22 Settembre 2018

Caso Fenati: Banana Republic, l’opinione del legale

L'avvocato Ignazio Scuderi ci spiega perchè l'aggravio della pena non ha alcun fondamento giuridico. E sarebbe facilmente smontabile da un giudice terzo

Il comunicato stampa diramato dalla FIM a proposito del “Caso Fenati”, dove si conferma un’inasprimento della pena a carico del pilota Moto2  per i fatti di Misano, non convince. Nella nota stringata si fa riferimento al fair play e alla necessità di essere un esempio per i giovani. Tale decisione presenta però più di un’anomalia, che abbiamo deciso di approfondire assieme all’avvocato Ignazio Scuderi. Il noto professionista, al quale avevamo chiesto un parere legale prima della sentenza, ha commentato la decisione della FIM – o meglio, del Presidente Vito Ippolito – evidenziando la discrezionalità di un provvedimento che non ha precedenti nella storia del motociclismo; dove il diritto viene piegato agli interessi della politica sportiva, per un mero calcolo. La sanzione, con l’esclusione di Romano Fenati per tutto il resto della stagione in corso, appare spropositata rispetto al gesto e agli sviluppi successivi: il pilota si è scusato, l’episodio è stato analizzato , persino il suo avversario si è dimostrato incline al perdono. La decisione della federazione spinge a mettere in discussione il diritto stesso: se Fenati avesse commesso una frode sportiva, allora come lo avrebbero punito, con l’ergastolo? L’opinione dell’avvocato Scuderi aiuta a comprendere come, dal punto di vista strettamente giuridico, sia stata emessa una sentenza da Repubblica delle Banane. Ecco l’intervento.

«Il Comunicato della FMI lascia sgomenti, quantomeno per le modalità con le quali sarebbe stata applicata, inasprendola, la gravissima sanzione. Costituisce principio cardine di ogni procedura disciplinare, quello del contraddittorio, assicurato da uno specifico procedimento, che inizia con l’atto di contestazione degli addebiti da parte dell’unico organo competente, ovvero la Procura e procede eventualmente con il deferimento e le successive fasi. La stessa sanzione, deve essere adottata solo dopo una specifica istruttoria ed impone che sia acquisita la difesa dell’interessato. Tale principio è fatto proprio – come è indispensabile in uno stato di diritto – anche dal Codice di Giustizia della federazione Italiana Motociclismo e specificamente dagli articoli 102 e seguenti (cui, per ragioni di spazio, rinvio).

IL DITTATORE – Non si tratta di forma, ma di sostanza. Ciascun soggetto ha invero il diritto di far valere le proprie ragioni, nell’ambito del procedimento disciplinare. Nella specie al contrario, secondo quanto risulta dal Comunicato, il provvedimento assume natura dittatoriale, imposto da soggetto privo di competenza, arbitrariamente e senza possibilità di difesa alcuna. Viene altresì meno il principio inderogabile della proporzionalità della pena e della motivazione, quale può scaturire solo dal completo procedimento disciplinare, che tenga conto di tutti gli elementi che concorrono alla definizione delle varie sanzioni applicabili (sia qualitativamente che quantitativamente). Basti pensare tra l’altro alle attenuanti, al comportamento del soggetto successivo al fatto nonché al disvalore della violazione rispetto all’intero sistema. 

GIURISPRUDENZA – Scusandomi per licenze che in un commento giuridico non mi dovrei permettere, ma al tempo stesso parzialmente giustificato dalla abnormità del comportamento commentato (soprattutto agli occhi del giurista), un tale sistema non prevederebbe alcuna garanzia per i soggetti interessati (insomma, semplicemente una dittatura). E’ evidente che un eventuale ricorso al TAS, non potrebbe che avere sicuro fondamento ed un alto (se non certo) grado di probabilità di buon esito. Non posso certamente addentrarmi nelle questioni politiche o gestionali di questa disciplina; ma certamente, soprattutto considerato il sacrificio degli atleti e la pericolosità dello sport, un tale assetto non è minimamente compatibile con i più elementari principi non solo di giustizia, ma di civiltà. E’ esattamente paragonabile ad un soggetto condannato senza alcun giudizio (come se fossimo in guerra). Già nella precedente intervista, avevo ipotizzato un incontro informale, per l’assenza di un intervento della Procura.

FAIR PLAY – Ma nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe stata applicata una sanzione, senza procedimento disciplinare. Infine è paradossale il richiamo della FMI all’”importanza che la federazione attribuisce al fair play nello sport motociclistico”. Essa invero proviene dal soggetto che non tanto dovrebbe rappresentare il vertice del motociclismo, ma che dovrebbe essere il portatore e tutore dei principi fondamenti di ogni ordinamento giuridico (del quale il fair play, è solo un profilo)».

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3 commenti

  1. guido85 ha detto:

    Piantatela di difenderlo.

  2. gyruss ha detto:

    Basta con questo buonismo, ha fatto una grossa cazzata e ora si prende le giuste legnate ! POI allora si parlerà di perdono.

  3. gnagna ha detto:

    Questione Fenati (o meglio, Banana Republic) Nella chat di una delle più note riviste di motociclismo, innanzi alle mie considerazioni giuridiche sulla violazione del principio di difesa, mi è stato risposto “ma cosa Ti aspetti dalla federazione ? Ho così risposto: .. il principio del giusto processo, oltre che sancito dalla costituzione di tutte le democrazie, è un principio inderogabile, trattandosi altrimenti di dittatura. C’è sempre un giudice a Berlino. Mi aspetto che chi ha messo quet’individuo in quel ruolo, lo rimuova subito. Utopia? Allora è colpa di tutto l’ambiente del motociclismo che consente un tale regime. Ma sono un giurista e certe cose mi lasciano esterefatto e senza parole. Buona fortuna al motociclismo
    Se poi dietro tutto questo vi sono ragioni economiche o politiche , non parliamo più di sport ( che già ne è rimasto poco). Sarebbe ancor più grave perché il fine sarebbe stato perseguito attraverso lo strumento di un atleta di non primaria importanza (vedi se lo facevano con Marquez ). E non parlo della sanzione, ma del fatto che non è stata consentita la difesa. Aggiungo: il maggior responsabile di un tale regime, restano però i media. E’ compito e dovere del giornalista, portare a conoscenza le devastanti violenze di un sistema di tale natura, fornendo anche il supporto giuridico. Ebbene, tra le varie riviste consultate, non ho trovato commenti sull’argomento. Solo la rivista Corse Di Moto, ha avuto il coraggio di denunziare l’abuso , assolvendo correttamente alla sua funzione giornalistica nel riportare correttamente i fatti, e sottolineando – anche attraverso un supporto giuridico – la gravità del comportamento della Federazione, posta in palese violazione dei più elementari principi democratici e di civiltà. Per tale motivo, sono fiero di avere contribuito e ringrazio la redazione di avere richiesto il mio parere. Questa è invero, a mio modestissimo parere, l’unica strada per portare agli altari dell’opinione pubblica, le storture di un sistema che calpesta la democrazia. Ma se tutti tacciono, non v’è speranza, ma complicità. E, se è lecito avere una propria idea sull’entità della sanzione, non lo è calpestare il diritto di difesa (salvo che – legittimamente – si aderisca ad un regime di dittatura).