7 Luglio 2023

Loris Reggiani grande ex: “Poveri piloti di oggi, fanno una vita da piangere”

Loris Reggiani ci spiega ha smesso di fare il commentatore televisivo "Non mi interessa, ti pagano bene per dire banalità"

Loris Reggiani

Troppo appassionato, troppo vero per il motociclismo di oggi. Loris Reggiani è stato uno tra i piloti più amati in assoluto. Aveva conquistato il cuore della gente con il suo talento ma anche con la sua immensa carica di umanità. Loris Reggiani è lontano dal motociclismo stereotipato, dal politically-correct, dagli eventi per gli sponsor ed i media e dallo show. Spettacolo sì ma in pista tra piloti che se ne danno di santa ragione e non al media-event in cui fanno finta di divertirsi in bicicletta mentre non vedono l’ora di andare al box a parlare con i meccanici. “Reggio” è estremamente genuino, ha una carica di umanità di cui si sente spesso la mancanza. Nella prima parte dell’intervista a Corsedimoto avevamo ripercorso alcune tappe della sua vita (leggi qui), ora approfondiamo alcuni temi specifici.

Loris Reggiani, perché hai smesso di fare il commentatore televisivo?

Se ne sono dette tante, l’ho fatto per dieci anni ed alla fine la fatica superava di gran lunga il gusto. E’ un lavoro stupido, perché spesso si dicono delle gran banalità, che richiede poca fatica e consente di guadagnare bene senza sforzi. E’ un lavoro che considero veramente poco interessante. Si prendono tanti aerei, si vedono sempre le solite mille persone e gli stessi posti perché si trascorre tutto il tempo dentro il paddock. E’ vero, si cambiano le nazioni ma si rimane lì per il week-end, lo stretto indispensabile. Non c’è mai il tempo di conoscere le altre culture e visitare bene le città. E’ come se si rimanesse chiusi per alcuni giorni in uno stesso paese che però si sposta da una nazione all’altra. In più il modo di fare le telecronache non mi piaceva più come all’inizio e non è migliorato, anzi. Più si va avanti peggio è”.

Sono cambiate tanto le telecronache ma non solo, anche la vita stessa dei piloti?

“Seguo le gare da casa, m’immedesimo spesso nei piloti e mi viene da piangere per loro. Viene fatto tutto nel nome dello spettacolo, dei soldi, il Motomondiale sta diventando sempre più simile alla Formula 1. Raddoppiano le gare, s’introducono le sprint race, si prendono delle decisioni sulla pelle dei piloti senza coinvolgerli minimamente. Loro devono subire e basta. Ora i ragazzi, anche giovanissimi, devono essere tutti dei professionisti e viene a meno l’entusiasmo, la passione, lo slancio di un tempo“.

I piloti vorrebbero fare tutt’altro?

Un pilota in realtà vuole solo andare in moto, dare il gas, e dentro di sé se ne frega di tutto il resto. Correrebbe anche gratis, lo fa per passione. Quando inizia non lo fa certo pensando di arrivare a guadagnare chissà che cifre, non gli interessano gli sponsor. Invece ora i ragazzi devono andare in circuito già il giovedì vestiti di tutto punto, essere a disposizione per le televisioni che devono creare contenuti per riempire. Devono partecipare gli eventi istituzionali e fare quello che gli dicono di fare da sopra. Sono tutti uguali ed uniformati. E’ pazzesco. Il motociclismo dovrebbe essere passione non queste cose, questo è business ma ormai va così”.

Il Mondiale 2023, nel complesso, riesce ad appassionarti?

Le gare di oggi mi piacciono abbastanza, c’è lo strapotere Ducati e bravi loro. Ovviamente sarebbe più bello vedere più battaglie tra costruttori diversi. In teoria dovrebbe contare per un cinquanta per cento la moto e per un altro cinquanta per cento il pilota invece non è assolutamente così. Oggi conta molto di più la moto e non è troppo bello, non si riescono a vedere tutti i reali valori in campo. Però ci sono anche gare interessanti e belle da guadare”.

Foto MotoGP.com

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