21 Luglio 2022

Superbike: Randy Krummenacher “Tutte le mie battaglie, l’ultima contro il covid”

Il pilota svizzero si racconta "Ero Campione del Mondo ma mi chiedevano i soldi per correre. Ora faccio il CIV Superbike e sono felice"

Superbike; Krummenacher

Randy Krummenacher è nato in un paesino al nord della Svizzera, lontanissimo da piste di minimoto ed autodromi. Però si è innamorato del motociclismo. E’ diventato pilota professionista e Campione del Mondo Supersport. Ora ha 32 anni e vive in Umbria, a Castiglione del Lago. Ha una splendida famiglia, un nuovo figlio in arrivo e partecipa al Campionato Italiano Superbike con la Yamaha Keope.

Randy Krummenacher racconta in esclusiva a Corsedimoto la sua storia.

Come ti sei appassionato al motociclismo?

“In Svizzera non ci sono le piste e le corse di minimoto vengono fatte nei parcheggi dei centri commerciali. Ho iniziato dunque con il motocross, già dopo la mia prima gara avevo le idee chiare e mi sono detto “voglio diventare Campione del Mondo e professionista”. Era il mio obbiettivo e mi sono impegnato con tutte le mie forze. Non è stato facile perché in Svizzera non si possono saltare le giornate di scuola per andare le gare ma solo per malattia.

Correvo comunque nel cross ma mi sono fatto male ad una spalla e sono passato alle minimoto. A 11 anni ho vinto il campionato e siamo andati in Germania a gareggiare con le minibike 65 sulle piste di kart. Lì ho incontrato Sandro Cortese che poi ha corso con me in Supersport”.

Come facevi con la scuola?

Mio padre mi veniva a prendere a scuola il venerdì pomeriggio e partivamo subito per Amburgo per andare a gareggiare. Non facevamo le libere del venerdì ma scendevo in pista il sabato per le qualifiche e domenica per la gara. Tornavamo subito in Svizzera e a volte dormivo proprio davanti alla scuola. I compiti li facevo durante il viaggio di ritorno. Sono cresciuto così. Mio padre lavorava in posta, non avevamo tanti soldi, dormivamo in un furgoncino e giravamo l’Europa per le gare”.

Poi sei passato alle ruote alte?

“Sono andato a fare l’Aprilia Cup 125, a cui partecipava anche Dominique Aegerter. Ho vinto e dopo sono arrivato al Campionato Tedesco 125. Servivano già tanti soldi. Per fortuna ho conosciuto un manager che mi trovava gli sponsor per gareggiare. Il secondo anno ho dimostrato di essere veloce, mi prese Red Bull KTM ed è stata la fortuna più grande della mia carriera sportiva. Loro non avevano bisogno di sponsor ed avevano una moto da mondiale. Ho stravinto delle gare in Germania, mi hanno portato a fare il CEV e sono salito sul podio a Barcellona dietro a Tito Rabat e Pol Espargaró. Ho fatto la mia prima wild-card nel 2006 a Donington sostituendo Simon che si era rotto una gamba.

Era un mondo nuovo, avevo solo 16 anni. Le pressioni erano alte e dovevo fare bene. E’ stato uno step enorme. Mi hanno poi preso nel 2007 a fare tutto il Mondiale”.

A 17 anni eri già nel Motomondiale?

“Sì, ho viaggiato tutto il mondo ed ho imparato tantissimo. Il primo anno ho conquistato il mio primo ed unico podio con il terzo posto a Barcellona: è stato indimenticabile, ho dimostrato di essere un pilota veloce. Poi ho avuto parecchia sfortuna nel Motomondiale tra infortuni vari. Sono passato in Moto2 ed ho conquistato un bel quarto posto in Germania. In seguito le cose non sono andate bene, tra problemi fisici, di team e di sponsor. Evidentemente la Moto 2 non era per me. Ho conquistato dei buoni risultati ma non in modo costante”.

Quando ti sei reso conto che era giunto il momento di cambiare aria?

“Nel 2015 ho capito che quel mondo non faceva più per me e che avevo bisogno di un cambiamento. In Moto 2 servivano moltissimi soldi. Tanti erano convinti che i piloti svizzeri fossero ricchissimi ma non è la verità. Ho dovuto lavorare intensamente per trovare il budget da portare ai team per correre. Non era giusto! Ma come? Io rischio la mia vita ma devo pagare delle cifre assurde e nemmeno bastano per avere una moto in grado di poter fare bene? No, dovevo fare basta “.

