9 Marzo 2022

Federico Napoli al Team Players: “L’Endurance? Una famiglia”

Federico Napoli riparte dal Team Players per il Mondiale Endurance FIM EWC 2022: in questa intervista la sua storia e la sua grande passione per le due ruote, non solo a motore.

Federico Napoli al Team Players: "L'Endurance? Una famiglia"

Per il suo sesto anno consecutivo di partecipazione al Mondiale Endurance FIM EWC, Federico Napoli cambia squadra. Alla 24 ore di Le Mans del 16-17 aprile prossimi salirà in sella alla Kawasaki #56 Superstock del Team Players, riprendendo un discorso con le competizioni motociclistiche di durata lasciato in sospeso lo scorso anno ad Estoril.

Sì, da pochi giorni mi sono accordato con il Team Players, farò parte della loro squadra per la 24 ore di Le Mans e per tutto il campionato“, spiega Federico Napoli. “Sono una squadra che punta molto sull’affidabilità, corrono da diverse stagioni e sono molto appassionati. Non da meno, proprio alla 24 ore di Le Mans lo scorso anno avevano concluso al 5° posto di classe Superstock: decisamente un bel risultato. Correrò in un equipaggio multi-nazionale con un pilota belga, un francese ed uno spagnolo, ci alterneremo in sella ad una Kawasaki Superstock che passerà dal loro tradizionale numero 156 al 56. Spero possa essere una bella stagione. Negli ultimi anni il mio problema è stato quello di saltare da una moto all’altra nel corso del campionato. Scontato dirlo, ma quando cambi team e moto ogni volta non è mai facile. Proprio per questo volevo iniziare e proseguire la stagione con la stessa squadra, così da facilitare il lavoro. Se vogliamo l’unica problematica è che dalla 12 ore di Estoril del luglio 2021 non salgo in sella ad una moto. Tuttavia, in questi mesi non ho mai mollato: mi sono sempre allenato, tenuto attivo in attesa di tornare in azione. Adesso sono impaziente di provare la moto. La prima occasione sarà il 29-30 marzo prossimi con i Pré-Test ufficiali della 24 ore di Le Mans“.

Corri nelle corse di durata dal 2016 a questa parte, una volta dissi che “Dell’Endurance non puoi proprio farne a meno”. Trascorsi 6 anni, cosa ti affascina tuttora di questa specialità?

L’aspetto che mi appassiona di più è che nell’Endurance porti al limite il tuo fisico. Fai davvero un grande sforzo per affrontare soprattutto una 24 ore. Poi mi piace tanto girare la notte e la natura stessa di questa disciplina. Poi non c’è che dire: l’ambiente mi entusiasma! Il rapporto con gli altri piloti e team non è lo stesso che puoi avere in altri campionati. Se per caso hai bisogno di qualcosa, di un aiuto, i tuoi avversari sono sempre pronti a darti una mano. Nell’Endurance siamo tutti una famiglia!

Hai posto l’accento sulla preparazione fisica. Non un caso, considerando che ti alleni molto, in bicicletta soprattutto…

Assolutamente, la bici è la mia seconda passione. Mi alleno tutti i giorni e vado a lavoro pedalando: un’ora e mezza l’andata, un’ora e mezza al ritorno. Diciamo che ogni giorno faccio una sorta di simulazione di una 24 ore! Partendo alle 5 del mattino, con le luci della notte, mi ricorda tanto quando corro in moto nell’Endurance. Poi sì, faccio tanta distanza ed allenarmi per correre poi in moto mi piace tantissimo. D’altronde per questo genere di gare per prima cosa devi essere a posto fisicamente. Se ho mai sofferto una 24 ore sul piano fisico? Posso assicurare che dalla mia prima gara, il Bol d’Or 2016, non ho mai accusato la fatica. Inoltre in quella mia prima 24 ore mi sono ritrovato costretto a spingere la moto per 1 chilometro e mezzo fino ai box dopo un problema alla pompa della benzina… No, non ho mai sofferto fisicamente una 24 ore. Alle volte vedo gli altri piloti soffrire, accusare del dolore agli avambracci, mentre io quando concludo una 24 ore non sono mai sfinito. Anche per questo spesso mi sono ritrovato a dover effettuare due turni di guida consecutivi gli anni scorsi, visto che non li accuso affatto. Va anche detto che faccio 25.000 chilometri l’anno in bicicletta. Sì, sono tanti, da ciclista professionista, ma evidentemente servono eccome“.

