29 Dicembre 2022

Massimiliano Morlacchi, il team italiano nel CEV Moto2 con benedizione Aprilia

Intervista a Massimiliano Morlacchi, ex pilota ed ora anima del Team MMR, unica squadra italiana nell'Europeo Moto2.

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Il Team MMR è l’unica squadra italiana presente nell’Europeo Moto2, parte di quello che ora si chiama JuniorGP. La gestisce Massimiliano Morlacchi, ex pilota che ha mosso i primi passi in R125 Cup Yamaha e R6 Cup. “Sono cresciuto nei monomarca” ha dichiarato lo stesso boss MMR in proposito. Passi che l’hanno aiutato nell’organizzazione del Trofeo Aprilia RS660, di cui è parte e che è giunto quest’anno alla sua seconda stagione. Morlacchi ha poi corso anche in 600 Stock e 600 Supersport nel CIV, prima di dire basta e passare “Dall’altra parte del muretto”. Ora gestisce appunto una squadra al debutto quest’anno in Moto2 con gli italiani Mattia Rato e Tommaso Marcon, nel 2023 (ecco il calendario) si replica con una line-up rinnovata. Ma quali stati sono gli inizi del team? Com’è stato il primo anno in un nuovo campionato? Questo ed altro nella nostra intervista.

Massimiliano Morlacchi, com’è nata la tua squadra?

Ho corso per tanti anni, finché non ho deciso di fermare la mia carriera da motociclista. Ho scelto così di passare dall’altra parte del muretto e di dare forma ad una struttura. Quand’è nata era davvero piccolina, ma l’obiettivo era aggiungere sempre un pezzo in più. Per diversi anni ho fatto correre diversi piloti nel CIV in Supersport 600, Supersport 300, R3 Cup, in cui abbiamo vinto il titolo nel 2018 con Kevin Arduini. Un pilota che dopo è andato nel Mondiale. Per anni quindi ho bazzicato all’interno del Campionato Italiano in queste categorie, fino al 2020. Assieme ad altre due persone abbiamo creato un progetto, il Trofeo 660: gestito con BK Corse, sposato da Aprilia Racing, seguito da Massimo Rivola e quant’altro.

Quest’anno per il tuo team c’è stato un passo importante.

Dopo il primo anno di attività, dentro di me mi sono detto: “Perché non ampliare la struttura, provando a fare un team anche nella Moto2?” Una struttura in un contesto del genere era sempre stato il mio sogno. Ho pensato che sarebbe stato bello fare una struttura nel CEV Moto2, seguendo però sempre quello che era stato il percorso. Un esempio sono i colori Aprilia sulle moto, nel box e sul camion, ovviamente in accordo con Massimo Rivola: una strada per i ragazzi che decidono di intraprendere la strada di Aprilia fin da giovani. Ecco perché quest’anno il vincitore del Trofeo, Max Toth, ha fatto la wild card di Valencia a fine anno e probabilmente farà il 2023 con noi come terzo pilota.

Nuova formazione quindi ancora da definire?

La annunceremo ufficialmente la prima settimana di gennaio. Uno però è Mattia Volpi, che è già stato annunciato, poi c’è Maxwell Toth: siamo in fase di trattativa, ma dovremmo combinare. Il terzo pilota sarà una sorpresa! Avremo infatti una line-up con tre piloti invece che con due, aggiungeremo una moto rispetto a quest’anno.

Com’è andato il debutto nell’Europeo Moto2?

Avevamo Mattia Rato, 16 anni, che ha fatto sì due stagioni con la Moto2 CBR, ma come tutti gli altri era la sua prima volta sulle Moto2 Triumph. Siamo partiti fortissimo ed è arrivato subito un podio! È stato un momento importante. Con Tommaso invece abbiamo avuto tanta sfortuna, iniziando con un incidente bruttissimo subito alla prima gara a Estoril. Tante cadute, la maggior parte delle quali causate da altri piloti. Quando un anno inizia così è anche difficile raddrizzarlo. Ma al di là di questo, del team non ho nulla da dire: abbiamo fatto un ottimo lavoro, ci siamo messi in mostra e siamo anche il riferimento in Moto2, essendo l’unico team italiano.

Non è mancato un momento ‘particolare’, un incidente tra i tuoi due piloti.

