15 Marzo 2020

Fabio Cannavaro: “La Cina ha sconfitto così il Coronavirus”

Fabio Cannavaro racconta come la Cina sia riuscita a sconfiggere l'epidemia di Coronavirus. "Bisogna agire da comunità, un popolo da ammirare".

Coronavirus a Wuhan

In Cina si contano appena 25 casi di Coronavirus nelle ultime 24 ore. L’emergenza sta rientrando e la vita a breve ripartirà nella totale normalità. A raccontare quanto avvenuto è un italiano d’eccezione da anni in Cina come allenatore del Guangzhou, Fabio Cannavaro: “Il coronavirus non risparmia nessuno in ogni angolo del pianeta, ma si può battere unendo le forze. Agendo da comunità“. L’ex difensore, campione del Mondo di calcio 2006,  è tornato in Cina due giorni fa. Sottoposto a tampone e a rilevazione della temperatura corporea è sottoposto a due settimane di quarantena. “Se hai un posto dove stare bene, altrimenti ti ospitano in alberghi attrezzati per garantire l’isolamento“. Guangzhou ha quasi 13 milioni di abitanti.

Fabio Cannavaro è tornato nella sua casa-residence di Guangzhou, tutto è organizzato nei minimi dettagli. “Sì, come mio fratello Paolo e il resto dello staff tecnico. Ognuno nel proprio appartamento. Ma non ci manca nulla – racconta a ‘La Gazzetta dello Sport’ -. C’è un servizio apposito da chiamare per avere a casa cibo e quello che può servirti di generi di prima necessità. Garantito con tutte le precauzioni previste dal protocollo, senza alcun contatto con l’esterno“. Non si tratta di privilegi garantiti ad un ex Pallone d’Oro, ma a tutti coloro che arrivano oggi in Cina. “Sono servizi organizzati dallo stato. Qui il virus lo hanno debellato, ma conoscendolo meglio di tutti hanno fatto esperienza sugli accorgimenti per evitare che ora rientri dall’estero. Perché oggi l’epicentro della pandemia è in Europa, non più qui“.

IL SENSO COMUNE CINESE

Dopo due mesi di rigide restrizioni la vita sta tornando alla normalità nel Paese asiatico. Ma in un regime di dittatura può rivelarsi più semplice. “Vero fino a un certo punto. Quello cinese è un grande popolo che dobbiamo ammirare. Un miliardo e mezzo di persone hanno capito come dovevano comportarsi per salvarsi“. Fabio è arrivato in Cina a gennaio, quando l’epidemia è esplosa a Wuhan. “Io dormivo allora nel nostro nuovo centro sportivo, ma a volte dovevo spostarmi per passare da casa. Appena uscito dal centro trovavo il primo controllo della temperatura. Poi imboccavo in macchina la tangenziale e altro controllo della temperatura, sull’autostrada non si pagavano pedaggi per evitare contatti col personale ai caselli. All’uscita, altro controllo. Poi arrivavo a casa e nel mio condominio trovavo degli addetti con degli scafandri che mi rimisuravano la temperatura. E tornando indietro stessi controlli“.

Questo quanto avveniva a Guangzhou, l’antica Canton, lontana mille chilometri dalla regione del focolaio. “E infatti da queste parti si sono registrati pochi casi. Quaranta giorni dopo, al mio ritorno, la vita è tornata a scorrere normale qui. La gente passeggia e sta nei locali serenamente“. Durante il viaggio ha riscontrato piccoli problemi a Dubai: “Qualcuno mi ha trattato come una sorta di appestato. A tutti rispondevo con la stessa domanda: io ho fatto tre tamponi di controllo ed esami del sangue, tu? Niente. E allora stammi lontano, perché sei pericoloso. Ma alla fine ci rido su e grido forte: Forza Cina e Italia! Grandi popoli. Uniti stiamo superando anche questa“.

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