24 Giugno 2023

Manuel Fantini “Volevo diventare campione poi un high-side”

Manuel Fantini gareggiava poi un incidente ha cambiato le sue priorità. Tra i piloti che hanno iniziato a Galliano Park anche Marco Bezzecchi

Manuel Fantini

Un amore assoluto. Manuel Fantini è molto più di un appassionato di moto. Ha una cultura motociclistica più unica che rara: sembra un’enciclopedia. Ha meno di 40 anni ma conosce anche le gesta dei piloti del passato. Parla di Barry Sheene con la stessa naturalezza in cui racconta l’ultima gara di Marco Bezzecchi. Ma chi è Manuel Fantini, il gestore della pista di Galliano Park? La sua storia merita di essere raccontata.

Manuel Fantini, in passato eri un pilota?

Sono sempre stato appassionatissimo di moto. Il mio idolo era Wayne Rainey, per me era un dio e lo è ancora. Da giovane correvo in moto ed ero convinto che sarei diventato Campione del Mondo. Ho fatto il pilota fino a 16 anni. Ho avuto poi un high-side con l’Aprilia 250 (nella foto). Eravamo a fine anni novanta, all’epoca c’era ancora la lira. Se si dimostrava di essere veloci, fare record della pista, prime file, pole position, vittorie e podi si riuscivano a trovare gli sponsor per correre oppure a trovare chi faceva gareggiare gratis. Nel 2000 ho fatto il Trofeo Aprilia 250, era un bel salto. Da ragazzo pesavo tanto per essere un pilota e non potevo partire dalla 125. In 250 però riuscivo ad essere protagonista. Ma poi quando si fa un brutto high-side…“.

A cosa hai pensato dopo quell’ high-side?

“Ho fatto 2 giri della morte a Magione atterrando di schiena, ho avuto un trauma lombare fortissimo. Lo choc è stato molto grande e per qualche minuto il mio cervello ha fatto un reset. Per 5 o 10 minuti non ho sentito nulla dalla vita in giù, finché non eravamo partiti con l’ambulanza. In quel momento mi è successo qualcosa di forte a livello psicologico. Ciò che fino ad un momento prima per me era una priorità non lo era più. Per due settimane ho ripensato tanto a quei 5 minuti. Ho pensato che non avevo ancora mai fatto l’amore, non ero mai andato in una città Europea…”.

Si è rotto qualcosa?

Ho fatto dei pensieri che un pilota non dovrebbe mai fare. Se uno inizia a pensare a quelle cose significa che in realtà, di testa, non è un pilota. Prima di quell’incidente m’interessavano solo le corse, non pensavo ad uscire con le ragazze perché il mio chiodo fisso era solo il motociclismo. C’è stato poi un cambio di priorità nel mio cervello. Si è rotto un po’ tutto ed ho capito che dovevo fare basta con le corse. Non venivo da una famiglia benestante e non potevo permettermi un anno sotto tono, senza il mordente e la giusta determinazione”.

Hai deciso allora di dedicare tutto il tuo tempo a Galliano Park?

“Ho trovato un altro modo di sfogare la mia passione ed esprimerla con un ruolo diverso. Se io non sono riuscito a diventare un Campione del Mondo, posso aiutare qualcuno che poi lo diventerà”.

Chi ha iniziato la propria carriera a Galliano Park?

Marco Melandri ed Andrea Dovizioso sono i più famosi però ce ne sono stati tanti altri dopo. Quello che sta riuscendo meglio al momento è Marco Bezzecchi. Ha mosso i primi passi nel motociclismo proprio qui nonostante fosse di Viserba”.

Perché Marco Bezzecchi da Viserba di Rimini veniva a Galliano Park?

“Suo babbo voleva farlo correre in una pista giusta ma con poco traffico. Nei circuiti vicino al mare giravano 10 o 20 missili tutti insieme e Vito Bezzecchi era preoccupato. Lo faceva venire delle sere particolari, in cui c’era poca gente che noleggiava la moto e Marchino poteva iniziare così a darci del gas“.

L’elenco dei piloti che hanno iniziato Galliano è lungo.

Tantissimi sono cresciuti qui. Federico Caricasulo, Alessandro Delbianco, Luca Bernardi, Kevin Zannoni, Gabriel Tesini che è un ragazzino che sta emergendo ultimamente… Dal più vecchio al più giovane si stanno facendo strada, chi con più fortuna e chi con meno. Non stiamo parlando di nessun milionario ma di gente che deve iniziare a correre con gli aiuti degli sponsor. Galliano Park è una palestra ed una famiglia. Io non vedo l’ora di andare nei vari autodromi e vederli fare sul serio”.

I piloti ti hanno dimostrato grande vicinanza.

Il loro affetto, la voglia di tornare a Galliano sono la mia benzina ma non ci sono solo i piloti professionisti anche gli amatori che sono una forza della natura. C’è gente che ha iniziato a praticare questo sport verso i 20 o 30 anni mentre durante la settimana lavora. Li chiamiamo amatori ma sono eroi che amano realmente dare il gas”.

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