Sei subito passato in Supersport?

Ho provato in Supersport, un campionato molto più sano riguardo il budget. Si può correre con un’ottima moto ed una buona squadra spendendo la metà dei soldi che mi sarebbero serviti per il Mondiale e finire ventesimo. Ho subito vinto in Australia nel 2016 ed è stato bellissimo far vedere che ero ancora un pilota veloce. Ho terminato il campionato al terzo posto”.

Poi sei salito in Superbike?

“Con Puccetti ed è stato un salto importante ma ci mancava un po’ di tutto per essere veramente veloci. Io non avevo esperienza e al team mancava forse un po’ di budget: la situazione non era ottimale. Abbiamo fatto comunque alcuni buoni risultati ma non abbiamo proseguito”.

Sei tornato in Supersport ed è stata la tua fortuna.

“Sono andato all’EvanBros, un team molto professionale a livello tecnico. Grazie anche a Yamaha Svizzera che ha dato parecchio materiale, abbiamo fatto un bello step. Mi sono classificato quarto il primo anno e ho vinto il Mondiale il secondo anno. Mi sono trovato veramente bene: la squadra era fortissima e la moto andava veramente bene. Dopo 24 anni ho raggiunto il mio obbiettivo: sono diventato Campione del Mondo: ricordo ancora quel giorno in Qatar: è stato bellissimo!”.

E’ cambiata per sempre anche la tua vita?

“Nel paddock della Superbike ho conosciuto Serena, mia moglie. E’ arrivata la nostra figlia Leyla e da lì anche mia vita privata è diventata piena di felicità. Mi sento completo con la mia famiglia. Mia moglie mi segue, mi aiuta nell’ organizzazione, con gli sponsor, alle gare… E’ stato molto bello condividere la vittoria del Mondiale con lei e averla al mio fianco anche nei momenti difficili”.

Il 2020 è stato l’anno del lock-down.

“Sono rimasto praticamente fermo e mi sono allenato con il flat-track. Tra l’altro ho aperto una scuola di questa specialità assieme a mia moglie. Facciamo anche dei camp con Yamaha Svizzera e il mio futuro è fare il coach. Ho tanta esperienza e la voglio trasmettere agli altri”.

Perché hai lasciato anche il Mondiale Supersport?

“Dopo la pandemia anche il paddock della Superbike è cambiato. Io sono un ex Campione del Mondo ma mi hanno chiesto un budget importante per correre anche in Supersport. Questo ha influito molto sulle mie motivazioni. Mi piace tanto correre in moto ma ho mostrato che posso vincere, ho vinto ma dovrei portare tanti soldi continuare. No, non mi va più bene! Ho una famiglia e voglio crescere bene i miei figli. Mi sono guardato intorno ho avuto la possibilità di correre nel CIV Superbike con il team Keope Yamaha Italia. E’ una bellissima esperienza. Sono professionali, forti e credono tanto in me. Ho un buon pacchetto, con persone del Mondiale Superbike ed un bel progetto”.

Randy con sua moglie Serena incinta

Quest’anno hai dovuto sfidare il Covid. E’ stato un avversario ostico?

“Ho avuto il Covid in modo molto forte nonostante fossi vacinato. Mi sono dovuto fermare completamente perché non riuscivo a camminare neppure per 10 minuti. Non avevo il respiro, avevo dei giramenti di testa, ero sfinito: riuscivo solo a dormire e stare sul divano. Con la cura giusta, le vitamine e tanta pazienza mi sono ripreso ma non sono riuscito a fare le prove e la prima gara stagionale a Misano. Sono tornato a Vallelunga ma non ero del tutto in forma ma ho comunque conquistato un buon piazzamento il sabato. In Gara-2 sono caduto e mi sono rotto il perone. Ho sfruttato il mese di pausa per riprendermi e tornare al Mugello dove sono andato abbastanza bene. Ancora non sono il vecchio Randy però mi sto allenando. Il team sta lavorando bene, gli ultimi test sono stati positivi ed ora sono pronto per Misano”.

Qual è l’obbiettivo per Misano?

“Cercare di salire sul podio, sono fiducioso”.

E’ possibile battere Pirro nel CIV Superbike?

“Ho un grande rispetto per lui. Pirro ed il team Barni sono super forti ma nessuno è imbattibile: chissà, lavoriamo per quello”.

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