3 Novembre 2020

ESCLUSIVA Yari Montella Campione CEV Moto2: “La luce dopo anni di buio”

Yari Montella festeggia un 2020 trionfale, concluso col titolo europeo Moto2. Dopo anni difficili, un successo fondamentale... con vista mondiale?

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Yari Montella ha chiuso il suo 2020 da Campione Europeo Moto2. Un successo arrivato grazie al dominio assoluto mostrato nella prima parte di stagione, con solo alcune ‘pecche’ nelle ultime gare. Nello specifico, parliamo di un unico errore che ha portato uno zero, altrimenti i suoi risultati peggiori sono dei secondi posti. A questo aggiungiamo pole position e giri veloci in gara, a sancire ancora di più lo strapotere del pilota salernitano. Un “talento nascosto” (questo il nome del premio datogli dalla sua provincia dopo il titolo SP 4T nel CIV 2014) che si è rimesso in gioco dopo quattro anni difficili in Moto3, passando alla Moto2 con Team Ciatti-Speed Up, ritrovando carica e motivazione. E non ha intenzione di fermarsi qui…

Prime sensazioni una volta tagliato il traguardo da campione?
A dire la verità ero quasi un po’ ‘nervoso’ perché non ero riuscito a vincere la gara. Questo perché purtroppo ci è toccata una gomma difettosa che ci ha costretto a rinunciare alla vittoria. Ripensandoci dopo però mi sono tranquillizzato, ma ero quasi più contento del successo in Gara 2 che della vittoria del campionato il giorno prima!

Chiudi con un ultimo successo una stagione che ti ha visto dominatore nel CEV Moto2.
Un’annata molto positiva, siamo stati competitivi su tutte le piste ed in tutte le condizioni. Forse ad Aragón abbiamo avuto qualche problema in più del solito, ma alla fine abbiamo portato a casa un secondo posto ed una vittoria, probabilmente la più importante dell’anno. Siamo poi arrivati a Valencia belli carichi, con la voglia di chiudere il più presto possibile il campionato.

Ci sei riuscito proprio alla prima gara utile.
Era il nostro obiettivo. Forse avremmo potuto chiuderlo anche ad Aragón… Ma siamo andati un po’ più avanti. A Valencia però ero abbastanza “tranquillo”: Tuuli aveva fatto la pole, ma ci eravamo accorti che come ritmo non era così veloce. Certo nelle gare non si sa mai, ma c’erano più possibilità di vincerlo subito.

Cosa significa per te questo titolo?
È una motivazione extra. Ho vinto l’ultimo titolo italiano nel 2014, quindi ben sei anni fa [SP 4T nel CIV, ndr]. Sono seguiti quattro anni di buio, poi nel 2019 abbiamo iniziato a vedere la luce. Per tutti noi aver vinto quest’anno è stato fondamentale, importante anche per il mio futuro. Sto dando una certa continuità a quello che sto facendo.

Un titolo con dedica speciale al nonno [che ha compiuto gli anni proprio sabato, ndr].
Andava fatta! È un tipo particolare, a queste cose ci tiene molto. Ora che l’ho reso pubblico è gasato all’ennesima potenza! Se lo meritava anche lui questo regalo.

Ti aspettavi una stagione così da parte tua?
Mi aspettavo di essere competitivo, avevo dimostrato di essere veloce già nel primo anno. Funziono un po’ così: il secondo anno in ogni caso va sempre meglio. Non mi aspettavo però di andare così, anche perché pensavo che crescessero molto gli altri, quindi tutto sarebbe stato più difficile. Certo non è stato facile, ma in alcune piste, le prime soprattutto, siamo stati nettamente superiori agli altri. Sei vittorie in sei gare con grande distacco… Ne avevamo davvero di più.

Quali consideri come la gara migliore e la peggiore?
La peggiore direi lo zero in Gara 2 ad Aragón, un risultato inaspettato. Sono caduto per una cazzata nel warm up lap… La più bella forse l’ultima a Valencia. Avevo come avversario diretto Aegerter, certo non l’ultimo arrivato ma anzi di grande esperienza. È stato bello batterlo sulla pista sulla quale è salito sul podio nel Mondiale. Ma aggiungo anche una gara importante: l’ultima ad Aragón, quando ho passato Tuuli all’ultima curva. Era una vittoria necessaria in ottica campionato: senza di quella saremmo arrivati con un vantaggio di 13 punti invece che di 23!

C’è invece rammarico per qualcosa che poteva riuscire meglio e non è andata come volevi?
Dico il primo secondo posto dell’anno, arrivato in Gara 1 ad Aragón. In quell’occasione abbiamo giocato una carta sbagliata: ho scelto personalmente una gomma più dura degli altri. Non dico che si è rivelata errata, ma non è stata nemmeno la perfezione: ci ha “costretti” a portare a casa un secondo posto. In generale però direi proprio il weekend ad Aragón, quello più tosto per noi: mi è dispiaciuto, non ho trovato la strada giusta. Certo è anche vero che era impossibile essere sempre al 100% su sei circuiti diversi. Non siamo però mai riusciti a trovare quel qualcosa per esprimermi al meglio, come invece era successo sulle altre piste.

È stata anche una questione di feeling con il tracciato?
Personalmente non ho circuiti preferiti: sono abbastanza camaleontico, nel senso che mi adatto facilmente alla pista che incontro. È più una questione di adattamento alla moto.

È cambiato qualcosa in questo periodo, con un occhio magari maggiore all’emergenza sanitaria?
Nel paddock sono rimaste le stesse regole, semmai c’è maggiore attenzione da parte nostra soprattutto negli spostamenti, tra aeroporti, viaggi in macchina, cercare di non stare a contatto con gente che non conosco… Quello sì è cambiato. C’è stata più accortezza da parte di tutti noi del team ‘fuori’, poi una volta in pista pensi solo al campionato. Nel CEV c’è anche un’organizzazione un po’ diversa rispetto al Mondiale: ci facevamo noi i tamponi per scrupolo, ma non è obbligatorio.

Adesso che è finita la stagione cosa farai?
Penso che mi prenderò più o meno una settimana di pausa, poi ricomincerò ad allenarmi per farmi trovare pronto fisicamente per la prossima stagione.

Per quanto riguarda il tuo futuro, puoi dirci qualcosa?
Diciamo che ci sarà un annuncio ufficiale a breve. Manca ancora qualche dettaglio da sistemare, ma ormai ci siamo quasi. Sicuramente sarà un futuro positivo, al momento però non posso dire di più.

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