19 Maggio 2022

Moto3: Stefano Nepa non molla “KTM da capire, rimetteremo le cose a posto”

Stefano Nepa era uno dei più attesi in Moto3, ma le novità KTM lo hanno disorientato. "Ma lavoriamo duro, MTA è una squadra fantastica: arriveremo dove vogliamo essere"

stefano nepa, moto3

Quinta stagione nel Mondiale Moto3, la terza completa. Stefano Nepa quest’anno è in azione con l’esordiente Angeluss MTA Racing, squadra guidata dall’ex pilota Alessandro Tonucci. Il passaggio ad un team italiano per continuare la sua crescita a livello internazionale, in una categoria in cui è sempre più difficile fare la differenza. Il pilota abruzzese non nasconde qualche difficoltà tecnica in queste prime gare, ma è sempre al lavoro con rinnovata energia, a caccia di risultati importanti sia per se stesso che per la squadra. Il prossimo round è in casa al Mugello, non mancherà l’emozione ma ci sarà certo anche la voglia di fare davvero bene su un circuito sempre speciale. Ecco cosa ci ha raccontato dopo i primi sette GP del 2022.

Come valuti questo tuo inizio di stagione?

Non sono molto soddisfatto perché senza dubbio le aspettative erano diverse, considerato quanto dimostrato lo scorso anno e in modo particolare nell’ultima parte della stagione. Purtroppo ogni anno è diverso e riconfermarsi non è mai scontato visto il livello così alto. Devi essere al 110% e se manca solo un piccolo dettaglio, poi fai i conti in pista con il cronometro e gli avversari. Non ho mai nascosto le mie difficoltà da inizio stagione. Ho lasciato a novembre una KTM molto performante e l’ho ritrovata a febbraio profondamente diversa. Alcuni aggiornamenti che hanno fatto non li ho digeriti, purtroppo adesso devo conviverci e modificare il mio stile se voglio tornare ad andar forte. Ci sto provando e il team mi sta aiutando dandomi grande fiducia. Vogliamo entrambi tornare a lottare per le prime posizioni perché abbiamo dimostrato di essere in grado e possiamo farlo.

Come ti trovi con il team MTA? 

La squadra è fantastica, lo scorso anno ci siamo cercati e voluti, è stata una partnership condivisa da entrambi. A livello umano penso sia uno dei migliori team in assoluto e poi dopo tanti anni sempre con squadre spagnole avevo bisogno di stare con un team italiano. Il clima dentro il box è ottimo ed Alessandro è una persona speciale, ha corso fino a pochi anni fa e quindi sa perfettamente cosa prova un pilota quando sale sopra una moto. Adesso serve solo qualche buon risultato per alleviare la pressione che tutti noi abbiamo. Un inizio stagione molto complicato con tante sfortune ma stiamo lavorando duramente per rimettere a posto le cose.

C’è qualcosa in particolare che non sta funzionando rispetto a quello che ti aspettavi?

Il discorso è un po’ diverso. Tutto parte dalla percezione che le persone hanno dall’esterno, esclusivamente legata alla classifica. Quando vedono un pilota un po’ indietro tutti pensano che sia in difficoltà e che qualcosa non stia funzionando. In realtà la percezione che abbiamo noi piloti da dentro è ben diversa. Pensiamo a far bene il nostro lavoro e quando scendiamo in pista andiamo sempre oltre il limite. Inoltre sappiamo bene perché la classifica è scritta in un modo oppure in un altro, perché sappiamo benissimo cosa sta succedendo. Purtroppo quando le gare si vincono o si perdono per pochi decimi, e quando 30 piloti sono tutti molto competitivi, un piccolo dettaglio potrebbe fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, tra il fango o la gloria.

Al momento cosa ti manca per arrivare a lottare nelle zone alte? 

