12 Febbraio 2023

Moto3, Alessandro Tonucci carica Nepa e Ortola: “Ci manca solo un passo”

Alessandro Tonucci si aspetta di più nel 2023 per il suo team MTA. Il recupero di Nepa, la crescita di Ortola e tanto altro: l'intervista.

alessandro tonucci, moto3

In archivio la prima stagione mondiale del team MTA, come andrà il 2023? Alessandro Tonucci è certamente fiducioso, sicuro che manchi ormai poco per vedere i suoi ragazzi sul podio in Moto3. Bisogna considerare il recupero di Stefano Nepa dopo l’importante infortunio, oltre a vedere la crescita di Ivan Ortola, alla seconda annata nel Campionato del Mondo. Cosa si aspetta Alessandro Tonucci per la nuova annata? Cosa pensa del cambio di format e del nuovo calendario? Questo e molto altro nella nostra intervista.

Alessandro Tonucci, che bilancio fai del primo anno mondiale del team MTA?

Secondo me è stato un anno alla fine positivo. Non abbiamo brillato più di tanto, ma a livello di risultati in gara mi ritengo abbastanza soddisfatto: tutt’e due i piloti sono cresciuti nel corso della stagione. L’inizio non è stato semplice: le moto e la squadra erano nuove, c’è voluto un po’ per capire tutto, anche perché il supporto è stato poco ed abbiamo dovuto fare tutto “da soli”. Dopo qualche gara però abbiamo trovato una buona base ed un po’ alla volta, soprattutto alla fine, siamo riusciti a stare nei primi cinque. In particolare con Stefano Nepa, che è cresciuto costantemente da metà stagione in avanti.

Peccato per il suo incidente in Malesia.

Purtroppo è successo quel che è successo. Adesso a posteriori è facile dirlo, ma quella poteva essere davvero una bella gara. Era partito bene, ma aveva mostrato anche una grande forza mentale nel corso del weekend, a partire dalle FP1 in cui aveva avuto un problema con il freno ed abbiamo perso praticamente mezz’ora. Appena entrato in pista però ha fatto 5° girando da solo, senza cercare riferimenti come invece fanno altri piloti. Ha un suo sistema di lavoro molto professionale.

Riguardo Ivan Ortola invece?

Era al debutto ed è stato molto bravo, tranne per un difetto: aspetta sempre di avere un riferimento. Nell’ultima gara s’è visto: era 4° attaccato a Garcia, i primi hanno fatto un altro lavoro ma s’era tenuto in quella posizione fino a 10 giri dalla fine. Credo avesse accumulato una decina di secondi, ma in quei giri li ha persi tutti, si è fatto riprendere e ha chiuso 12°. Da solo ha sempre fatto molta fatica: secondo me lui è uno che può vincere anche le gare, ma c’è questo aspetto importante su cui bisogna lavorare e che sarà il target di quest’anno.

E per Stefano Nepa invece?

Vediamo come sarà la situazione. Al momento ha già fatto un’uscita a Valencia con la sua R6: l’ho sentito, ha detto che non se l’aspettava che la gamba funzionasse così bene. Certamente un conto è andare con la R6 a divertirsi ed a riprendere il feeling, un altro è ciò che si fa oggi in Moto3. Forse non sarà pronto già ai primi test, ma per la prima gara potrebbe esserlo. A parte il fisico però deve ripartire da una botta del genere, e lo capisco visto che me n’è successa più di una. Per alcuni non è semplice ritrovare subito la forza di rifare ciò che facevi prima ma, se penso alla fine della scorsa stagione, non dovrebbe avere grossi problemi.

Com’è il rapporto con i tuoi piloti?

Abbiamo davvero un bel rapporto. Forse un po’ di più con Stefano: è venuto spesso a casa mia, siamo quasi amici, anche perché alla fine ha giusto qualche anno in meno di me. Caratterialmente è diverso, anche io ero un po’ più chiuso, alla fine ci troviamo molto. Ma va molto bene anche con Ivan a livello di squadra.

L’Alessandro Tonucci team manager come ha vissuto quell’incidente in Malesia?

