9 Aprile 2018

MotoGP: Questo motociclismo è ancora uno sport?

Questo motociclismo non è più sport: gestione assurda, scorrettezze, penalità, volgarità. E' diventato un baraccone per le tv

Questo motociclismo non è più uno sport. La MotoGP è sempre più un baraccone ad uso e consumo delle TV, che non a caso rappresentano la principale voce d’introito nel bilancio del promoter. Se in una gara non vincono più il più abile, o il più veloce, è tempo di cominciare a farsi qualche domanda.

RIDICOLO – Jack Miller, il poleman, era stato l’unico (su 24 partenti) a scegliere le gomme giuste. Avessero dato il via come indicato dalle regole e dal buon senso, l’australiano avrebbe sbancato il GP d’Argentina, e sarebbe stato giusto così. Invece è stato beffato dall’invenzione di una procedura di partenza mai vista. C’è da chiedersi come abbiamo potuto inventarsela, lì su due piedi. Qualche pilota invoca maggiori controlli antidoping, sarebbe il caso di estenderli a mezzo paddock, direzione gara compresa. Il pasticcio combinato dai “commissari”, che in realtà sono tutti più o meno dipendenti della società che dovrebbe solo gestire i diritti TV, è stato l’innesco di tutto il casino. In una partenza normale Marc Marquez non avrebbe fatto “stallare” la Honda, beccandosi la prima penalità. E non avrebbe dovuto prodursi in una rimonta furibonda e sconsiderata per salvare la gara che aveva in mano fin dal venerdi. Considerando i venti giri migliori di ciascuno, Marquez è stato oltre sei secondi più veloce di tutti, nonostante la caotica rimonta, i sorpassi, i contatti e tutto il resto. Risultato: chi doveva vincere (Miller o Marquez) non ha vinto. E’ normale?

SHOW – L’Argentina non è stato un caso, dovrete abituarvi a gare così. Perchè Dorna, la società spagnola che gestisce in monopolio tutti i principali campionati di motociclismo, lo dice a chiare lettere che le gare “devono essere equilibrate, vogliamo spettacolo, tanti vincitori, tanto show”. In Superbike, dove Jonathan Rea ha dettato legge per tre anni, si sono inventati di ridurre a tavolino i giri motore della Kawasaki. Risultato: anno scorso, dopo Australia e Thailandia, il nordirlandese viaggiava alla quota di quattro vittorie su quattro, stavolta ne ha centrata solo una. Marc Marquez, senza ombra di dubbio il pilota più veloce in MotoGP (e forse della storia…) in due GP ha totalizzato appena 20 punti su 50 disponibili, dopo il 2° posto in Qatar e il 18° d’Argentina, conseguenza di due penalità. La prossima è in Texas, dove Marquez ha vinto sempre, per cui se avesse sbancato in Argentina, il pilota Honda dopo tre soli GP si sarebbe potuto  trovare largamente in testa alla classifica. Parliamo di ipotesi ovviamente, ma che dopo appena tre GP  la MotoGP potesse già essere indirizzata era un “rischio” assai concreto. Addio spettacolo, niente polemiche, niente casino pro audience. Invece adesso non solo la classifica è apertissima, ma sono riaffiorate le stesse rivalità e inimicizie che  nel 2015 tennero il “grande pubblico” incollato alle TV. Che caso, vero?

MONOPOLIO – Ai vecchi tempi, quando comandava la Federazione Internazionale Motociclistica, il potere sportivo era nelle mani di commissari designati da ciascuna federazione. Cambiavano ogni GP, alcuni erano competenti, altri una frana. Per cui anche allora, ogni tanto, venivano prese decisioni discutibili. Ma almeno non c’era il sospetto che venissero prese per movimentare le gare. Adesso si. Se ci fate caso, nasce tutto da lì: com’è possibile che la FIM abbia assegnato i Mondiali MotoGP e Superbike alla stessa società? Com’è possibile che nelle moto ci sia un monopolio di fatto sui diritti TV e commerciali, in barba a qualunque norma internazionale sulla concorrenza? E com’è possibile che la  FIM, dopo aver venduto di fatto anche la gestione sportiva,  non ritenga più fruttoso fare un’asta sui diritti ogni tre-quattro anni, come fanno in tutti gli sport “normali”? La FIM ha sottoscritto accordi con Dorna che scadono in date imprecisate, segrete, pare fino al 2039, quando magari si potrà correre anche su Marte. Tutto normale?

YAMAHA VS HONDA – A chi ci mette (tanti) soldi, ovvero i Costruttori, questo andazzo alla lunga continuerà a piacere? Il dubbio è lecito, perchè se le gare diventano semplicemente uno show con regole aggiustate di volta in volta, che senso ha investire in sviluppo, organizzazione e ingaggio dei piloti? I Costruttori sono rivali, ma sui grandi sistemi fanno fronte unico: che penserà il board Yamaha, cioè chi controlla gli investimenti,  del fatto che chi entra o meno nel box lo decide un amico-socio del pilota e non chi è stato investito della responsabilità di farlo?

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