Sì, a Jerez. Alla fine sono cose che capitano: in gara si vuole sempre arrivare davanti all’avversario. A maggior ragione se ce l’hai a pochi centimetri ed è l’ultima curva. Quello che ho detto ai ragazzi è che comunque tra compagni di squadra si poteva evitare, ma “ci sta”. Non è la prima volta che succede e non sarà l’ultima, intendo nella storia del motociclismo, ma cerco sempre di prendere le cose con molta filosofia. Non ha senso creare malumori o tensioni, bisogna imparare dagli errori. Certo, se poi c’è la recidiva una, due, tre volte, allora a quel punto bisogna prendere le redini.

“A caldo” come si gestisce una situazione del genere?

Con estrema calma. Purtroppo in quella gara non ci giocavamo niente, per cui non abbiamo perso podi o punti importanti. In quel caso sarebbe stato molto diverso… Anche a caldo quindi i piloti stessi non erano agitati l’uno con l’altro, se non chiaramente per dire che si poteva evitare. Sono cose che durano pochi minuti.

Torniamo al primo podio con Mattia Rato. Quanto ha aiutato a livello di morale?

Tantissimo! È stato impressionante. Era Gara 2 della domenica, venivamo da una Gara 1 in cui Tommaso ha avuto l’incidente: per il dolore fisico non ha più corso, la moto poi è andata totalmente distrutta subito al via. La prima gara dell’anno, se già andiamo così… Invece in Gara 2 abbiamo fatto 17-18 giri col fiato sospeso, per poi vederci sul podio! La prima volta, al debutto, con tutti che ti guardano. È stato veramente impagabile.

Vi aspettavate di riuscire a ripeterlo almeno un’altra volta, giusto?

Assolutamente sì, e abbiamo avuto anche diverse occasioni per farlo. Purtroppo però abbiamo mancato. Qualche volta è mancato il team, che non è riuscito a mettere la moto nel set up più corretto, ma in molte altre occasioni sono stati i piloti, per una serie di motivi, per eccessive cadute o perché non erano nella condizione migliore. Non sono riusciti insomma a fare quello scalino in più per strappare la posizione del podio durante la gara. Ma ci sta, è esperienza.

Chiaramente però c’è un pizzico di delusione.

Sotto questo aspetto assolutamente sì. Abbiamo dimostrato di poterlo fare, sarebbe stato doveroso e corretto nei confronti di tutta la squadra, piloti stessi, riuscire a farlo. Fa bene al morale del team ed anche dei piloti, purtroppo però non è arrivato. Questo è qualcosa su cui dobbiamo lavorare per il prossimo anno per cercare di migliorare.

Quali sono state le maggiori differenze o difficoltà verso l’Europeo Moto2?

Difficoltà direi di no. Nel team ognuno ricopre il suo ruolo, abbiamo una ragazza unicamente addetta all’organizzazione della logistica, degli hotel, dei voli… Problemi in quel senso non ce ne sono stati. Ovviamente è stata un’organizzazione che ho dovuto fare preventivamente, proprio perché sapevo che sarebbe stato nettamente diverso da un campionato nazionale. In generale però gli enti con cui abbiamo lavorato, Dorna in questo caso, ha un livello di professionalità molto alto. Secondo me altri campionati dovrebbero imparare dal loro lavoro: tutto è organizzato al dettaglio, soprattutto mettono team e squadre in condizioni di lavorare bene e non di corsa.

Anche il CIV?

Diciamo che conosco perfettamente i problemi del Campionato Italiano. Ma comunque si tratta di due campionati differenti, che non possono essere messi a confronto. Ovvio che se si chiede qual è la migliore organizzazione, la risposta è nettamente il JuniorGP. Un settore più professionistico, da noi invece direi che è ancora pre-professionistico, e un giovane pilota ad oggi cresce molto di più in un contesto di JuniorGP piuttosto che in un CIV.

Nell’Europeo Moto2 avete anche avuto modo di conoscere alcuni nuovi circuiti.

È tutto molto bello, come un bambino al primo giorno di scuola! Conosci gente nuova, visiti posti nuovi, circuiti che fino al giorno prima avevi visto solamente in TV. Come primo anno è stata una grandissima emozione. Bello da vivere e da raccontare, un bel ricordo.

Qual è stato il round più bello? Indipendentemente dal risultato finale.

A pelle il più bello è stato quello dell’Estoril. È stato il primo, quindi quello più carico di ansia, in cui ci si domandava se andava tutto bene, se mancava qualcosa. Fai le prime libere, le prime qualifiche con un mix di emozioni. L’incidente di Tommaso, che è stata un’emozione forte ma ovviamente negativa. Subito dopo il podio di Mattia, che è stato invece un’emozione fortissima che ha bilanciato il mattino. In questo senso è stato veramente una bomba. Al di là del podio, emotivamente parlando è stato il round più bello.

