24 Maggio 2022

MotoAmerica, Petrucci non basta: c’è tanto da lavorare

Quanto accaduto a Danilo Petrucci nel MotoAmerica al VIR solleva alcune criticità della serie: serve un intervento tempestivo.

MotoAmerica, Petrucci non basta: c'è tanto da lavorare

Il motociclismo americano è un mondo a parte. Vero, verissimo, ma non per questo ha la facoltà di non dover stare al passo con i tempi. Quanto accaduto domenica a Danilo Petrucci al VIR, con annessa (legittima) denuncia inerente le criticità organizzative e gli standard di sicurezza del MotoAmerica, rappresenta (ahinoi) soltanto l’ultimo episodio in ordine di tempo. L’ennesima prova offerta dai fatti di una situazione, su alcuni aspetti organizzativi e sportivi, insostenibile, che necessita un tempestivo intervento.

LA DENUNCIA DI PETRUCCI

Andiamo con ordine. In due dei tre round finora disputati dal MotoAmerica Superbike 2022, Danilo Petrucci ha vissuto in prima persona la situazione del motociclismo al di là dell’Atlantico. A Road Atlanta con quel clamoroso blackout elettrico a pochi istanti dalla ripartenza di Gara 2. Peggio eccome gli è andata domenica scorsa ad Alton, Virginia. In lotta con Mathew Scholtz per la seconda posizione nella concitata volata finale, suo malgrado è stato spinto fuori pista in pieno curvilineo dei box, con conseguente (spaventoso) schianto a 280 km/h. Tralasciando (si fa per dire…) la carambola, il ternano ha avuto tutte le ragioni di questo mondo per puntare il dito nei confronti di chi di dovere. Una volta finito rovinosamente a terra, nessuno (per davvero…) si è preoccupato del suo stato di salute. Un commissario, un medico, niente di niente. Soccorsi zero. Con le proprie gambe, dolorante e claudicante, si è dovuto recare in proprio al medical center del VIR per tutte le cure e gli accertamenti del caso.

EPISODIO GRAVISSIMO

Oggettivamente, questo è un episodio gravissimo. Si può discutere dinamica (non suffragata da riprese televisive) e l’opportunità di correre nel 2022 su determinate piste (se ne può parlare), ma non la totale assenza di soccorsi. L’accusa di Petrucci non soltanto è legittima, ma si pone su elementi fuori discussione. Chi segue il MotoAmerica da diversi anni, conosce bene la situazione. Questi episodi, purtroppo, si ripresentano ciclicamente.

UN ALTRO MONDO

Nel 2015 Wayne Rainey ed il suo staff, con la benedizione e sotto l’ombrello Dorna, hanno preso in gestione le competizioni AMA Pro Road Racing. Nuova denominazione ed immagine sotto le insegne MotoAmerica, con l’intento di far rifiorire il motociclismo d’oltreoceano. Va detto: alcuni importanti traguardi sono stati raggiunti. Garrett Gerloff (World Superbike) e Cameron Beaubier (Moto2) sono al Mondiale anche per merito di questo intento iniziale e, scontato dirlo, dei buoni uffici con Dorna. Alcune categorie (Twins Cup e l’entusiasmante King of the Baggers) sono state azzeccate, riuscite e di successo. Il MotoAmerica ha trovato inoltre una copertura televisiva di prim’ordine, offrendo un servizio di live streaming (in abbonamento) MotoAmerica Live+ che funziona. Tuttavia, su aspetti ben più importanti e di vitale importanza, si è ancora fermi al passato.

LA CRISI DEL MOTOCICLISMO D’OLTREOCEANO

Parlando della Superbike, il MotoAmerica ha sofferto e non ha potuto reagire alla crisi. Ha ritrovato Ducati e, quest’anno, un grande nome come Danilo Petrucci, ma nelle stagioni precedenti ha perso in un sol colpo Graves (rimpiazzata in Yamaha da Attack Performance) e, peggio ancora, Yoshimura, con le Suzuki ora gestite privatamente dal Team Hammer. “Yoshi“, che adesso sta un po’ alla finestra (con Westby Yamaha, da Laguna Seca con una R7 sviluppata in proprio per la Twins), resta un’assenza di peso, che ha lasciato il MotoAmerica non ritenendola più interessante. Inseguire le case, come fatto dalla pregressa fallimentare gestione DMG, non è la via, ma d’altro canto non è tutto oro ciò che luccica.

SICUREZZA

Le problematiche che richiedono un intervento tempestivo ed opportune contromisure sono quelle denunciate da Petrucci: sicurezza e organizzazione. Sul primo punto, bisogna scindere due aspetti. Vero: i circuiti (perlopiù, oggettivamente, pericolosi) sono questi. Da sempre, ma non per questo… “per sempre“. Sulla sicurezza attiva e passiva, non è stato fatto alcunché. Ripeschi i filmati del VIR 2004 quando ci aveva corso Lorenzo Lanzi, non vi sono distinzioni rispetto a quanto visto lo scorso weekend. Nessuna modifica, nessun intervento per migliorare la sicurezza passiva. In tal senso, il BSB fa scuola: vi sono circuiti mai nella vita di grado A di omologazione FIM, ma MSV ha lavorato eccome in tal senso. Protezioni, airfence, studio minuzioso per prevenire eventuali criticità. Chiaro: MotorSportVision ha un interesse nel far sì che i circuiti d’oltremanica (gestiti o di loro proprietà) siano il più sicuri, accomodanti e funzionali possibile. Ma non per questo nel MotoAmerica questa voce sia stata più omessa.

ORGANIZZAZIONE

Se in termini di standard di sicurezza dei tracciati americani se ne può parlare per ore, la disamina su problematiche organizzative è questione di pochi istanti. Perché nel MotoAmerica, come nel già menzionato BSB (con Racesafe), non vi è un personale medico al lavoro in ogni round? Perché Danilo Petrucci (ma non è stato l’unico nel weekend…) non è stato soccorso tempestivamente? Dov’era l’ambulanza? L’America è la terra delle opportunità: il MotoAmerica, una grandissima opportunità per il motociclismo americano. Quanto accaduto al VIR, un’opportunità per intervenire in tempo. Prima che non sia troppo tardi…

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