29 Aprile 2022

Pier Paolo Bianchi, il piccolo Re: “Vinsi tre Mondiali, ora conta la MotoGP”

Pier Paolo Bianchi ha vinto volte il Gran Premio di Spagna e tre volte il motomondiale tra gli anni '70 ed '80, nelle piccole cilindrate. "Il motomondiale oggi è un grande circo, chi entra non vuole più uscire"

motomondiale Bianchi

Il re di Spagna. Pier Paolo Bianchi ha vinto per 5 volte il Gran Premio di Spagna del Motomondiale: quattro nella classe 125 ed una nella 80. Ha battuto spesso l’idolo di casa Angel Nieto ed in Spagna è considerato una leggenda. Nel corso della sua lunga carriera, Bianchi ha vinto tre titoli mondiali di cui due con la leggendaria Morbidelli ed uno su MBA. Nel 1985 ha sfiorato il quarto alloro perdendolo solo in extremis contro Gresini ed in seguito ha gareggiato nella 80cc. E’ stato uno tra i pochi piloti ed attraversare ben 3 epoche: da quella di Agostini a quella di Max Biaggi.

Riminese doc, quando gareggiava nel motomondiale era molto schivo e parlava pochissimo. Ora ha 70 anni ed è loquace, aperto, corre ancora in moto e si diverte.

“Un tempo sarebbe stato impensabile farmi un’intervista come quella di oggi –spiega Pier Paolo Bianchi – io volevo lasciar parlare la pista, i risultati, e quelli non sono mai mancati. Ho corso fino a 38 anni, finché riuscivo ed essere competitivo. Quando ho capito che la mia strada sarebbe stata solo in discesa ho preferito smettere”.

Lei è poi scomparso dal motociclismo per diversi anni ed è tornato.

“Ho lasciato nel 1989 perché non ero più vincente ma la passione era ancora forte. Mi faceva troppo male seguire le gare ma non poter correre quindi per alcuni anni mi sono allontanato completamente dal motociclismo. Nel 2007 alcuni amici, tra cui Meda e Reggiani, mi hanno invitato ad una giornata con loro al Mugello, per divertirci e fare una grigliata. Mi hanno detto di portare la tuta, ma neppure l’avevo però l’ho rimediata. Sono sceso in pista e adesso partecipo alle gare di moto classiche con Lucchinelli e gli altri della mia generazione. Ho 70 anni, gareggio e mi diverto. Lo spirito è quello di un tempo, è il corpo che non mi segue più allora devo fare appello alla ragione e cercare di usare la testa”.

Ha mai pensato di lavorare nel motomondiale, di aprire una sua squadra o collaborare con qualche team?

“In realtà alcuni hanno cercato di tirarmi in ballo, mi hanno proposto di lavorare nel paddock ma io amo il motociclismo e mi vorrei divertire e non certo arrabbiarmi, avvelenarmi il fegato, arrampicarmi sugli specchi. No, il paddock di oggi non fa per me! La maggior parte delle persone oggi guarda esclusivamente al denaro, ai propri interessi e manca lo spirito sportivo. Un po’ di veri appassionati ci sono ma molti addetti ai lavori, di sponsor stessi, non lo sono e sono lì solo per convenienza. Anche i tifosi oggi sono diversi rispetto ad un tempo: una volta facevano il tifo per tutti e non solo per alcuni, erano degli sportivi veri”.

In Spagna è considerato un eroe.

“Una volta facevano il tifo per tutti e seguivano moltissimo anche le classi minori. Ogni tanto vado in Spagna a vedere le gare visto ho tanti amici là e mi faccio anche una vacanza. Lì mi conoscono ancora tutti, perfino i ragazzini mentre in Italia in pochi. I ragazzi italiani di oggi non sanno neppure chi sia”.

In 125 ha dominato per tanti anni ma non ha mai gareggiato in 500. Oggi alcuni passano anche dalla Moto3 alla MotoGP come se lo spiega?

“Oggi si pensa solo alla classe regina mentre una volta ogni classe era importante, anche la 80cc. Non sono arrivato in 500 ma posso dire di avere comunque vinto 3 titoli mondiali e quelli nessuno me li porta via, resteranno per sempre. Oggi perfino i bambini che corrono in minimoto dicono che vogliono arrivare in MotoGP. Sono tutti sono fissati con la MotoGP e spesso ci arrivano senza avere vinto il titolo nelle altre classi. Vincere il Mondiale è bellissimo! Se lo si perde, anche anche solo per sfortuna, bisognerebbe riprovarci l’anno dopo, se non altro per una questione di orgoglio. Nella storia rimangono i titoli mondiali e non la partecipazione ad una classe considerata più importante di un’altra. Poi alcuni arrivano in MotoGP e magari tornano indietro perché non concludono nulla”.

Come vede il motomondiale di oggi?

“Mi sembra un grande circo. La gente quando ci entra non vuole uscire, anche se non vince. Non faccio nomi ma sono tanti i piloti che restano per anni ed anni senza fare risultati. Secondo me rimangono solo per una questione di convenienza economica perché non ha senso restare a correre nel motomondiale se non si è competitivi. Perché lo fanno altrimenti? Non lo capisco, sarebbe meglio allora andare, che so, in Superbike o Supersport e cercare di vincere. Invece cambiano solo se non hanno alternative altrimenti non lasciano il loro posto sulla giostra”.

Lei è ancor oggi l’unico riminese ad avere vinto per 3 volte il motomondiale. Quando rivedremo un altro pilota di Rimini con 3 allori iridati?

“Sono trascorsi oltre 30 anni dai miei titoli e secondo me passeranno almeno altri 30 prima che un altro riminese possa vincere 3 mondiali”.

Il motociclismo è cambiato tanto rispetto a quando correva. In bene o in male?

“Sicuramente in bene per quanto riguarda la sicurezza. Quando ho iniziato gareggiare io morivano anche 3 o 4 piloti a gara mentre adesso quando c’è un incidente mortale è un evento. La sicurezza ha fatto passi avanti enormi e questa è una cosa molto positiva per tutto il motociclismo. Di aspetti negativi ce ne sono diversi, non è tutto oro quello che luccica. Tra le cose negative ci sono, ad esempio, i regolamenti che per certi aspetti sono vergognosi. In Moto3 si possono bastonare finché vogliono, lasciano correre di tutto poi in Moto2 appena mettono le ruote sul verde vengono penalizzati e non ha senso. Nel motociclismo non ci dovrebbe essere bisogno di regolamenti restrittivi: i piloti dovrebbero capire da soli cosa è giusto e cosa è sbagliato e regolarsi di conseguenza”.

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