8 Febbraio 2023

Gianluca Nannelli “Bisogna sempre credere nella forza dei propri sogni”

Gianluca Nannelli si racconta a Corsedimoto: gali esordi alla sua ultima gara. Le vittorie ma anche le sconfitte di una vita da film.

Gianluca Nannelli

Che sia nato tutto da una folgorazione divina? Chissà. La storia di Gianluca Nannelli è veramente simpatica, ricca di aneddoti curiosi che sembrano tratti da un film. Gianluca Nannelli è nato a Firenze nel 1973 ed stato per anni tra i protagonisti del Mondiale Supersport e Superbike. Ora è tecnico FMI, titolare della Nannelli Riders Academy.

“La passione per le moto è nata quando ero bambino – racconta Gianluca Nannelli a Corsedimoto – un giorno sono uscito da catechismo, ho visto davanti a me la vetrina di Bianchi, ad Incisa Valdarno. C’erano tutte le Ducati esposte, la Malaguti ed è stato amore a prima vista, quasi una sorta di folgorazione, veramente! Sono tornato a casa e ho detto ai miei genitori che volevo una moto e loro non se lo spiegavano. Ricordo ancora che mi avevano chiesto cosa mi avesse detto prete. Ma come, noi lo mandiamo a catechismo e lui vuole la moto!”.

Ma loro non ne volevano sapere?

“Assolutamente! Su questo erano rigidissimi, irremovibili. E così appena ho iniziato a lavorare ho messo via un po’ di soldi e mi sono comprato una moto da cross, l’unica che mi potevo permettere ma io volevo andare in pista. A vent’anni mi sono fatto male in un incidente di auto. Così ho dovuto aspettare ed ho iniziato a gareggiare in moto a 22 anni, con una Cagiva Mito. Trascorrevo il mio tempo libero con gli amici della Ducati Valdarno ed andavo a vedere le gare di SBK con loro. Se uno andava in circuito io mi aggregavo. Le moto erano la mia passione ed il mio tormento. Un giorno sono andato ad Imola a vedere la gara del Mondiale e c’è stato un episodio che non dimenticherò mai”.

Cosa è successo?

“Ero alla Tosa con un amico soprannominato Noce. Io gli ho detto “vado di là” e lui “ma no, non si può fare l’invasione di pista”. Ma io “no no, non adesso. Io vado di là in pista, presto correrò lì, in Superbike con la Ducati”. Io volevo andare a correre in Superbike. era il mio sogno quasi al mia ossessione. Ci credevo con tutto me stesso, con ogni cellula del mio corpo. Poi qualche anno dopo ho corso a Imola, ho anche vinto e Noce è saltato sulle transenne ed è venuto ad abbracciarmi. Abbiamo ripensato a quell’episodio e c’è stata un’esplosione di gioia”.

Oltre a Imola anche Monza ti è rimasto nel cuore?

“A Monza 2005 penso di essere entrato nella storia moderna. Io correvo nel Mondiale Supersport con Caracchi e loro avevano Lanzi in Superbike ma si era infortunato a Valencia. Caracchi mi ha proposto di gareggiare nello stesso week-end in entrambe le classi e sono anche salito sul podio. Gioia indescrivibile”.

Anche il tuo podio di Valencia 2007 ha una bella storia.

“Il team Caracchi quell’anno era partito per vincere il titolo ma le cose non stavano andando bene. Prima della gara mi hanno detto che lo sponsor principale era deluso dai risultati, voleva mollare e si rischiava di chiudere. Io sono partito con una pressione addosso tremenda e mi sono ritrovato quindicesimo poi ho fatto una rimonta furiosa fino al terzo posto. Sono sceso dalla moto e ho ho detto “con un podio così il team non chiude, vero? ” E Caracchi si è messo a ridere. Era uno scherzo. Sapeva che io ci avrei messo il cuore e che sarebbe stato uno stimolo in più per me”.

Qual è stato il momento chiave della tua carriera?

“Quando ho perso di vista il mio sogno che era sempre stato quello di correre con Ducati. Nel 2006 avrei dovuto correre con Ducati nel team di Borciani invece ho peccato di presunzione e sono andato alla Honda pensando di vincere il campionato ma sono rimasto a piedi ancor prima dell’inizio della stagione. A quel punto mi sono dovuto accontentare di quello che trovavo, di fare delle sostituzioni ed alla fine per fortuna Caracchi mi ha ripreso e sono tornato con loro, in Supersport con la 749”.

Nel 2007 puntavi al titolo ma cosa è successo?

“Ero terzo in campionato ma a Silverstone sono caduto sotto il diluvio. Mi sono fatto male, poi le ultime gare sono rientrato provando una sofferenza immane ma il titolo ormai era alle ortiche”.

Quando hai deciso di lasciare le competizioni?

“A fine carriera mi sono dedicato al CIV. Alla vigilia dell’ultima gara, nel 2012, il sabato notte mi sono venuti degli strani pensieri. Avevo 39 anni ed ho pensato alla mia famiglia, al fatto che mi fossi fatto male avrei messo in difficoltà i miei genitori che ormai erano anziani. Non me la sentivo più di rischiare e quel momento ho capito che il giorno dopo avrei corso la mia ultima gara. Avevo già realizzato tutti i miei desideri di pilota ed era giunto il momento di lasciare le corse. Per due anni sono rimasto fuori dalle gare poi sono diventato tecnico FMI”.

Gianluca Nannelli, cosa cerchi di trasmettere ai ragazzi che alleni?

“Oltre alle nozioni tecniche cerco di fargli capire l’importanza d’inseguire i propri sogni. Se uno ci crede veramente e desidera realmente una cosa, deve impegnarsi, lottare e può raggiungere ogni traguardo”.

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