Questa è una delle piste in cui anche io mi sono fatto male di più, nel 2013 e nel 2015. Ma tutte le volte che vado lì, anche per motivi legati ad altri piloti, come ben sappiamo… È una bella pista, ma c’è qualcosa di strano. Riguardo all’incidente, è stato molto brutto da vedere. Un volo pazzesco per come è stato lanciato, uno degli highside più aggressivi che abbia mai visto in Moto3. Poi hanno staccato le immagini appena è caduto, quindi la paura era che venisse preso da qualcun altro: era 5° o 6°, con una ventina di piloti dietro di lui. Quando l’hanno ripreso di nuovo era in mezzo alla pista ed era seduto, quindi bene, in seguito però l’hanno mostrato sulla barella. Pensavo non ci fosse niente, quando l’hanno ripreso in mezzo alla pista sembrava stesse bene, ma quando l’hanno portato via sono andato subito al Centro Medico. Non è uno che si lamenta di solito, ma quando l’ho sentito urlare e ho visto la gamba… Eravamo tutti abbastanza preoccupati, la frattura era davvero brutta.

Senza dimenticare appunto il fatto che è ricaduto in mezzo alla pista, nel gruppo.

Lì Yamanaka è stato bravo perché ha avuto degli ottimi riflessi, ma è stato anche fortunato. C’erano anche gli altri dietro, ma dico lui soprattutto perché è quello che gli è passato più vicino. Stavolta è stato anche fortunato, a volte c’è anche quello, per fortuna! Ma, vedendo che si muoveva, credevo davvero non si fosse fatto niente: è stato un highside alto, ma a velocità veramente bassa. Io mi sono rotto una caviglia così a Jerez, alla curva 2, ma appena successo non mi muovevo come lui. Poi certo è soggettivo, quindi fai fatica a capire. Vedendolo però ho pensato che fosse a posto, invece una punta di sfiga c’è stata. Ma col senno di poi direi che è andata bene.

Come hai gestito la situazione dopo l’incidente?

Sono rimasto due giorni con lui. L’hanno operato e non c’era nessuno della sua famiglia, quindi non è stato semplice, ma è andato tutto bene.

Tornando a Ortola, secondo te come si può sistemare il suo problema?

È un problema di tanti, anzi direi della maggior parte nella categoria Moto3, soprattutto negli ultimi anni. La differenza certo la fanno il pilota e la tecnica, questo è chiaro, ma subito dopo di questo c’è la scia, provare quindi a fare la fotocopia del più esperto o del più veloce. È semplice da dire ma difficile da fare, però la soluzione sarebbe girare da soli. Guardiamo per esempio Guevara, che ha vinto l’anno scorso: è sempre stato veloce, ma l’ultimo step l’ha fatto quando, da metà 2021, ha iniziato a girare da solo. Come anche Foggia, ma lui di più. Ti accorgi così di cose che invece non vedi se giri assieme ad un altro, perché guardi quello che fa lui. Un esempio è il GP in Australia: gomma nuova, tempone ed è 3° in griglia, in gara invece ha chiuso 13°. Metti che c’è uno che disturba, che entra, quindi ti stacchi un po’: perdi così l’immediato riferimento e non ce la fai. Questo si risolverebbe girando sempre da soli. La scia può servire, però in qualifica, anche se bisogna dire che le FP2 sono già delle pre-qualifiche: tutti cercano subito la Q2 e non si lavora più sulla moto. Anche per questo abbiamo fatto fatica all’inizio dell’anno.

Quest’anno cambia il format dei GP. Alessandro Tonucci cosa ne pensa?

Sarà ancora peggio. Già adesso si cerca sempre il tempo dal primo giro, ora i turni sono ancora più corti… Di conseguenza ci sono meno chances e devi giocartele il prima possibile. Tutti quindi vorranno fare subito più di ciò che magari si può. In questo modo però non si va in cerca di una sicurezza: non l’ho detto io perché magari sono contro, l’hanno detto loro che vogliono lo spettacolo con la Sprint Race. Quest’anno poi non c’è più il warm up. Metti che sabato un pilota cade in qualifica, come ci è successo: non finisce il turno e parte 10°. La moto poi dev’essere messa a posto, i meccanici sono sempre bravissimi, ma può esserci sempre quella piccola cosa di cui non ti accorgi da fermo, ma solo girando. Il warm up serviva a quello, per arrivare alla gara con tutto a posto. O ad esempio a Valencia: inizia il turno e c’è subito un problema elettronico, con la moto che si spegne all’uscita dal box. Non avendo più il warm up, queste cose capiteranno in gara.

