19 Febbraio 2022

Matteo Flamigni: 18 anni di byte per Rossi. “Ora provo a lanciare il Bez”

La nuova sfida di Matteo Flamigni, ex telemetrista di Valentino Rossi ed ora capotecnico di Marco Bezzecchi. La prima parte della nostra intervista

Matteo Flamini, MotoGP

Tantissimi anni accanto a Valentino Rossi, ora ecco la nuova ed emozionante sfida. Matteo Flamigni infatti affronta la stagione MotoGP 2022 accanto al rookie Marco Bezzecchi, nelle vesti di suo capotecnico. Un esordio anche per lui per il ruolo che adesso ricopre, nel debuttante Mooney VR46 Racing Team. Un primo contatto c’è stato con i test ufficiali conclusi recentemente, a breve si farà sul serio. Abbiamo avuto modo di parlargli per farci spiegare le sue nuove mansioni, ma c’è stato il tempo anche per un commento sul passaggio Yamaha-Ducati, sullo sviluppo e tanto altro. La prima parte della nostra intervista.

Come sono andati i test a Sepang ed al Mandalika? 

Considerando che Marco Bezzecchi è un rookie, ne farei un bilancio più che positivo. Una moto differente per nuova categoria, con tutto quello che ne consegue: dischi freno in carbonio, così come gomme, peso ed elettronica diversi, stesso discorso per la potenza ed il freno motore. C’erano tanti aspetti da conoscere ed approfondire, direi però che Marco si è approcciato nella maniera giusta, senza fretta. Ci siamo prefissati un lavoro di avvicinamento molto graduale, quindi siamo partiti senza esagerare nemmeno nel numero di giri giornalieri, visto che faceva molto caldo. C’era il rischio di stancarsi troppo e non concretizzare nel momento opportuno. In generale in questi otto giorni di prove abbiamo affrontato diversi aspetti e Marco ha capito quello che c’era bisogno di capire. Un lavoro finalizzato a Mandalika con la simulazione di gara, in cui ha capito anche il comportamento delle gomme sulla lunga distanza, con tutti i problemi che si potrebbero presentare in gara e quindi come gestirli. Oltre a tutto questo è stato anche molto veloce, un aspetto non trascurabile. 

A Mandalika poi c’era la pista come difficoltà in più. 

Posso dire che Marco è stato molto bravo a gestire anche questo. Pur avendo perso quasi una giornata di prove, siamo riusciti anche in quella situazione ad imparare qualcosa. Per noi l’importante in questo momento è fare tanti chilometri, girare il più possibile appunto per conoscere tutti i dettagli e le sfumature di questa nuova moto. 

Aggiungiamo il fatto che non è solo il tuo pilota ad essere un esordiente. 

È proprio l’anno del debuttante: un rookie team, un rookie pilota, un rookie capotecnico… Sono da tanti anni nell’ambiente ma sì, è il mio primo anno in questo ruolo e la cosa mi stimola tantissimo! Era qualcosa che avevo sempre desiderato fare, ovviamente non l’ho mai fatto perché sono sempre stato il telemetrista di Valentino, quindi mi sembrava giusto arrivare alla fine della sua carriera con quella mansione. 

Come sei arrivato a questo cambio di ruolo? 

Nel momento in cui Vale ha comunicato a tutti la sua decisione di smettere, essendo stato per 18 anni il suo telemetrista, difficilmente mi sarei visto in questo ruolo con un altro pilota. Sono un romantico: è stata talmente bella questa storia che non volevo riproporla con nessun altro, quindi doveva finire così. Allo stesso tempo ho iniziato a pensare quale poteva essere la situazione ideale per me per ritrovare quello stimolo e quella passione che mi ha sempre contraddistinto, e l’ho trovata con questa soluzione. Ho parlato con Uccio [Alessio Salucci, direttore sportivo di VR46, ndr] e gli ho detto che mi sarebbe piaciuto fare questa cosa, con un pilota giovane poi sarebbe stato il massimo perché unirei la passione ad un nuovo inizio, il prima Vale e dopo Vale. Avere un giovane da far crescere è molto stimolante, il meglio che mi potesse capitare. 

Puoi spiegarci la tua nuova mansione?

