22 Luglio 2019

Jonathan Rea: i giorni dell’IRA

Un tifoso di Netownards ha decorato la facciata di casa con l'effige dell'eroe nazionale. In Irlanda del Nord c'è una lunga tradizione di murales....

Jonathan Rea, Newtownards

Il Mondiale Superbike è fermo ma ci pensano i fan a tenere viva l’attenzione sui campioni delle derivate di serie. Un appassionato nordirlandese, tifoso sfegatato del numero #1 della categoria, ha deciso di decorare il muro di casa con un gigantesco murales a tutta facciata che celebra Jonathan Rea. Siamo a Newtownards, una cittadina dell’Irlanda del Nord. Piace sottolineare come, da queste parti, i campioni dello sport siano visti come un simbolo non solo di riscatto sociale, ma anche di emancipazione da un passato di violenza.

ALTRI MURALES

C’è un’immagine in particolare, che ricorda come questo lembo di terra abbia vissuto per anni una delle più sanguinose lotte ‒ improprio definirla guerra, anche se non siamo molto lontani ‒ civili che l’Europa ricordi. È un murales, ma di altro genere rispetto a quello dell’innocuo tifoso. Mostra un uomo con la maschera antigas, pronto a colpire. Chi? Cosa? Lo Stato, le istituzioni, quello che rappresentano per chi non si sente rappresentato. Ecco quindi montare la rabbia di una maggioranza che si sente minoranza in un pezzo di Paese a cui non sente di appartenere. Sicuramente il Nord Irlanda sta faticosamente recuperando la via pacifica all’integrazione, anche se molto deve ancora essere fatto. Jonathan Rea nella sua autobiografia In Testa ne parla in prima persona. Una ferita in parte ancora aperta, anche se l’attuale leader della Superbike ci tiene a sottolineare i passi in avanti compiuti dal processo di pace.

Derry, Northern Ireland

CATTOLICI E PROTESTANTI

Il concordato “Good Friday”, che portò a una pace duratura su tutto il territorio, venne siglato solo nel 1998, appena qualche mese prima che io iniziassi a frequentare la Larne Grammar school. La mia ingenua educazione campagnola non mi aveva preparato a una scuola dove, per alcuni ragazzi, la religione era un pretesto per attaccar briga. Il ragazzo che mi bullizzava era cattolico, ma questo per me non aveva nessun senso, visto che nel mondo del motocross avevo tanti amici cattolici, quanti protestanti. La violenza in ogni caso non dovrebbe mai essere un modo per appianare le divergenze”. 

 

 

QUEL GIORNO A MONDELLO PARK

Per capire cosa significhi, anche in senso sportivo, la vittoria dell’altro, del “nemico” e di quanto forti siano ancora i condizionamenti culturali, l’esempio è relativo alla vittoria al circuito di Mondello Park, nella Repubblica d’Irlanda, nel 2007: “quel giorno, sulla pista della Repubblica d’Irlanda, mi avvolsero intorno alle spalle la bandiera nordirlandese: forse non è stato il gesto più apprezzato della giornata, con quella folla di Dublino tutt’intorno, ma in quel momento avevamo perso la testa”. Assurdo: se è vero che si parla di sport e non di politica, fa ancora più impressione che un pilota non possa esporre con orgoglio la propria bandiera nazionale stando ben attento a non sovreccitare gli umori della folla.

Lascia un commento