4 Giugno 2014

Quando la Superbike si mise sulle tracce di Sandokan

Questo fine settimana si torna in Malesia dopo vent’anni ma pochi sanno che la Superbike è stata il primo Mondiale a correre nel paese equatoriale anticipando F1 e MotoGP. Adesso sembra normale andare a correre nel sud est asiatico, Kuala Lumpur è una delle capitali economiche del Mondo e  i GP a due e quattro […]

Questo fine settimana si torna in Malesia dopo vent’anni ma pochi sanno che la Superbike è stata il primo Mondiale a correre nel paese equatoriale anticipando F1 e MotoGP. Adesso sembra normale andare a correre nel sud est asiatico, Kuala Lumpur è una delle capitali economiche del Mondo e  i GP a due e quattro ruote a Sepang sono un classico. Ma nel 1990 la Malesia era una destinazione esotica e misteriosa. I pionieri Superbike partirono all’avventura, ed ecco come andò.

Fabrizio Pirovano (Yamaha) sulla griglia di partenza del GP Malesia 1990 a Shah Alam

SCOPERTA – La prima gara motoristica di livello Mondiale in Malesia si disputò il 4 novembre 1990. Era il terz’ultimo round di quella stagione e prima tappa della triplice trasferta che successivamente portò la carovana in Australia e Nuova Zelanda. Un mese intero fuori dal Mondo. Tanto per dirne una, a quei tempi solo pochissime compagnie aeree arrivavano in Malesia e l’autonomia degli aerei a lungo raggio non era sufficiente a coprire i diecimila chilometri di distanza tra Europa e Malesia. C’era bisogno di uno stop per rifornimento, in India o nei Paesi limitrofi. La Superbike approdò a Shah Alam, l’impianto più importante del Paese, a soli 20 chilometri dal centro di Kuala Lumpur. I piloti trovarono una pista di ottimo livello, un po’ lenta ma sicura e spettacolare. Fuori dal cancello però c’era il niente. La periferia della capitale malese era un susseguirsi di strade improbabili, alcune neanche asfaltate, in mezzo a giganteschi quartieri popolari. Baracche, o poco più. In mezzo al degrado spuntava come un miraggio la gigantesca sagoma dell’ Holiday Villa, un hotel extralusso con piscine, ristoranti e camere da sogno. E dove, volendo, si potevano fare piacevoli incontri: i piloti non sono di legno, o almeno quelli di una volta.

SERPENTI – La prima emozione della Superbike in Malesia la regalò un grosso serpente scoperto nella tenda ospitalità della Diesel Jeans, lo sponsor del Mondiale. Fuggi fuggi generale e paddock in allarme. “Non vi preoccupate, ce ne sono dappertutto ma sono innocui” minimizzarono le autorità locali, invitando però gli ospiti a non avventurarsi nei boschetti fuori dal perimetro. Innocuo? Probabile che fosse un cobra come quello investito anni dopo da Gino Borsoi durante le prove della 125GP nella vicina Sepang. Ma nessuno venne morso e filò tutto liscio. La Ducati avrebbe potuto festeggiare con largo anticipo il primo, storico Mondiale di Raymond Roche ma Fabrizio Pirovano ci mise lo zampino rinviando la festa. Il fantino brianzolo vinse le due manche e siccome la Ducati gli stava antipatica da sempre, al rientro dal giro d’onore aspettò il francese e gli fece il gesto dell’ombrello. Il Piro aveva dominato anche la gara precedente a Monza, quindi firmava un poker clamoroso. “La tigre della Malesia sono io!” urlò scendendo dal podio.

Shah Alam 1990, la sala stampa

UN’ALTRA EPOCA – La sala stampa era in un piccolo container, ma bastava. A quei tempi alle gare extraeuropee andavano un paio di giornalisti anglosassoni e dall’Italia  solo io. I pezzi si scrivevano a macchina e si spedivano col fax, che nel ’90 era in uso da poco. La Superbike non era attrezzata per la trasmissione delle telefoto, che invece nel Motomondiale c’era. L’unico modo era far arrivare i rullini direttamente in redazione, ma dalla Malesia non c’erano voli che potessero raggiungere l’Europea in tempo utile. Adesso le immagini viaggiano alla velocità della luce e sui social puoi goderti  in tempo reale Marco Melandri sbarcato in aeroporto con la valigia in mano o Leon Camier a cena in un ristorante figo di Kuala Lumpur.

MOMPRACEM – Dopo la gara molti corsero a prendere l’aereo per l’Australia ma qualcuno si trattenne in Malesia con l’intenzione di visitare l’Isola di Mompracem, il covo di Sandokan eroe dei romanzi di Emilio Salgari. Appresero con costernazione che  Mompracem era un luogo di fantasia e che in Malesia nessuno aveva mai sentito parlare di questo Sandokan,  né letto una riga di Salgari. La Superbike corse a Shah Alam anche nel ’91, poi lasciò spazio al Motomondiale spostandosi a Johor, nel sud del Paese. La pista era più veloce e più bella, ma arrivarci più scomodo. Johor è a 60 chilometri da Singapore, ogni volta che volevi andare  in città c’era da chiedere il visto in una girandola di carte e timbri. Johor rimase in calendario fino al ’94, da allora la Malesia era scomparsa dai radar Superbike.

La partenza del GP Malesia 1990

SHAH ALAM E’ MORTA – La pista della prima volta non esiste più. Nel 2007 è stata acquistata da un fondo d’investimento immobiliare ed è diventata un quartiere per ricchi. L’Holiday Villa c’è sempre, ma non è più l’hotel più lussuoso di Kuala Lumpur, perchè nel frattempo ne hanno fatti molti altri da mille e una notte. Sembra anche più picccolo  perchè al posto delle baracche adesso è un fiorire di grattacieli. Grazie al petrolio la Malesia ha cambiato faccia in pochi anni. Adesso è un posto ricchissimo, e si vede. Anche l’aeroporto internazionale è stato spostato più in periferia, proprio accanto al circuito di Sepang aperto nel ’99 e ormai pietra miliare dei calendari F1 e MotoGP.

La Superbike ha fatto da pioniere e adesso si accoda.

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