Sembra quindi che vi abbiano complicato ancora di più la vita, diciamo così.

Questa è una cosa focalizzata sulla MotoGP e posso capirlo: ne hanno bisogno ed è la categoria che tira tutto il carro. Così però è chiaro che va a discapito di Moto3 e Moto2: togli un turno ed accorci gli altri, quando già il format era complesso e siamo anche stati tutti chiamati perché così non si può andare avanti, c’è troppa bagarre già nelle prove libere… Anche loro però non aiutano secondo me. Ne ho anche parlato con Spencer a Portimao, quando aveva chiamato Nepa per una cosa del genere, chiedendo se non si poteva tornare al format che c’era quando correvo io. Tre turni di prove libere, poi le qualifiche da 40 minuti e fine. Vero che non si può fare perché non c’è spettacolo né tensione. Ma così i piloti sono ancora più sotto pressione e senza warm up bisogna sempre sperare che vada tutto bene.

Sembra però un format che ‘distoglie’ ancora di più l’attenzione dalle classi minori per concentrarla sulla MotoGP.

A livello mediatico secondo me non cambia tanto, la gente farà come prima. La maggior parte guarda la MotoGP, chi è veramente appassionato guarda anche la Moto3, ma le qualifiche e le gare. Q1 e Q2 con questo format sono spettacolari, alla gente piace anche vedere le ‘scenate’ in pit lane, come ad esempio quando fanno finta che si spenga la moto. Sul lato pratico un po’ ci penalizza: un pilota non può mettersi a riflettere più di tanto, va d’istinto e cerca di fare il massimo. Non è facile. Posso capire che la MotoGP sia la categoria che tira tutto, non capisco invece perché fino a pochi anni fa, quando c’ero anche io, si faceva tutto normale, istruendoti in modo diverso, mentre ora si è arrivati a questo. Noi ci adattiamo, ma non aiuta.

Rimane poi il problema dei ‘trenini’, evidenziato molto spesso.

Non fanno niente per diminuirlo. Vorrebbero che ci pensassero i piloti Moto3, a 18 anni: nessuno dirà mai “C’è il trenino? No no, allora vai che giro da solo”, puoi riprenderlo quante volte vuoi. Ad esempio Muñoz, quante volte è stato penalizzato? Io lo seguo dal 2017, quando aveva 12 anni: è sempre stato così, è il suo carattere. Vuole arrivare e così ce la fai nella Moto3 attuale, altrimenti è più difficile. Nepa è stato buttato fuori tante volte da Muñoz, anche a Misano nelle prime curve, ma alla fine vince il più cattivo. Con un format stretto, in cui devi solo pensare al tempo, non disincentivi questa cosa ma anzi la alimenti. Ho corso anche io: se mantieni questo format il pilota fa il pilota, cioè vuole andare forte e fregarsene. Alzare l’età di due anni non risolve il problema.

Cos’è cambiato con questo innalzamento del limite?

L’unica cosa che è cambiata è che ora il mercato della Moto3, tra Junior e Mondiale, è paralizzato per almeno due, tre anni. Ha creato quindi un altro problema. Per fare il campionato JuniorGP ora devi avere 16 anni compiuti. Potevi andare in European Talent Cup a 12 anni, adesso devi averne minimo 14. Dai 10 ai 14 anni quindi cosa si fa? Niente, c’è un buco per i più piccoli. Ora siamo nella fase transitoria: i 14enni che volevano andare in Moto3 Junior ora devono rimanere per altri due, tre anni in ETC. Nei campionati minori, come nel Mondiale, a volte bisogna pagare per correre, quindi obblighi una famiglia a tirare fuori soldi ed a stare ferma in una categoria. Penso ad Alberto Ferrandez: due o tre anni fa ha vinto in ETC, ma non è passato in Moto3 per il discorso dell’età, ma l’anno dopo non ha vinto. Quindi puoi anche influenzare il percorso di un pilota. Più avanti si troverà il modo di sistemare tutto, ma nell’immediato ha creato problemi.

