22 Dicembre 2022

A lezione dall’Ing. Manganelli: ecco come potrebbe essere la MotoGP ibrida

Mario Uncini Manganelli ci presenta un’ipotesi tecnica di motorizzazione ibrida per la MotoGP, con valori numeri e confronti

MotoGP, ibrido

La F1 ha introdotto la motorizzazione ibrida nel 2014 aprendo la strada a questo tipo di tecnologia anche nella produzione auto di serie. Le due ruote sono decisamente indietro: la propulsione endotermica detta ancora legge sia nella serie che nelle corse. Ma di ibrido si comincia a parlare sempre più spesso anche nel nostro ambiente e la domanda sorge spontanea: la MotoGP potrebbe diventare testa di ponte verso il futuro com’è stata la F1 per le automobili? La top class del motociclismo potrebbe passare all’ibrido? E quali sarebbero, nel caso, le complessità tecnologiche, i costi e i vantaggi prestazionali che ne potrebbero derivare? Abbiamo girato queste domande a Mario Uncini Manganelli, ex motorista in Oral, KTM, Aprilia (con sei Mondiali Superbike piloti e Marche conquistati con la RSV4). L’ingegnere bolognese vanta anche esperienze in Mercedes F1 powertrain unit. Adesso fornisce consulenza a varie aziende automotive, sia in campo moto che auto, oltre a fare divulgazione scientifica per i lettori di Corsedimoto.

Quali sono sono i componenti base della parte ibrida?

Il primo componente è il motore elettrico PMG (motore/generatore a magneti permanenti), che nel nostro caso funzionerebbe oltre che da generatore di elettricità anche da avviatore. Cioè permetterebbe di fare a meno degli avviatori esterni che si usano adesso, manovrati da un meccanico e collegati alla trasmissione. Inoltre servirebbero l’inverter e il gruppo batteria, in aggiunta ad un cablaggio specifico necessario per collegare tutti i pezzi del sistema.Sarebbe necessaria una batteria, detta di boost,  per alimentare il PMG nell’istante di avviamento in modo da non sacrificare l’energia immagazzinata nella batteria on board al motoveicolo.

Esempio di un PMG prodotto da Pulse (Rovereto) azienda specializzata per applicazione prototipali Motorsport”

Quale potrebbe essere la configurazione ibrida ideale?

Il motore endotermico potrebbe essere ridotto a 750 cc, indicherei un V4 come schema,  con 230 cavalli e regime massimo di rotazione limitato a 16.500-17.000 giri/minuto. Il limite di giri servirebbe ad evitare costi di sviluppo fuori controllo. La velocità media del pistone intorno ai 25-26 metri/secondo, alesaggio 73-74 mm, corsa 43-44 mm. Con questo tipo di configurazione si potrebbero ottenere 225-230 cavalli nominali  all’albero motore. Il motore elettrico dovrebbe essere in grado di girare sui 16-17.5 mila giri. Dimensioni: circa 135 mm di diametro per 35 mm di spessore e sarebbe raffreddato a liquido per aumentare l’efficenza. Un PGM di questo genere peserebbe 7-8 chili e garantirebbe un surplus di potenza di 25-27 cavalli, cioè circa 20 kW.

E si arriverebbe agli attuali 300 cavalli endotermici?

Potremmo arrivare sui 250-257 CV (230 CV endotermici, 27 CV elettrici), però con una resa assai maggiore, perchè circa 25-27 cavalli sarebbero prodotti dall’unità elettrica. Resa maggiore significa che la coppia fornita dalla parte elettrica sarebbe spalmabile su tutta la curva di utilizzo del motore, cioè non solo ad alti regimi come avviene sui motori endotermici, qualora si abbiano a disposizione. Il vantaggio prestazionale, tradotto in tempo sul giro e sulla distanza, potrebbe essere assai consistente rispetto ad una moto di pari cilindrata.

Quanto potrebbe pesare una MotoGP ibrida?

Prendiamo come riferimento la configurazione sopra descritta. Il motore endotermico potrebbe pesare 5-6 chili in meno rispetto ad un 1000 quattro cilindri, in linea o a V, il cambio completo sarebbe più contenuto e così pure il gruppo frizione e primaria di trasmissione. Ci sarebbe risparmio di carburante, circa 3-3,5 litri in meno ed un serbatoio più piccolo e leggero. Però bisogna mettere in conto il maggior peso per i componenti della parte ibrida. Per l’inverter calcoliamo intorno ai 4-5 chili, mentre la batteria andrebbe sui 28 Kg, stimando una capacità di 6-7 kWh con una densità di 230 Wh/kg. Una MotoGP ibrida peserebbe 28 chili in più di una attuale, il cui peso limite è 157 chili. Con Batterie di ultima generazione si potrebbe arrivare a 250 Wh/kg con un risparmio di circa 2 kg circa (7% di peso). Alcuni pesi come indicati prima si compenserebbero e l’aumento di peso sarebbe attribuibile in massima parte alla batteria, dopo una prima importante ottimizzazione. Dunque il peso minimo regolamentare dell’ibrido potrebbe essere 185 chili.

