorni fa al MBE di Verona hanno presentato tutti i Talenti Azzurri, c’era anche Giorgia, ed è stato bellissimo perché ci si salutava tutti, si chiacchierava insieme. Hai fatto tanti anni assieme, i ragazzini sono cresciuti ed ormai si è tutti parte di una grande famiglia.

Bello così! Sapendo poi quant’è facile che si crei una sorta di ‘rivalità’ tra i ragazzi.

Devo dire però che questi sono tutti i genitori dei maschietti con cui Giorgia è cresciuta. Da quando invece è approdata nel femminile… Non c’è rapporto con nessuno. Al Mondiale conosciamo un po’ tutti, c’è un rapporto migliore lì, anche con tutte le ragazze, rispetto ad un campionato italiano. Diciamo che ci si guarda con un occhio diverso, non so cosa sia, ma non è piacevole: a volte non ci si saluta, si fa finta di non vedersi… Forse è la rivalità femminile che è un po’ diversa rispetto a quella maschile.

Fino ad un certo punto, visto che hai citato le differenze tra livello italiano e mondiale.

Ma penso anche alla differenza rispetto ad un campionato regionale, in cui sembravamo tutti in guerra tra loro, rispetto ad un campionato nazionale. Certo tutti col coltello tra i denti, ma solo in pista, mentre al regionale tutti i genitori erano convinti di avere il campione in casa. Stesso discorso tra italiano femminile e mondiale femminile: piloti del calibro di Duncan o Papenmeier che fermano Giorgia, le chiedono come sta, chiacchierano con lei. Nell’italiano invece c’è anche chi si gira dall’altra parte… Fontanesi non ha vinto sei titoli per caso, eppure c’è chi parla ancora di fortuna!

C’è qualche differenza tra la Giorgia Blasigh pilota e la Giorgia Blasigh persona?

Non cambia proprio niente: una rompiballe in pista e fuori! [risata] Lei è sempre stata una ragazzina che doveva portare a termine i suoi obiettivi, non c’erano vie di mezzo. Stessa cosa in pista: in gara lei deve fare bene, a volte ponendosi anche obiettivi secondo me troppo ambiziosi, quindi psicologicamente ti impegna. Lo fa nello sport e lo fa nella vita. Ma sempre senza correre troppi rischi: alla fine ha avuto solo due infortuni, quello del 2022 [qui le dichiarazioni, ndr] e quello dell’anno prima, un polso rotto senza cadere per un problema tecnico.

Diciamo che usa il polso ma anche la testa.

Esatto, ed è fondamentale. Anche perché altrimenti non so se le avrei permesso di fare quello che fa con questa facilità… Quando si allena non va mai oltre, se non in casi rarissimi. Poi più crescono, più maturano, quindi hanno maggiore coscienza del limite fino al quale possono spingersi. Anche perché devono pensare a non farsi male: nel momento in cui succede, hai buttato via tutta la stagione. Prima dell’incidente Giorgia, al primo anno mondiale completo in due e mezzo, era 7^ ed a soli 5 punti dalla quinta! L’infortunio che ha avuto non le ha permesso di disputare l’ultima gara come avrebbe voluto, idem nell’italiano.

Quali sono i programmi per il 2023?

Rifarà sia Mondiale che campionato italiano. Quest’anno è già una bella stagione perché non ci sono gare in concomitanza, a differenza del 2022, quindi riuscirà a fare tutt’e due per intero. L’obiettivo è soprattutto stare bene, poi cercare di migliorarsi sempre. Quest’anno poi al Mondiale sarà un anno importante: rientra Duncan dopo tutti i problemi, ci sarà anche Fontanesi. Aggiungo poi alcune ragazze giovani con risultati molto buoni: sarà un bel Mondiale da vedere e non solo da fare, le prime 10-15 sono molto vicine e quindi inizia ad essere davvero un bel campionato.

Sarà un anno importante per Giorgia Blasigh dopo la stagione di debutto.

Quello sicuramente, adesso bisogna cercare di fare ancora meglio. Certo non sarà semplice, il livello è importante. Giorgia però ha la fortuna perché può confrontarsi con la sua compagna di squadra: un buon riferimento, visto che ha vinto il Mondiale 2022! Però deve iniziare il campionato, poi si vedrà. Per quanto riguarda l’italiano, sarà un bell’anno: erano tutte vicine alla fine dell’anno scorso. Le prime 3-4 secondo me possono dire la loro: Fontanesi, Van De Ven, Giorgia, Galvagno… Quattro ragazze mondiali, non è male.

Sottolineiamolo ancora una volta: servono soprattutto fatica e sacrifici per arrivare ad un certo livello.

Ancora oggi, parlando anche con ragazzi nel Mondiale, genitori ed atleti devono sempre prendere delle decisioni non semplici. Più si alza l’asticella, più le scelte sono difficili e determinanti. Ma è anche questo il bello.

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