30 Ottobre 2018

MotoGP: Piattaforma inerziale, la guerra dei mondi

Sulle MotoGP c'è lo stesso "cervello" dei missili balistici intercontinentali. Ecco perchè Honda e Ducati sono più avanti di tutti

Quello che può essere considerato come il “giallo” tecnologico di questo finale di stagione della MotoGP, ha origini remote. L’ultima stagione, la più esasperata, con le centraline “libere” è stata quella del 2015. L’elettronica proprietaria aveva raggiunto un tale livello di sofisticazione da venire considerata “adattiva”. In grado, cioè, di rispondere in tempo reale a una moltitudine di parametri acquisiti da una serie di sensori attivi e passivi sparsi per tutta la moto. Chi più ne sa, più ne ha.

ROBOT – Si diceva che Honda avesse sfruttato un travaso di tecnologia addirittura dalla propria divisione robotica, attingendo a know how preso a prestito dal robot “umanoide” Asimo. L’escalation verso un’esasperazione elettronica che avrebbe aumentato i costi ma non livellato la competitività, spaventò Dorna, che impose la rivoluzione copernicana: software unificato. Centralina identica per tutti uguale stop alle ECU proprietarie. Fine ai sensori GPS integrati che mappano ogni centimetro di pista, basta con la tecnologia adattiva, si torna alla materia grigia del pilota. Problema risolto?

MILITARE – Non proprio, perché Honda – si disse all’epoca -, dopo aver fatto la voce grossa lasciò “blindata”, cioè a sviluppo autonomo, la piattaforma inerziale. Asimo, insomma, non era del tutto sparito dalla RCV. Per capire cos’è, e a cosa serve, la piattaforma inerziale, occorre partire dalla tecnologia militare. Ancora meglio, missilistica: questi dispositivi nascono per consentire ai razzi balistici, una volta impostata una rotta, di seguirla. Servono a tenere conto di parametri quali velocità, variazione di quota, accelerazione e tutto quanto serva a non “perdersi”. In pratica: se non disponi di un GPS, per sapere dove sei e come stai procedendo, ti serve una piattaforma inerziale. Lo spiega bene un articolo di RED Live Mag a firma di Riccardo Codognesi. L’intervista al Customer Account Manager di Bosch che segue in particolare Ducati, è illuminante: «per rispondere invece alla domanda “che cos’è l’IMU” (Inertial Measurement Unit), è una combinazione di sensori MEMS (nel caso delle moto, 3 giroscopi e 3 accelerometri)…(Micro Electro-Mechanical Systems: sono sensori micrometrici, molto evoluti e che permettono di trasformare un input meccanico come la pressione, l’accelerazione o l’intensità del suono in un semplice impulso elettrico, quantificabile e misurabile da una centralina) che permette di conoscere la posizione del veicolo nello spazio».

IMU – Chiaro? Codognesi si spinge oltre: «GPS e IMU sono due cose completamente diverse. La IMU montata su un veicolo fornisce le accelerazioni lungo gli assi, quindi le tre accelerazioni X Y e Z (da cui si ricava anche la velocità istantanea con una formula matematica), e i tre angoli di rotazione sugli assi: piega, impennata e imbardata. Il GPS invece fa una cosa totalmente diversa: dice dove siamo localizzati nel globo terrestre rispetto a un riferimento, che di fatto è un satellite che ci sorvola». Peter Maclaren chiarisce il concetto in un articolo di luglio 2017, apparso su crash.net. Il giornalista inglese spiega che L’IMU dispone di un proprio “cervello” programmabile e di conseguenza il potenziale per trasmettere dati “elaborati” che possono influenzare il software unificato dell’ECU. Per suffragare queste affermazioni riporta l’opinione di Corrado Cecchinelli, il direttore tecnico della MotoGP: «le persone credono che l’IMU misuri solo l’angolo di inclinazione, ma questo non è vero: l’IMU misura la velocità angolare e poi attraverso un’integrazione matematica calcola l’angolo di piega, ma se, in questo calcolo, non esegui semplicemente un’integrazione del segnale ma fai una ‘elaborazione’ …Immagina se prendo la velocità angolare e la temperatura della gomma, le metto insieme e quindi lancio un angolo di inclinazione “elaborato”verso la ECU, che non è quindi l’angolo di inclinazione “reale”e cambia a seconda se il pneumatico è caldo o freddo. In questo modo ottengo un controllo di trazione che funziona in modo diverso dal tuo… Ciò sarebbe illegale, dal momento che il regolamento tecnico della MotoGP afferma: “L’uso del software ufficiale MotoGP ECU per il controllo del motore e dello chassis è obbligatorio per tutte le macchine e nessun altro motore e strategie di controllo del telaio possono essere utilizzate sulla macchina durante gli eventi di gara “».

LIMITAZIONI – La conclusione di Cecchinelli, da sempre favorevole a una piattaforma inerziale unica per tutti, è scontata: « è inevitabile programmare l’IMU per fare il suo lavoro, quindi non posso impedirti di connetterti al tuo IMU con il tuo PC…Ma poi non so cosa tu faccia realmente, c’è spazio per intervenire lì. L’IMU è in realtà un computer e poiché è collegato da una linea CAN potrebbe, in teoria e fuori dal nostro controllo – questo è chiaramente vietato – ricevere un numero di input che non è previsto e quindi “alterare” l’output». L’intervista è stata successivamente ripresa, sempre dallo stesso McLaren, a proposito del “segreto” contenuto nella famigerata “Salad Box” Ducati sul codone. Nell’appendice, secondo le ipotesi di Cecchinelli, si sarebbe potuta nascondere la piattaforma inerziale. Il manager Dorna in ogni caso auspicava il bando di ogni forma di dispositivo sia “attivo” che “semi-passivo”.

