20 Febbraio 2022

Matteo Flamigni parte 2: “Abbassatore Ducati? Scoprirete un po’ alla volta”

Matteo Flamigni e la sfida da capotecnico di Bezzecchi. Commentando le Ducati in griglia, i suoi modelli di riferimento e tanto altro. La seconda parte della nostra intervista.

Matteo Flamigni, MotoGP

Si avvicina l’inizio di una nuova ed intensa stagione MotoGP, nonché la nuova sfida di Matteo Flamigni. Telemetrista per tanti anni, ora è il capotecnico dell’esordiente Marco Bezzecchi in VR46 Racing Team. Prima di iniziare ufficialmente il campionato MotoGP 2022 abbiamo avuto modo di parlargli. Dopo la prima parte dell’intervista, ecco la continuazione, toccando temi come le differenze tra Yamaha e Ducati. Oppure le otto Rosse in griglia, le Desmosedici per quest’anno, i suoi ‘modelli di riferimento’ nelle sue nuove vesti. Ecco cosa ci ha raccontato.

Ci puoi dire qualcosa di più riguardo il nuovo abbassatore anteriore?

Se finora sono tutti rimasti sul vago c’è un motivo [risata]. Ma sarà interessante anche per voi scoprirlo un po’ alla volta in pista, guardando le immagini e le gare. Non voglio dire troppo, non aiutiamo la concorrenza! 

Si diceva sempre che la Yamaha è la moto più ‘semplice’ per i rookie. Gli ultimi anni però ci parlano di esordienti subito veloci sulla Ducati. 

Sembra sia così, è già capitato infatti di vedere i giovani rookie comportarsi subito molto, molto bene sulla Ducati. Penso a Martín, a Bastianini, ma anche Marini ha fatto una bella qualifica a Misano. Marco nei test invernali ha dimostrato in pochi giorni di poter arrivare già ad un ottimo livello di prestazione. Sicuramente quello che può accadere ad un esordiente con Yamaha è che certo troverà una moto telaisticamente molto facile, che gira rapidamente e fa le curve molto bene, magari deficitando un po’ di motore. Sicuramente però a livello di chassis è ottima, ‘facile’. Ma il problema secondo me è poi passare da Yamaha ad un’altra moto. In quel caso il passaggio può essere complicato, come hanno già dimostrato parecchi piloti in passato. Un giovane che passa da Yamaha a Ducati probabilmente paga lo scotto di questo telaio che non è così performante come quello giapponese. Abbiamo visto però che la moto è migliorata tantissimo e la differenza ora la si fa anche sui rettilinei, non più a centro curva. Al momento quindi penso che la moto per un esordiente possa davvero essere la Ducati.

Un bel cambiamento quindi. 

Da dire che personalmente ritengo sia meglio magari faticare un po’ di più all’inizio nell’adattamento su una moto più performante anche a livello di motore, piuttosto che entrare in curva fortissimo e poi essere sorpassato da una Ducati sul rettilineo. È anche piuttosto frustrante. Per riuscire poi a battagliare devi forzare molto le frenate per cercare di non farti superare, quindi serve esagerare in staccata. Questo però ti pone sempre di fronte al problema del front locking, o della scivolata, o della chiusura dello sterzo, o i freni che si surriscaldano. Ci sono mille implicazioni quando ti devi difendere in quel modo, invece è più facile superare il rettilineo senza grossi sforzi, se hai una moto che te lo permette. 

Quest’anno ci sono ben otto Ducati in griglia. Non sono troppe? 

A prima vista ti direi che, sportivamente parlando, ci sarebbe più omogeneità se ci fossero quattro moto per costruttore. Purtroppo per svariati motivi questo non è stato possibile e, se l’organizzatore ha accettato questa situazione, evidentemente ci saranno state le basi per poterlo fare. Certo appunto sarebbe meglio vedere più moto di marche differenti, ma per Ducati può essere positivo, nel senso che velocizza lo sviluppo. I piloti si danno la sveglia uno con l’altro, migliorano le prestazioni, e credo che Ducati sia stata furba ed intelligente, un po’ sfruttando le pieghe del regolamento. Avere otto moto in pista equivale ad avere 10 cavalli in più nel motore, è quel valore aggiunto che ti permette di correggere gli errori in maniera rapidissima. A livello di campionato… Se andassimo davvero ad infastidire i pretendenti al titolo io ed il mio pilota saremmo le persone più felici del mondo! Nell’eventualità, probabilmente da metà campionato in poi ci sarebbero ordini di scuderia, come successo in passato. Ma evidentemente è un rischio che Ducati può permettersi di correre. 