Quanto si ridurrebbero i consumi?

Il risparmio di carburante lo possiamo stimare, abbiamo già parlato di 3,5 litri compensati dalla generazione elettrica. Per quanto riguarda la produzione di CO2, cioè l’impatto ambientale di una motorizzazione ibrida, è difficile rispondere, perchè al momento non c’è sufficiente letteratura tecnica e prove conosciute in grado di valutare questo tipo di valori in motori di altissime prestazioni.

Una MotoGP ibrida avrebbe problematiche di sicurezza da risolvere?

Sicuramente. La tensione elevata è un fattore da tenere in debita considerazione. Poi andrebbe verificata l’affidabilità dell’inverter e del motore elettrico. Ma si tratta di tecnologie ormai in avanzatissimo stadio di sviluppo in area automotive e non solo racing. Niente che non si possa ottimizzare e gestire al meglio.

La MotoGP potrebbero introdurre un monofornitore per la parte ibrida?

Le opportunità non mancherebbero. Costruttori come Marelli, Bosch, Siemens o McLaren Electronics, solo per citarne alcuni, sarebbero perfettamente in grado di allestire unità ibride da fornire a tutti i team in regime di monofornitura, dunque a costi controllati e uguali per tutti. Al contrario, avere più marchi specializzati coinvolti aumenterebbe la sfida tecnologica.

Quanto tempo servirebbe per lo sviluppo?

Tre anni dal momento del lancio della formula. Quindi se Msma, Federmoto e gli altri enti coinvolti decidessero adesso una svolta simile, la MotoGP potrebbe andare in pista nel Mondiale 2026.

La guida sarebbe diversa?

Decisamente. La parte elettrica garantirebbe 25-27 cavalli extra, sfruttabili in un ampio campo di utilizzo del motore specie se parliamo di coppia motore elettrica, e non solo al massimo dell’apertura farfalla come avviene nei motori endotermici. Disponendo di maggiore coppia,  entrerebbe ancora più in gioco l’aerodinamica, cioè il carico verticale prodotto dalle appendici alari sempre più vistose , che genera un extra grip. Con più coppia disponibile a varii regimi, questo settore diventerebbe ancor più strategico. Però il maggior peso ridurrebbe l’efficacia della frenata.

Per gestire il passaggio all’ibrido ogni team di quante persone avrebbe bisogno?

Almeno un ingegnere elettronico responsabile dell’affidabilità del sistema e della mappatura della parte ibrida. L’inverter ovviamente sarebbe programmabile e collegato alla centralina o ECU  principale che già adesso controlla il motore endotermico e le funzioni dell’intero veicolo.

Fra gli attuali concorrenti MotoGP chi potrebbe trarne vantaggio?

Honda è da anni campione del Mondo F1, nell’ibrido hanno un’esperienza enorme. Yamaha potrebbe attingere a risorse Toyota (con cui ha avuto contatti anche nel passato), quindi anche in questo caso il know how ce lo hanno in casa. Ducati invece attingerebbe a piene mani alle risorse di Audi, che è impegnatissima nell’elettrico e nel 2026 sbarcherà in F1. In Aprilia c’è Massimo Rivola, ex uomo Ferrari: immaginate il fascino di un accordo di partnership tecnica fra Noale e la GES Ferrari? Solo KTM, oggi, non ha agganci con il settore auto, ma potrebbe benissimo attingere alle risorse disponibili sul mercato.

Quanto salirebbero i costi?

Un incremento rispetto alla tecnologia attuale è logico. Una MotoGP ibrida potrebbe costare un 10%-15% in più, a distinta base. Ma si potrebbe compensare riducendo le unità disponibili a quattro a stagione, contro le sette attuali.

L’ibrido è plausibile nelle moto stradali?

Se le normative sulla riduzione dei consumi e soprattutto sulle emissioni dovessero diventare ancora più stringenti, più ancora di adesso, l’ibrido potrebbe essere la strada da seguire. Sicuramente applicare un sistema PMG-inverter-batteria su una maxi stradale sarebbe complicato e costoso, inoltre è un processo ancora più lungo che per le corse. Dunque, considerando i tempi di sviluppo, test e omologazione, per vedere in pista una Superbike ibrida ci vorranno almeno sei – otto anni, dal momento del varo regolamentare.

Foto apertura: inverter progettato da Pulse (Rovereto) azienda specializzata per applicazione prototipali Motorsport

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