2 Novembre 2023

Superbike: Andrea Iannone, dov’eravamo rimasti?

L'ex MotoGP è ripartito a razzo dopo quattro anni di stop. Comunque vada, sarà una storia bellissima da raccontare

Andrea Iannone, Superbike

La Superbike di oggi non ha niente da invidiare a quando correvano Fogarty, Russell, Bayliss e Falappa. Piloti, moto, prestazioni: è tutto di altissimo livello, forse meglio di una volta. Però mancava il personaggio capace di coinvolgere un pubblico più ampio dei semplici appassionati, un carattere controverso, divisivo, magnetico. Fra i colossi di un tempo solo Carl Fogarty, un talento da quattro titoli Mondiali e 59 vittorie, ha avuto quest’ampiezza. In pista era velocissimo e terribilmente spietato, ogni volta che serviva. E’ diventato l’erede di Barry Sheene e uno degli sportivi più amati del Regno Unito non solo perchè vinceva a raffica, ma per il suo lato oscuro. Foggy veniva da una famiglia di motociclisti ma aveva passato un’adolescenza molto dura nei bassifondi di Blackburn, bazzicando ambienti poco raccomandabili. Il rischio e la velocità erano stati la sua redazione.

Una storia da raccontare

Andrea Iannone è la storia che mancava alla Superbike di oggi. Il suo ritorno dopo quattro anni di stop per doping ha fatto scalpore fin da quando sono cominciate ad uscire indiscrezioni sulla sua volontà di rimettersi in gioco. E sono bastate due mezze giornate di test a Jerez per far schizzare l’interesse ben sopra i soliti livelli di questo campionato amatissimo dagli appassionati, ma uscito dalla sua nicchia soltanto nell’epoca di Max Biaggi, due volte Mondiale nel 2010 e 2012. L’ex MotoGP è andato molto forte, subito. Ma per adesso la prestazione passa in secondo piano. La certezza è che, comunque vada, per la Superbike questo ritorno sarà un successo clamoroso. Il ritorno di Biaggi, nel 2007 dopo un anno sabbatico, venne spinto, preparato, e gestito ai massimi livelli del promoter di allora, cioè Maurizio Flammini. Fu, per certi versi, un’operazione di marketing sportivo: la Superbike puntava sul pilota messo all’angolo dalla MotoGP, convinta che ci avrebbero guadagnato tutti. E così andò.

Il ritorno silenzioso

Andrea Iannone invece ha fatto tutto da solo. Per necessità, anzi per obbligo, non ha potuto neanche urlare al mondo che tornava. Biaggi ripartiva in pompa magna con la Suzuki Alstare dell’istrionico Francesco Batta, il team più ricco e glamour del paddock. Iannone si farà bastare Go Eleven, una struttura di alto livello, ma impastata di passione e sudore. Il patron Gianni Ramello dopo la gara indossa i guanti da lavoro e aiuta i ragazzi a smontare l’hospitality.

Facciamola facile

Sgombriamo il campo da tutte le dietrologie sulla squalifica: la bistecca di Sepang, il test del capello, i processi, i misteri. Forse, fra tanti anni, sapremo come sono andate davvero le cose. Ma per adesso facciamo che Andrea Iannone sia stato davvero colpevole. Sbagliare è umano, è successo a tantissimi campioni di una miriade di sport. Per restare nel nostro mondo, la Superbike, ne abbiamo conosciuti di ragazzi complicati: Russell, Gobert, West, solo per citarne qualcuno. Che abbia sbagliato o meno, Iannone ha pagato carissimo, ben più di altri. Quattro anni di squalifica per un pilota alla soglia dei 30 anni sono un’ergastolo sportivo. L’afflizione della pena, come dicono i penalisti, nel suo caso è stata pesantissima. Pensate solo all’aspetto economico: nell’ultimo anno di attività, il 2019 con Aprilia, Iannone aveva un ingaggio da 5 milioni €.

Sono ancora vivo

Andrea Iannone non piace a tutti, anche se tutti ne parlano. E’ uno sportivo di talento, ricco, famoso e ha avuto storie con donne da sogno. Il successo è desiderio e maledizione, funziona sempre così. Poteva cambiare vita, dire addio alle moto, alle corse, dedicarsi agli affari, come pare gli riesca molto bene. Invece la sua nemesi era tornare a correre. Sporcarsi le mani, sudare, rischiare tutto. Quattro anni (anzi quasi cinque, come precisa lui) sono lunghi. “Ma non ho smesso mai di sentirmi pilota”. Immaginate quanta rabbia, determinazione, passione e amore ci voglia. A Jerez, uscendo per la prima volta dalla corsia box con Ducati Superbike, forse avrà pensato soltanto alla prossima curva. Ma a noi è tornata in mente la scena di “Papillon”, quel salto giù dalla scogliera dopo anni in una prigione da incubo, quando Steve Mc Queen urla “Maledetti bastardi, sono ancora vivo.” Ora lasciatelo correre.

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