A questo proposito, lo scorso anno eri andato a seguire tuo fratello Christian in gara Bol d’Or, arrivando a Le Castellet dopo un lungo viaggio proprio in bici da casa tua. Cosa ci puoi raccontare di quell’esperienza?

In sostanza lo scorso anno avevo deciso di non correre al Bol d’Or per svariate ragioni e, siccome la bici mi allontana da qualsiasi pensiero e mi estranea da tutto, pensai che mi sarebbe piaciuto andare a seguire mio fratello al Bol d’Or, arrivando tuttavia in bicicletta. Sapevo che avrei sofferto assistere alla gara senza poter correre, ma ci tenevo particolarmente a seguire Christian. Così sono partito alle 3 e mezza di notte da casa mia, distante circa 230 chilometri dal Paul Ricard. Ci ho messo 6 ore e 50 ad arrivarci, ma c’è una spiegazione. Quando sono arrivato a Nizza ho attivato il navigatore per impiegare meno tempo, ma alla fine il tragitto suggeritomi non è stato il più veloce, bensì mi ha allungato il percorso! Mi ha fatto passare per tutti i colli, tanto da aver fatto 2.300 metri di dislivello quando solitamente sono all’incirca 1.000. Nonostante questo tragitto montuoso, ho fatto una bella media… Sono arrivato in tempo: entusiasta, ma un po’… svuotato! Ho fatto la doccia e poi ho seguito mio fratello prima della partenza e gli sono rimasto affianco fino all’ultimo“.

Tornando all’Endurance, parliamo di una specialità che annovera nel calendario le cosiddette “grandi classiche”. Tra tutte, quale preferisci?

Preferisco proprio il Bol d’Or. Per me è la gara di casa, in quanto il Paul Ricard è vicino a dove abito. Inoltre è stato il primo circuito dove io e mio fratello abbiamo girato in pista, all’epoca con una Kawasaki Z750 scarenata. Ogni volta che andiamo a Le Castellet è un’emozione unica perché mi ricorda sempre quella prima volta in pista. Non da meno, il circuito è bellissimo!

Da 6 anni nell’Endurance, in questa specialità hai ancora un desiderio da esaudire, una soddisfazione o un obiettivo particolare?

Il mio sogno è sempre stato quello di disputare un giorno la 8 ore di Suzuka. Un desiderio che ho fin da quando ero piccolo, spero un giorno si possa realizzare. Un altro è correre a Spa Francorchamps e si concretizzerà proprio quest’anno, visto che a giugno è in programma la 24 ore… Mi ha sempre affascinato poter girare su questa pista leggendaria“.

Tornando un po’ alla tua nuova realtà, il Team Players, lo dice il nome stesso, è la squadra “dei videogiocatori”. Hai dimestichezza con i videogames?…

No, non proprio! Forse quando ero piccolo qualche volta con la Playstation, ma li ho sempre evitati. Preferisco fare altro, andare in bicicletta o allenarmi in palestra piuttosto che stare davanti alla TV o videogiocare…

Beh, non è propriamente un videogioco, ma considerando la tua passione, immagino Zwift l’hai provato…

Ah sì, assolutamente! In primis nel periodo di lockdown, avevo comprato i rulli e con questo simulatore virtuale di ciclismo mi sono collegato con tutta la gente sparsa nel mondo. Fai delle vere e proprie gare e ti mantieni in forma. Diciamo sì, questo genere di videogiochi mi piacciono perché fai uno sforzo, non stai soltanto con un joypad in mano. Se collegato ad un’attività fisica mi va bene qualsiasi cosa!

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