Anche prima svolgevo comunque un compito molto importante, più di quanto si pensi. L’elettronica oggigiorno ha assunto un ruolo invasivo sulla moto, è sufficiente sbagliare una mappa per perdere anche mezzo secondo a giro. Certamente poi in una squadra serve una figura che gestisca il tutto, ovvero il capotecnico. In questo senso il mio lavoro è cambiato: oltre a gestire la mia parte legata alla dinamica del veicolo in materia di sospensioni, geometrie e quant’altro, devo coordinare il lavoro dei meccanici. Oltre a far sì che l’elettronico segua le modifiche che io penso di fare alla moto. Ad esempio, è inutile fare prove di traction control nel momento in cui decido di cambiare il setting dell’ammortizzatore posteriore, oppure metto una gomma nuova. Il difficile è coordinare tutte le parti in gioco, è la parte più complicata ma è anche la più bella. 

Bisogna essere anche un po’ ‘psicologi’ in questo ruolo, giusto?

Posso dire che avere a che fare con delle mappature, dei numeri, è molto più semplice che aver a che fare con un gruppo di otto persone! Al di là dei numeri, bisogna capire le sfumature di ogni persona, senza andare ad innervosire od impermalosire nessuno. Tenere la squadra, ma dando a tutti il giusto riconoscimento e mostrando apprezzamento per il lavoro svolto. Tra l’altro, nonostante sia un team neonato, ho trovato dei meccanici super preparati, davvero bravissimi: nei test sono rimasto molto colpito dalla bravura dei ragazzi, una squadra giovane ma che gira già abbastanza bene. Ci vedo già molto forti, possiamo solo migliorare. Ma l’essenziale sarà non fare errori, o meglio ridurli al minimo. In un ambiente in cui tutto è tirato al limite l’errore è sempre dietro l’angolo anche nei team più blasonati. Mi accontenterei di fare un anno con pochissimi errori. 

Dopo tanti anni in Yamaha, il ritorno in Ducati. 

Nel biennio 2011-2012 avevo creato un bellissimo rapporto con i ragazzi Ducati. Tra l’altro gran parte di quegli ingegneri con cui ho lavorato sono tutt’ora lì. Ho ritrovato quindi un ambiente molto, molto familiare, oltre a rivedere persone con cui mi sentivo davvero in sintonia: i risultati sono mancati, ma quei due anni dal lato umano sono stati meravigliosi. Ho conosciuto ragazzi davvero in gamba, tutti mi hanno insegnato qualcosa e posso dire che ho ritrovato l’ambiente che avevo lasciato. È cambiata la gestione tecnica, non c’è più Preziosi ma l’ingegnere Dall’Igna, e sicuramente in questo momento la moto è più competitiva. Lo dimostra il fatto che più piloti vanno forte con quella moto, non come in passato con il solo Stoner.

Sicuramente è una situazione migliore, diversa, ma c’è una cosa che mi piace pensare da tecnico. In quegli anni Valentino si lamentava del fatto che fosse una moto molto particolare e difficile. Ad un certo punto chiese la realizzazione di un telaio, che in quel periodo Ducati non aveva: s’è creato così questo telaio, ci hanno lavorato, in quei due anni abbiamo fatto tantissime modifiche e prove. Abbiamo gettato le basi per una moto col telaio tradizionale e mi piace pensare che la Ducati di oggi sia in qualche modo figlia di quella rossa, sviluppata e migliorata anno dopo anno, oltre ad essere sempre più capita. In questi 10 anni Ducati ha fatto un grandissimo lavoro, lo dimostra il fatto che vanno tutti molto bene. Ma è una bella storia e mi piace crederci, magari tecnicamente è anche vero, alla fine il telaio è nato in quegli anni. 

Attualmente si dice che a livello di evoluzione, ad esempio in materia di aerodinamica o con l’abbassatore, si sta andando troppo oltre. Cosa ne pensi? 

Parlando da ingegnere posso dire che a me piace lo sviluppo, lo studio delle parti legate alla prestazione, comprendendo certo anche l’aerodinamica o l’abbassatore. Chiaramente il tutto è gestito dal regolamento esistente, se ti consente determinate operazioni sarebbe stupido non sfruttare queste possibilità. Alla fine queste migliorie hanno dimostrato di poter incrementare la prestazione in maniera notevole, con i tempi sul giro che si stanno abbassando anno dopo anno. Certo se un domani il regolamento diventasse più restringente, allora bisognerebbe fare i conti con le limitazioni che ci sono, ma al momento non sono contrario, anzi. Mi piace veder queste idee messe in pratica, a volte sono davvero intelligenti e molto furbe: chi le pensa e chi le realizza è veramente in gamba. 

Qui si conclude la prima parte dell’intervista, qui la seconda parte.

Foto: Milagro/VR46 Racing Team

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