Trovare una moto profondamente diversa da quello dello scorso anno mi ha destabilizzato. Durante i test i miei avversari erano già a posto ed io no. Gli altri entrano in FP1 e cominciano a lavorare per la domenica, io sto ancora facendo esperimenti e prove che a volte funzionano, altre no. È solo una questione di tempo ma sto arrivando. Lo dimostra il fatto che, nonostante abbia problemi, sono un pilota che continua a lavorare da solo, senza scie e senza riferimenti. Perché voglio tornare ad essere veloce senza l’aiuto di nessuno, solo in quel momento avrò la consapevolezza di essere tornato ai miei livelli.

Quant’è difficile emergere nella Moto3 attuale? Secondo te per un motivo in particolare? 

La Moto3 è una categoria molto difficile. Devi essere veloce, ma allo stesso tempo scaltro, furbo, aggressivo, tante cose messe insieme. Non basta essere un bravo pilota, serve molto di più.

Sei nel Mondiale da cinque anni, è il tuo terzo anno a tempo pieno. Su quale aspetto sei cresciuto maggiormente e su quale invece devi ancora lavorare? 

I due anni di Covid da una parte sono stati molto negativi, dall’altra mi hanno dato moltissimo. Ho dovuto affrontare sfide e situazioni diverse rispetto al passato. Viaggio da tre anni solo, ho imparato a gestirmi dentro e fuori dai circuiti. Ho un buon metodo di lavoro con i miei tecnici. Penso di aver trovato un buon compromesso con tutto, quel giusto equilibrio che ti fa fare il salto di qualità ma purtroppo a volte non basta.

Hai già conosciuto due nuovi circuiti quest’anno, quali sono le tue impressioni? 

Per un pilota del mondiale, i nuovi circuiti non rappresentano più un problema. Dopo 3-4 giri se sei a posto vai forte a prescindere. Comunque sì, sia Mandalika che Termas sono due circuiti interessanti e divertenti.

Ti abbiamo visto anche nel ruolo di “coach” assieme ai ragazzini JuniorGP. Com’è essere il pilota esperto che dà consigli ai piloti più piccoli? 

È bello, però mi fa pensare che il tempo passa velocemente.

Dopo due anni difficili, meno restrizioni ed il ritorno del pubblico sugli spalti. Com’è questa ‘maggiore normalità’? 

È tutto molto strano. Dopo due anni ci siamo abituati al silenzio, la tranquillità, poco traffico per andare in circuito, poche persone nel paddock, ed ora invece di nuovo tutto diverso. Sicuramente mi fa piacere, il pubblico è qualcosa di emozionante. Fa però un po’ strano, dobbiamo abituarci di nuovo alla nuova normalità.

C’è una pista in particolare sulla quale non vedi l’ora di correre di nuovo?

Philip Island senza dubbio. Una delle mie preferite in assoluto. E poi Mugello.

Il prossimo GP appunto è in Italia. Cosa significa il Mugello per un pilota italiano? 

Il Mugello ha un’atmosfera speciale per tutti i piloti, figuriamoci per noi italiani. È il circuito dove sono cresciuto al CIV quando ero poco più di un bambino. Al Mugello ho vinto il mio titolo in PreMoto3 quando avevo 12 anni. Tornarci da pilota del mondiale e correre il GP d’Italia è sicuramente una grande emozione.

Quali sono le sensazioni e le aspettative verso la prima tappa di casa del 2022? 

Provi a far finta che sia un weekend normale come tanti altri, ma in realtà non è così. Il GP in Italia lo senti in modo differente. Cercherò di restare tranquillo e viverlo nel modo migliore, magari portando a casa un buon risultato.

Quali sono i tuoi obiettivi per il resto del campionato? 

Un pilota parte sempre con l’obiettivo più ambizioso. Vincere e divertirsi. Spero soltanto di risolvere i miei piccoli problemi tecnici al più presto e tornare a guidare bene. Per regalare a me e a tutto il team i buoni risultati che meritiamo.

Foto: Facebook

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