17 Febbraio 2022

Alla scoperta della Vyrus, la marca romagnola delle moto d’artista

Parla Ascanio Rodorigo, l’ultimo geniale costruttore della Motor Valley "In Vyrus cerchiamo di creare moto rivolte al futuro, opere d'arte che non passeranno mai di moda"

Vyrus, Ascanio Rodrigo

La Vyrus è una casa motociclistica o il laboratorio di un artista?  È la prima cosa che ci si chiede appena si entra nella sede della Vyrus a Cerasolo, nell’entroterra riminese. Le moto sono estreme, futuristiche, realizzate completamente a mano e in serie limitata. Hanno linee totalmente diverse dalle moto convenzionali, lasciano senza fiato,  trasmettono brividi ed emozioni forti perfino da ferme. C’è chi le acquista da tenere in salotto ma sono estremamente performanti. La Vyrus Alyen è equipaggiata con un motore 1299 Panigale costruito appositamente da Ducati per la casa romagnola.

La Vyrus è nata nel 2001 ad opera di Ascanio Rodorigo, l’ultimo geniale costruttore della Motor Valley.  Il fondatore della Vyrus sembra un personaggio d’altri tempi. È umile, non ha titoli accademici ma una cultura straordinaria: parla di meccanica, arte, filosofia ed ingegneria con una disinvoltura disarmante.

 “Sono cresciuto alla bottega di Dervis Macrelli – racconta Ascanio Rodorigo – colui che ha realizzato i telai più belli del mondo in Bimota assieme a Massimo Tamburini. Io ero praticamente un bambino e Dervis mi portò in Bimota. Ho iniziato a vedere così i primi tubi tagliati e saldati insieme. Questo ha dato un’impronta determinante alla mia attività nel mondo delle moto. Nel 1984 Bimota ha chiuso il “reparto esperienze” e mi ha messo al montaggio ma non faceva per me. Ho lasciato la Bimota e nel 1985 ho aperto la mia bottega”.

Com’è nata la Vyrus?

“Nel 2000 io e dei miei amici realizzavamo dei  prototipi. C’è capitato di dover costruire una moto dal nulla in 90 giorni. I ritmi di lavoro erano estremi e si erano ammalati tutti, tranne io. Da lì è nata l’idea di chiamare la nuova moto Virus. Abbiamo messo la Y invece della I perché volevamo fosse un virus diverso: crudo, cattivo, aggressivo ma positivo. È nata così la nostra identità”.

La Vyrus è una factory o un laboratorio artigianale?

“Io amo definirla una “bottega” perché conserva le caratteristiche fondamentali dell’artigianato, del Made in Italy. La bottega non è un luogo di lavoro ma è un posto dove si svolge la vita di chi ci opera. La figura dell’artigiano è l’espressione per eccellenza di quello che abbiamo nel nostro DNA. Non vorrei essere frainteso ma proviamo a pensare ai grandi artisti, ad esempio a  Michelangelo: aveva una bottega dove spaccavano il marmo, lui partiva da un’idea e la realizzava”.  

Il legame con l’arte è molto profondo in Vyrus.

 “Abbiamo iniziato a realizzare le moto spinti dalla passione ma ora la nostra mission è cercare di creare dei capolavori che non passeranno mai di moda, proprio come le opere d’arte. Le nostre moto realizzate vent’anni fa sembrano ancora attuali. C’è tanto studio in ogni singola forma, la nostra ricerca non è dettata dalle richieste del mercato e questa cosa è in antitesi con quella che è di fatto una realtà imprenditoriale. L’artigiano è spesso in contrasto con l’imprenditore, il creativo con l’uomo d’affari. In Vyrus siamo appena in 5 ed abbiamo 260 fornitori, abbiamo  un’attività economica da mandare avanti e riuscire a farlo così in pochi è un  miracolo”.

Qual è la vostra forza?

“Siamo degli innovatori. La nostra identità è non farci ammaliare dal fascino del denaro ma restare fedeli alla nostra filosofia di creare moto rivolte al futuro. Negli ultimi 35 anni erano nate tante aziende motociclistiche ma poi sono sparite mentre noi ci siamo e continuiamo a crescere. Siamo un gruppo di creativi con un background tecnologico elaborato nel corso degli anni ma proteso verso il domani. Una Vyrus non è un oggetto consumistico ma è arte che si esprime attraverso le forme e la tecnologia che compone ogni veicolo”.

Quante moto realizzate ogni anno?

“Dipende dalla complessità. In media circa 20 all’anno. Disegniamo tutto: il pezzo la maschera per realizzarlo, il percorso dell’utensile… Compriamo le materie prime: leghe leggere nobili di altissima qualità quali ergal, magnesio e carbonio. Da queste estraiamo i pezzi finiti”.

A quale mercati vi rivolgete?

“Vendiamo principalmente in Giappone e negli Stati Uniti. Il 70 % della nostra produzione va lì, il restante 30% negli altri paesi tra cui Italia, Inghilterra, Messico e tutte le altre nazioni”.

C’è chi acquista le Vyrus per gareggiare in pista?  

“In realtà noi nasciamo nelle corse. Tra l’altro ha girato con Vyrus anche Riccardo Ricci. Agli inizi degli anni 2000 facevamo il campionato “BoTT”, Battle of The Twins . Nel 2015 abbiamo partecipato al Campionato Europeo Moto 2 con il team di Stefano Caracchi. Il solo fatto di stabilire dei crono in linea con quelli delle altre moto è stata una vittoria perché la nostra Vyrus 986M2 è una moto diversa dalle altre, senza forcella, senza i 100 anni di storia delle altre . Ora alcuni nostri clienti le usano per il Trofeo Italiano Amatori”.

Su che fascia di prezzo si collocano le Vyrus?

“Si parte dai 27 mila euro più iva  poi ovviamente si sale. Il prezzo è abbordabile per un prodotto artigianale e di  elevatissima qualità. Io non sono ricco. Mi accontento di poco ma mi considero molto fortunato perché la chiave per la felicità è fare ciò che si ama. Al mio fianco ho dei  giovani bravissimi, con me in Vyrus da tanti anni”.

Progetti futuri?

“Nel 2022 terminiamo la produzione delle Alyen ed abbiamo 2 o 3 progetti che stiamo valutando. Intanto stiamo ampliando il capannone, stiamo crescendo e chissà cosa faremo da grandi?”.

Foto: vyrus.it

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