20 Maggio 2020

Troy Bayliss “Se lui si fece amputare un dito, io potevo rischiare un tendine…”

La vita del nostro lettore Ascanio Gardini è stata segnata dalle gesta di grandi campioni. Dopo Carl Fogarty, anche Troy Bayliss ha tracciato la strada...

Troy Bayliss

di Ascanio Gardini

Se Foggy è stato importantissimo per la laurea ed il lavoro, Super Troy Bayilss lo è stato altrettanto per altri aspetti della mia vita. Premetto che seguo le gesta di Troy da quando approdò al Mondiale Superbike, con quel doppio volo a Sugo. Ho sempre fatto un tifo esagerato per lui anche quando era in MotoGP. Quando vinse a Valencia con la Ducati Desmosedici, fui talmente contento da far passare in secondo piano Valentino che aveva perso il Mondiale. Troy: un cuore immenso, grande quanto la Terra!! Una persona umile come poche. Feci con lui la foto a Misano nel 2001 e ricordo perfettamente che dopo essersi fatto le foto con le persone ringraziava tutti.

“Troy firmava l’autografo e diceva grazie”

Febbraio 2015. Troy annuncia il ritorno al Mondiale, causa l’infortunio di Davide Giugliano, per un paio di gare. Nemmeno a farlo apposta, dopo trent’anni di quasi digiuno totale, da qualche tempo avevo rimesso piede sul kart. Avrei voluto fare il pilota di auto per professione, ma ho dovuto seguire altre strade. Ho sempre fatto sport, ma era da tempo che non mi allenavo. La mia vita era cambiata molto negli ultimi tempi, sebbene qualche volta riuscissi a salire sul kart. Vedevo Troy, mio coetaneo, felice e pensavo che ci dovevo provare anch’io. Come lui, dovevo  provare ad inseguire a tutti i costi i miei sogni. Cominciai ad allenarmi tantissimo in palestra e mi misi a dieta. Disputai qualche gara, ma mi infortunai al tendine di una spalla. Volevo correre lo stesso, ma era una litigata continua con la mia compagna e con i medici che non accettavano che corressi altri rischi. 

“Se lo aveva fatto lui, potevo farlo anch’io”

Mi dissi che se Troy era pronto a farsi tagliare un dito per correre la seconda manche a Donington nel 2007, potevo da parte mia rischiare il tendine di una spalla. Ero pronto anche ad operarmi subito, ma mi dissero che rischiavo di peggiorare la situazione. In contemporanea, la mia vita prese una brutta piega per una serie di problemi familiari che mi fecero desistere dall’obiettivo. Avevo troppo casino intorno, ed in testa. Mi ripromisi di tornare in pista non appena guarito, cosa che poi mi riuscirà. La vita nel frattempo andava avanti. Rilevai in gestione un’attività economica, un’occasione che non potevo rifiutare. Ma non era quello che in fondo volevo. Siamo nel 2018. Super Troy annuncia il ritorno alle competizioni nel Campionato Australiano. 

Non avere rimorsi

Leggo alcune sue interviste nelle quali dice che aveva sbagliato a ritirarsi nel 2008 perché sentiva di poter dare ancora tanto. Lo aveva fatto solo per la famiglia e, per un periodo di tempo, si era sentito depresso per questa scelta. In fondo anche io mi sento così. Sento che non sto assecondando la mia parte più profonda. Come al solito la vita ci mette lo zampino. Una mattina ho un vuoto di memoria, molto importante, per circa cinque minuti. Capisco immediatamente che non è semplice stanchezza. C’è dell’altro. Io che ho una memoria di ferro non posso dimenticarmi tante cose all’improvviso. Faccio gli accertamenti del caso ed il responso è implacabile: leggero attacco ischemico dovuto probabilmente a stress. Capisco che è ora di dare un taglio a quella situazione.

Cacciatori di sogni

Penso al grande Troy che continua ad inseguire i suoi sogni. Decido di dedicarmi al diritto dello sport ed ai motori. Inizio quel lungo e difficile cammino, che non mi spaventa. Dopo qualche mese arriva la chiamata della Pubblica Amministrazione che mi permette di mettere al sicuro il lavoro. Ma ho sempre i motori ed il diritto dello sport nella testa e continuo anche su quella strada. La vita è dura ma per me sarebbe ancor più dura se non provassi a seguire i miei sogni. Mi piacerebbe incontrare (anche solo virtualmente) Super Troy per ringraziarlo, così come devo tantissimo a Carl Fogarty.  Mi hanno insegnato tanto. Porto, con molto orgoglio, il caso di Foggy. Spero, un giorno, di avere anche quello di Bayliss. 

Lascia un commento