9 Dicembre 2017

MotoGP: Andrea Dovizioso, l’arte del palombaro

Pilota ingegnere, pilota amico-di-tutti, pilota della porta accanto. E se invece il viceiridato, oltre ad essere fortissimo, fosse il più furbo di tutti?

Un lettore attento e appassionato ci ha scritto dicendo: «Ma Dovizioso dov’è finito? Terminato il campionato che si è giocato fino all’ultimo, si parla di tutti e di tutto tranne che di lui.»

VICE – Prendiamo al volo l’occasione per discutere del vice campione del mondo 2017. Alla nostra maniera. Ci sono tanti modi di esprimere l’intelligenza, che a volte non è solo il puro istinto alla dichiarazione furba, la lucidità nel gestire le criticità, l’evitare la polemica inutile e strumentale. Tutto questo il #4 della Ducati lo ha già dimostrato. L’intelligenza, secondo Wittgenstein e secondo noi, delimita i limiti del nostro mondo sensibile. In pratica: mi serve a contenere, dentro e fuori il perimetro della mia vita, tutto ciò che non serve. Abbiamo sentito di tutto in questi mesi su Andrea, siamo passati dalla mentalità da ingegnere alla virile accettazione della lotta in pista, al contributo del metodo innovativo “Keope” del Dott. Amedeo Maffei. Non esistono maghi, sia ben chiaro. Esiste però una sfera emotiva dell’uomo-pilota in cui la motivazione conta alla ennesima potenza.

AGIOGRAFIE – La cosiddetta “normalità” di Andrea Dovizioso non è il ritratto da bravo ragazzo, del vicino della porta accanto che nei feriali fa la spesa e nei weekend vince in pista, che emerge dai ritratti olografici; si tratta piuttosto di una precisa scelta personale che permette di ottenere la necessaria tranquillità per portare avanti un progetto strutturato bene. Come dire: non vinco per caso. C’è un aneddoto, svelato recentemente da Livio Suppo, che forse aiuta a capire. Il manager piemontese, fresco di dimissioni da Honda, si è confessato raccontando un gustoso aneddoto. Quando entrarono a far ordine in casa HRC, Nakamoto e Suppo perfezionarono l’opzione Stoner. Casey Stoner e Dani Pedrosa nel Team Factory, Andrea Dovizioso ufficiale a tutti gli effetti ma in appoggio a LCR. Traduzione: mi spiace, non c’è spazio per te, Repsol vuole uno spagnolo. L’italiano non ci sta, pesta i piedi, si appiglia al contratto e resta in HRC per un altro anno, senza vincere niente, accompagnato alla porta. Bravo ma poco furbo, si disse all’epoca.

DOVIPOWER – Come si passa da bravi ma poco furbi, a vicecampioni del mondo dietro a ridosso di Marc Marquez? Il cursus honorum di Andrea è impressionante, sia ben chiaro. Yamaha Tech3 ne parla ancora come di un grande campione, un grande uomo. Non è cambiato qualcosa, nella testa di Andrea, ma nel modo di approcciare i problemi sicuramente sì. Narrano le leggende che durante la pasticciata stagione 2016 Ducati, con la lotteria Dovizioso-Iannone per mantenere il culo sulla sella del bombardone rosso, la scena del #4 che taglia il traguardo spingendo la Desmosedici in mondovisione, mentre Iannone rimestava nella ghiaia con tutte le polemiche del caso, abbia fatto pendere la bilancia a favore del pilota di Forlimpopoli. Vero, non vero, fantasie? Andrea Iannone è un pilota intelligente, non c’è dubbio. Se hai la fortuna di parlarci, lo capisci. Il #04 ha però declinato l’intelligenza con la furbizia; non è una brutta parola sia chiaro, perché in caso contrario dovremmo depennare metà dei vincenti della MotoGP attuale. Compreso Valentino Rossi.

PERSONAGGIO – Andrea Dovizioso, nel suo essere “normale”, ha costruito un personaggio. Se non è astuzia questa, non sappiamo cosa potrebbe esserlo. Tutti tifano per lui, ci si identificano. Divide il box con un campione assoluto, Jorge Lorenzo, ma se doveste scegliere in chi identificarvi, sareste proprio sicuri di scegliere il #99? Lorenzo è condannato a vincere, lo ripetiamo senza tema di smentite, mentre Dovizioso quest’anno ha fatto capire di non dovere dimostrare proprio niente. A nessuno. Quindi il romagnolo rialza le proprie quotazioni che, come ha anticipato a denti stretti Paolo Ciabatti in una recente intervista, non saranno quelle al ribasso del 2016. La sfida del prossimo anno in Casa Ducati sarà al calor bianco. Come sapranno gestirla? Facile: con intelligenza.

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