10 Novembre 2017

MotoGP Valencia: Marc Marquez “Cado perchè vado sempre al 100%”

Sulla destinazione 2019 l'attuale pilota della Honda dice: "Farò qualcosa che mi regali emozioni speciali dentro lo stomaco"

Marc Marquez il sesto Mondiale può solo perderlo lui: a Valencia, dov’è sempre andato molto forte, gli basta finire undicesimo. Cioè: non cadere. Alla vigilia della gara decisiva il 24enne della Honda è stato intervistato da Paolo Ianieri per la Gazzetta dello Sport uscita venerdi 10 novembre. Ecco le parti salienti.

Per tutti è già vinto, con 21 punti su Dovizioso può perderlo solo Marc Marquez.

«È qui che c’è il pericolo (ride; n.d.r.). Parli con la gente e per tutti è facile, già fatta. Invece no. Lo sport è molto capriccioso, può succedere di tutto».

E’  scaramantico?

«Scaramantico no, ma… non mi piace parlare di cosa può succedere. Anche al mio paese tutti a dirmi che è fatta, tu dici sì, sì, sì, in realtà cerchi solo di isolarti e prepararti con la stessa mentalità. Serve essere concentrati. Lo sono io, lo è il mio team».

Correrà diversamente?

«Glielo dirò dopo il warm-up. Dipenderà da tante cose. Inizieremo come sempre — questo Marc, questo stile —. Sono arrivato a Valencia con 21 punti guidando in un certo modo e dobbiamo partire allo stesso livello e con la stessa mentalità. Poi, dopo il warm-up, vedremo dove sono io, dov’è Dovi, dove gli altri».

A inizio anno, nessuno di voi considerava troppo Dovizioso. Quando ha iniziato a guardarlo diversamente?

«Questo è vero. Con tutto il rispetto per Dovi, con il quale il rapporto è buonissimo, mi avessero detto che a Valencia mi sarei giocato il titolo con lui non ci avrei creduto. Invece ha fatto un anno con sei vittorie. Speriamo di no, ma se vince domenica è un campione giusto. Dopo il Mugello e Montmelò mi sono detto che aveva portato a casa due gare, ma è stato nella seconda parte di campionato che è esploso».

Dal Sachsenring avete vinto solo voi due.

«Appunto. Io attaccavo e lui attaccava, e la domenica dopo uguale».

Com’è lottare con un avversario così?

«È molto bello, in pista c’è la rivalità, abbiamo fatto grandi lotte, bellissime, come in Austria e Motegi, ma poi giù dalla moto il rapporto è buono. Lo è da sempre, da quando ero in 125. Anche con il suo babbo».

E questo cambia qualcosa nel duellare per la vittoria o il Mondiale?

«In pista dai il 100% a prescindere da chi affronti. Il bello però è il dopo, quando ti trovi a parlare della gara, a spiegarti una manovra, quasi come se fossi con un amico».

La grande qualità di Dovizioso?

«Secondo me mantenere sempre il suo stile. Ci sono piloti che se lottano per il campionato cambiano, diventano nervosi. Andrea invece è sempre rimasto lo stesso, come stile, guida, approccio alla gara. È stato molto bravo».

Il suo rivale annunciato era Viñales.

«Sì, all’inizio guardavo soprattutto a Viñales, perché aveva iniziato la stagione molto forte, e poi a Valentino e Dani. Quando Dovi ha fatto 2° in Qatar ho pensato che aveva tolto punti a Valentino, al Mugello mi son detto “ehi, ha vinto Dovi e tolto punti a Viñales”. Invece era l’opposto».

Solo Doohan ha vinto il Mondiale con tre zeri in classifica.

Risatona. «Non voglio parlare di questo».

Stoner dice che l’avrebbe battuto.

«Non si sa. Stoner è un pilota grandissimo, anche ora che fa i test si vede che è velocissimo. Se domani annunciasse il ritorno, lo farebbe a un livello per lottare per il campionato».

A chi dice che la Honda è Marquez, cosa risponde?

«Non penso sia così. Se guidi una moto devi fare il 100%, non puoi guardare solo ai problemi. Questo è un gruppo e io sono convinto che senza il mio gruppo e senza lavorare bene sulla moto non potrei arrivare dove sono adesso».

Se nel 2018 dovesse annunciare alla Honda che andrà via, qualcuno a Tokyo potrebbe suicidarsi.

«Ogni Casa cerca sempre il pilota che pensa possa essere giusto per quella moto. Finora abbiamo fatto un buon lavoro con la Honda, tre titoli in quattro anni, sono molto contento e mi sento molto dentro questa azienda, ascoltato, una parte importante».

Ha detto che deve imparare a cadere meno. Ci riuscirà senza snaturarsi?

«È qualcosa di relativo: se sulla moto ti senti bene, cadi di meno. Non sono caduto 25 volte (adesso sono 26, dopo la scivolata in FP2…ndr)  perché mi piace andare per terra, ma perché vado al 100%. Crutchlow è cascato 24 volte, Dani, uno che di solito casca 3-4 volte l’anno, è già andato giù una decina di volte. Serve lavorare per restare al vertice, ma con meno rischi».

Che cos’ha Marc Marquez che gli altri non hanno?

«Difficile da dire. Lo devono sapere gli altri, non ha senso che sia io a giudicarmi. Io faccio quello che posso, vivo per la moto e lavoro ogni giorno per essere competitivo. Sono motivato e rischio, non ho paura di farlo: lo dicono le 25 cadute».

Cosa potrebbe farle affrontare un giorno una nuova sfida?

«I soldi sono qualcosa a cui ognuno di noi guarda, è il difetto dell’essere umano, ma il mio obiettivo è fare qualcosa che mi regali sensazioni speciali dentro lo stomaco. E ci dovrà essere il mio team, c’è questa energia che nei momenti difficili ti salva».

Sono momenti difficili per la Spagna e la Catalogna. Se domenica vince il titolo con che bandiera festeggerà?

«La mia bandiera è quella che ha il mio numero».

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