DIVIETO – Così è andata:dal prossimo anno vietato “alterare”. Piattaforma inerziale e centralina unificati, campionati perfetti. Già, ma adesso? In quest’ultimo scampolo di 2018, col titolo piloti già assegnato, la polemica scorre sottotraccia. L’elettronica Yamaha non va? No, piuttosto sono Ducati e Honda che sono  troppo avanti. Secondo voci che circolano nel paddock la IMU, lavorando in maniera “sinergica” con la ECU, agisce in modo da diventare un super “traction control”; tradotto: minore (o migliore) consumo delle gomme, meno spin, più accelerazione. L’azione della piattaforma inerziale diventa “predittiva”: anticipa, elabora, calcola e restituisce una previsione che la ECU poi interpreta come dato certo. Darwinismo digitale. La questione in Italia è stata rilanciata dalla trasmissione TV “Paddock” di Franco Bobbiese. In quella sede il giornalista Maurizio Bruscolini ha rivelato come Ducati stia attivamente sviluppando la piattaforma inerziale.

GRANDE GUERRA – Tra i “si dice” e i bisbigli si racconta che i piloti ufficiali Petrucci e Lorenzo siano stati utilizzati come “supertester” per implementare le novità in vista del 2019: i risultati non sarebbero stati, tuttavia, del tutto positivi. A ribadire il concetto di una grande guerra (tecnologica) in corso – questa volta dalla Spagna – è stato il sito motorlunews.com. Diego Lacave ha riportato una serie di considerazioni fatte a margine del GP di Aragon dall’ex pilota Ruben Xaus e da Dennis Noyes: «l’unità di misura inerziale, in linea di principio era solo un accessorio. Ma questo dispositivo è diventato…il super cervello che informa la centralina. E questo dispositivo non viene dalla Honda, o dalla Kawasaki o dalla Suzuki, bensì proviene dalle forze aeree di diversi paesi, compresi gli Stati Uniti. È una componente di un missile intercontinentale nucleare. Devi solo sapere una cosa: lo metti sulla moto e lui ti dice dove si trova. E da lì, se lo programmate bene, potete informare le unità di controllo su accelerazione, decelerazione, angolo di inclinazione, temperatura … Un sacco di cose. Corrado Cecchinelli, direttore tecnico ( mentre Noyes parlava Ruben Xaus in trasmissione ha ricordato che Cecchinelli, prima di occupare il posto di Direttore Tecnico della MotoGP, è stato ingegnere di Ducati Corse ) ha riconosciuto che con questo elemento non hai alcun modo per sapere se c’è un intervento oppure no e quindi non indovineremo mai se c’è un inganno… E il prossimo anno, questo dispositivo che costa duecentomila dollari e si può comprare in Israele o in Corea del Nord (perché gli Stati Uniti non lo vendono) sarà bandito».

ASIMO vs GIGI – Diego Lacave riporta un retroscena di cui è venuto a conoscenza ad Aragon, prima che il motomondiale partisse per le trasferte asiatiche: secondo il giornalista spagnolo ci sarebbe una forte tensione nel paddock; due blocchi contrapposti, Honda da una parte, Ducati dall’altra. La Casa dell’Ala dorata – è l’opinione riportata da Lacave – accuserebbe la Factory bolognese di barare: a Borgo Panigale, viceversa, respingerebbero al mittente tutte le insinuazioni. L’autodifesa Ducati è legata al fatto che il regolamento presenterebbe un “loop hole”, cioè una lacuna che si presta a interpretazioni in senso più ampio, e che in fondo ciò che stanno facendo in Italia non sarebbe diverso da  quello su cui lavorano anche Honda (e forse Suzuki). Lacave afferma che alla luce di questi fatti, le parole di Cal Crutchlow: «ora conosciamo la strategia della Ducati, facciamo due o tre giri veloci e poi rallentiamo. Non c’è nulla che tu possa fare al riguardo, è difficile superarli. Possono andare in 45.8, 45.7 e nel round successivo 46.5, è una grande differenza, non so perché lo facciano, ma questa è la loro strategia», assumano un nuovo significato. La vera incognita, a questo punto, sarà capire chi sarà il più svelto, tra Honda e Ducati, a modificare la moto per adattarla alla nuova elettronica unificata del 2019. Assisteremo a una sfida tra il robot Asimo e il sanguigno Dall’Igna? Difficile. Ma non impossibile.

Foto Credit: Bikerepublic.com

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3 commenti

  1. matteo_modena ha detto:

    Che articolone, vale almeno una ventina degli articoli di agenzia stampa!
    Anche se… la piattaforma inerziale non è più roba da trafficanti di armi da molti anni, volendo fare le cose semplici, si trovano a 20$ su aliexpress 🙂
    Chiaro che quello che conta veramente è lo sviluppo software (vedi situazione yamaha).
    Mi è meno chiaro, invece, questo passaggio: <> Che significato? Che ogni due giri veloci riprogrammano la centralina?

    Grazie.

  2. fabu ha detto:

    quello che dice Rossi da mesi, Honda e Ducati sono più avanti perché Yamaha si è fatta troppi scrupoli a barare. guarda caso lo spinning, male maggiore delle moto di Iwata, era un problema di cui si lamentava Lorenzo nel 2016 (per sua affermazione, quante gare avrebbe vinto con un controllo di trazione migliore), primo anno di ECU unica e di IMU modificabile da chi è sempre lesto ad aggirare le regole.