Otto piloti con due versioni della Desmosedici. Almeno all’inizio, potremmo avere maggiori sorprese dai piloti con la ‘vecchia’ moto? 

In genere una moto completamente nuova ha bisogno di più tempo per essere portata al limite rispetto ad una con un anno, ed anche di più, di vita. Anche a livello di affidabilità la nostra moto dà sicuramente più garanzie. Ho visto però che, dopo qualche intoppo iniziale, le D16 ufficiali hanno iniziato a correre davvero molto forte, mostrando un grandissimo potenziale. Il valore dei piloti poi è fuori discussione, sono tutti veloci. Vedremo, speriamo di fare delle belle gare e di farci vedere anche in top ten, o pure più su, chissà. 

A che punto è il tuo pilota in questo momento?

Abbiamo fatto una sola simulazione di gara e ha elencato tantissime cose su cui bisogna lavorare. Chiaramente in Qatar non mi aspetto una gara al vertice, in ogni corsa ci saranno molte cose da imparare, ma mi aspetto un Marco con tanta voglia di imparare, curioso, determinato a migliorarsi ad ogni GP. Penso che da metà campionato in poi possiamo essere anche noi nel gruppo dei primi 10, o top 5, perché no! Mi piace sognare, ma certo coi piedi per terra: la categoria è molto difficile e lo dimostra il fatto che anche a Mandalika i primi 20 piloti erano racchiusi in 8 decimi. È un livello altissimo, basta un nulla per trovarsi fuori dalla Q2 od essere 20°. Ma anche per essere decimi, quindi servirà anche un momento fortunato o le circostanze favorevoli per sfruttare il potenziale di moto, pilota e squadra. 

Con anche il capotecnico al suo esordio. 

È stato bello debuttare così nei test. C’è un po’ di tensione, ma sono prove e sappiamo tutti che sono fatte per capire, migliorare, prendere coscienza della situazione e capire come muoversi senza fare troppi errori. La pressione non è altissima, mentre in Qatar sicuramente sarà più stressante. Siamo consapevoli però del fatto che Marco è un esordiente, io anche e la squadra pure. Un primo giorno di scuola per tutti, come già aveva fatto vedere Marco nei test col casco ‘Motoscuola’ e la P di principiante. Per quanto mi riguarda, ho lavorato con dei bravissimi capitecnici in passato: ho iniziato con Fabrizio Cecchini in Gresini nel ’98, poi Fiorenzo Fanali, che aveva lavorato con Agostini. C’è stato Jeremy Burgess, poi Galbusera, ho seguito anche Muñoz negli ultimi due anni con Vale.

Lavorando accanto a loro, ho sempre cercato di prendere le loro peculiarità. Quando mi si pone un problema, faccio sempre delle valutazioni del tipo “Ma qui Burgess cos’avrebbe fatto?” Oppure “Qui Fanali cos’avrebbe fatto? E Muñoz? E Cecchini cosa farebbe?” Il telemetrista alla fine è accanto al capotecnico, segue tutto quello che fa. Ho avuto la fortuna di lavorare con bravissimi capitecnici, oltre all’intelligenza di carpire i loro segreti. Ora li sto usando tutti, li ho amalgamati e ho il “pacchetto Flamigni” pronto per esplodere. Da dire che già da qualche anno ho un approccio non solo elettronico: io pensavo una cosa, poi guardavo il capotecnico ed il 95% delle volte c’era sintonia. È stata anche un po’ quella la molla che mi ha fatto decidere di provarci. 

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Foto: Milagro/VR46 Racing Team

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