Ogni anno poi ci sono esordienti nel Mondiale, il nuovo format probabilmente non li aiuta.

No, anche perché la maggior parte dei ragazzi arriva dalla Moto3 Junior, l’unica anticamera valida ora per il Mondiale. Lì il format non è cambiato, anzi secondo me si gira anche troppo, visto che iniziano già giovedì con le libere, tre turni da 40 minuti. Ogni sessione poi è da 40 minuti, che va bene perché impari, ma quando sei abituato così ed arrivi nel Mondiale, con un quarto d’ora di qualifica… Ti domandi a cosa è servito il CEV. Certo ti ha formato perché il livello è alto, le moto sono uguali e le piste sono quelle del Mondiale, ma come programma gara andrebbe rifatto tutto. La pressione è già alta, riducendo i tempi è ancora peggio. Anche perché i piloti ormai sono proprio corti di carriera: uno o due anni, poi se non funziona via, finito. Non dovrebbe essere così, ma lo è per la maggior parte. Più pressione si mette, più c’è il rischio di sbagliare e quindi di fare poco a livello di performance.

Quest’anno cambia anche il calendario: 21 GP, due circuiti nuovi, non si parte più dal Qatar. Cosa ne pensi?

Per me personalmente è dura, soprattutto perché seguo anche il CEV: sono tutte gare ad incastro, quando non c’è uno tocca all’altro. Dovremo ancora fare così, poi piano piano troverò qualcuno che fisicamente andrà dietro a quello, giusto per non ammazzarmi! Guardando solo il calendario mondiale, diciamo che anche l’anno scorso è stato difficile. Devo dire poi che ho i miei dubbi sul Kazakistan, visto il periodo di guerra… Siamo proprio lì vicino. Alcuni invece dicono che sarà difficile andare in India. Se dovessero fare tutte le gare sarà certo tirato. Anche all’inizio però, con Portimao e subito l’Argentina, con l’esperienza dell’anno scorso delle casse che non sono arrivate… Noi siamo stati fortunati in quel caso! È un azzardo, ma se ce la fanno va bene.

Più gare però vuol dire più stress sia per i piloti che per tutto lo staff di una squadra. Non diventa magari troppo, col rischio di influire sul rendimento?

Avere più gare tutte di fila aumenta certo lo stress psicofisico sia del pilota che di chi lavora sulle moto. C’è poi anche un altro problema: se un pilota si fa male, non ci sono più i tempi di recupero di prima. Magari due o tre settimane tra una gara e l’altra, in base all’infortunio si riusciva comunque. Adesso, anche con un infortunio “leggero” in gara, ne hai un’altra dopo cinque giorni e diventa impossibile. Si può fare alla fine, ma l’anno è sempre fatto di un tot di settimane, quindi ci sarà anche un limite. Noi però viviamo di questo, io l’ho fatto per tutta la vita, ma certo non è facile, né super economico. C’è infatti anche tutta la parte logistica, la gente da muovere. Se ci sono tante gare in Europa il problema è relativo, se invece si va sempre più lontani… Non è facile arrivarci e gli hotel sono spesso ad un’ora dalla pista: con le FP3 alle 9 a volte dovevamo partire alle 6, adesso con il turno alle 8:40 andremo alle 5.

Hai citato un limite: è già stato raggiunto oppure no?

Sinceramente io spero di sì. Tra tutti i test e 21 GP, spostamenti compresi, resta davvero poco. Poi non so, magari arriveremo addirittura a 25 gare… Gli organizzatori possono anche fare tutto, però bisogna andare incontro a chi deve operare. Economicamente l’aiuto c’è da IRTA, ma per Moto3 e Moto2 non è sufficiente. Certo è che non possono aiutare tutti e se vuoi fare il Mondiale devi esserne in grado. Aumentare però continuamente le gare fuori dall’Europa potrebbe essere un azzardo, soprattutto per i team minori. Certo, se hai Elon Musk come sponsor corri dove vuoi!