Tornando a te, com’è stato il passaggio “dall’altra parte”?

Sono passati ormai sette anni, ma ricordo perfettamente il giorno in cui ho deciso di smettere di correre in moto. È stata una decisione secca, mi sono tolto il casco e ho detto “Non correrò più in moto”. Proprio una scelta netta, da quel giorno infatti non ho più toccato una moto. Ma è una cosa che ho vissuto bene, ho fatto quello che ho fatto e probabilmente era arrivato quel momento in cui sentivo che avrei potuto dare molto di più in questa posizione che non in quella del pilota. L’ho vissuto senza nessun rimpianto, con la massima convinzione e con in mente l’obiettivo di voler arrivare un giorno dove tutti sognano di arrivare.

Cos’è cambiato, a livello emotivo, tra il Morlacchi pilota ed il Morlacchi team manager?

L’ansia prima delle gare è uguale! Forse da team manager la vivi in maniera ancora più forte, ma a parte questo non ci sono differenze. Sono sempre emozioni particolari, sia il pilota che il team manager hanno l’ansia da pre-gara. Da dire però che il pilota, quando si spengono i semafori, annulla i pensieri e pensa solo a correre, invece il box e tutto lo staff entra in apnea per 35, 40 minuti. Forse è addirittura più faticoso!

Sei uno dei tanti ex piloti ora a capo di un team. Secondo te cosa porta in più questo “doppio ruolo”?

Essendo stato pilota, molte cose le riesci a capire prima. Ad esempio riguardo le esigenze dei piloti, le loro necessità, o ciò che vogliono trasmettere mentre cercano di spiegare le sensazioni in pista. Io le ho vissute in prima persona, quindi capisco prima di chi invece non è stato pilota, quindi non ha vissuto certe dinamiche e fa più fatica a cogliere alcune cose. In questo sport il tempismo è fondamentale, penso che questa sia una cosa che avvantaggia molto.

Torna utile anche per riuscire a notare da fuori quel qualcosa in più rispetto ai tuoi piloti.

Sì, esatto. Oltre al fatto che magari hai avuto anche tu momenti di debolezza per un turno andato male o comunque non come speravi. Se non hai mai vissuto qualcosa del genere, basta poco per dire la parola sbagliata.

Quant’è difficile gestire i momenti negativi?

Molte volte sono più i momenti negativi di quelli positivi, non sempre va tutto come speriamo. Ma si dice che siano quelli che ci formano di più. Quindi, quando un pilota vive male un turno, cerco sempre di estrapolare comunque del bene, di capire come farlo migliorare nel turno successivo. Oppure, quando un pilota è demoralizzato, è bello vedere come solo un briefing con la squadra riesca a motivarlo. A fargli dire che ok, il team risolverà il problema ed il turno dopo sarà quello della svolta. Può bastare anche solo quello per ridare la carica al pilota. Lo staff può fare la differenza, una squadra unita è una grande famiglia.

L’unione di un gruppo che lavora insieme dall’inizio.

Sì, praticamente quasi tutti, a parte 3-4 componenti arrivati quest’anno dal Mondiale Moto2 per portare esperienza. Tutti gli altri ragazzi lavorano insieme dall’inizio, c’è molto affiatamento.

Programmi per il 2023, sarete solo nell’Europeo Moto2?

Sì, tutti gli sforzi del team saranno su quello. Passeremo da due a tre moto ed in Moto2 è un impegno rilevante: vogliamo fare bene lì ed è ciò su cui concentreremo tutte le nostre energie. Senza organizzare strutture in altri campionati, secondo me non è questo il momento. È stato un primo anno di investimenti importanti, quindi nel 2023 vogliamo consolidare quanto fatto nel 2022, per il 2024 ci penseremo.

Cosa ti aspetti dai tuoi piloti?

Avremo dei giovanissimi, per cui sicuramente mi aspetto tanta voglia di fare. A quell’età hanno fame non vedono l’ora di entrare nel turno, quindi mi aspetto tanta carica, ma anche qualche errore, concesso a quell’età. Se partiamo col piede giusto, ci potrà essere una bella crescita. La cosa più bella sarebbe portarli al primo anno a sfiorare il podio, se non a salirci. Abbiamo tutte le carte in regola, si può fare.

Foto: Instagram-Massimiliano Morlacchi

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