Una stagione è lunga, ma lo è anche la pausa invernale per voi.

Quest’anno è durata anche un mese in più. Da dire però che, essendo un team piccolo, sono io che ancora organizzo tutti i viaggi. Elisa mi aiuta, ma per la maggior parte ci penso io. Diciamo che è una pausa solo fisica, mentale no! Poi quando inizi è tutto fatto, tolta qualche bega, ma l’inverno è stressante. Non ci sono gare né test, quindi per chi è abituato a stare in giro tutto l’anno è strano. Da dire poi che io a casa faccio anche un altro lavoro, quindi sono abbastanza pieno. Durante la stagione stavo a casa appena un giorno e mezzo tra una gara e l’altra, tra Mondiale e CEV. Adesso magari ti svegli e ci sono le giornate in cui ti chiedi “E adesso cosa faccio?” Sarebbe una cosa positiva, ma va un attimo riassettata la mappatura!

Per Alessandro Tonucci più stressante fare il team manager o il pilota?

Direi che è diverso. Fare il pilota è certamente molto, molto difficile. Fare il team manager è forse più usurante.

Cosa ti aspetti dai tuoi ragazzi nel 2023?

Per Nepa al momento è difficile dirlo, si deve prima riprendere al 100%. Ma sono convinto che lui sul podio ci può andare, basandomi su quello che ho visto alla fine dell’anno scorso. Di Ortola direi lo stesso. Ma alla fine ci siamo già andati vicini più volte, soprattutto a fine anno, quindi s’è già visto che ci possiamo arrivare. Quest’anno però non cambia nulla all’interno della squadra, per dare un’opportunità e cercare di concretizzare. A livello di campionato poi non posso dire niente. L’anno scorso però siamo arrivati ottavi su 15 team, possiamo puntare alla top 5 come classifica. Riguardo i piloti, sarebbe bello stare vicino alla top 5 con tutt’e due. Ad oggi è questo l’obiettivo realistico. Non nascondo che, se fosse al 100%, vorrei che Nepa fosse uno dei pretendenti per qualcosa di più, ma al momento non posso dirlo.

Magari quell’incidente può dargli la spinta in più?

L’unico podio mondiale che ho fatto è arrivato dopo un incidente del genere nel 2012, ad inizio stagione. Poteva smontarmi completamente, invece mi ha dato la carica e sono riuscito a crescere, a migliorare durante l’anno. È molto soggettivo, ma per come lo sento e lo vedo adesso direi di sì.

La sensazione è che foste vicini, ma che mancasse sempre poco per il passo in più.

Esatto, con tutt’e due. Quel poco che però ti lascia 4° o 5°, dove siamo arrivati alla fine dell’anno scorso. Vediamo come andranno i test: per Nepa ci saranno le prime reazioni fisiche, per capire poi dove deve lavorare per riprendersi. Ma i test saranno già indicativi, visto che le moto sono ancora tutte uguali. Nel 2024 le moto saranno nuove, mentre quest’anno, essendo le stesse, sappiamo già da dove partire.

Come vedi gli esordienti di quest’anno? E Farioli in particolare, unico rookie italiano?

Nei test potrebbe già emergere qualcosa. Penso a Rueda, che ha vinto JuniorGP e Rookies Cup. Riguardo a Farioli, lo conosco bene, è un ragazzo simpatico e molto forte. Ci ha messo un po’ a crescere nel CEV, ma era diventato ormai abbastanza consistente. Per il Mondiale non so dire: penso possa fare un bell’anno, però è tutto da vedere. Fisicamente poi è molto alto, come Ortola: Ivan però è molto ‘secco’, impressionante, mentre Farioli è un po’ più piazzato, più ‘normale’. Certo non potranno stare per molto tempo in Moto3, sono già al limite. Ma aerodinamicamente devo dire che sia Ortola che Nepa sono molto bravi, dipende anche da come ti sai incastrare.

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Foto: Instagram-Alessandro Tonucci

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