10 Maggio 2023

Mondiale Superbike, una Divina Commedia: inferno, purgatorio e paradiso

Nel campionato più amato girano milioni come mai, ma c'è anche chi stenta a far quadrare i conti. E' sempre stato cosi, ma...

Superbike, tanti modi di essere

Nel Mondiale Superbike non sono mai girati tanti soldi come adesso. L’impegno dei cinque Costruttori presenti (Honda, Yamaha, Kawasaki, Ducati e BMW) è massiccio non solo a livello di investimento, visto che si parla di budget da decine di milioni, ma anche di tecnologia. Prendete la Ducati: la squadra impegnata nelle derivate di serie ha un filo diretto, anzi direttissimo, con lo stesso reparto corse che da alcuni anni padroneggia in MotoGP. In Superbike la marca italiana ha esportato lo stesso modello operativo che vige in top class, possibilità di utilizzare il “remote garage” a Bologna inclusa. A Barcellona lo staff abituale era rafforzato da Davide Barana, direttore tecnico e braccio destro di Luigi Dall’Igna. Hai voglia di “tagliare” i giri motore, i Rossi ci hanno messo qualche ora a ricalcolare la rapportatura, le curve di potenza e tutto il resto. Risultato: nelle tre gare al Montmelò Alvaro Bautista è andato più forte di prima…

Il vorticare di milioni

Ma non è di tecnologia che vogliamo parlare, ma di soldi. Tanti soldi. Sui social si legge di Superbike di in crisi, di ripercussioni con il mercato delle supersportive che diventano sempre più flebili. Ma allora da dove arrivano i soldi per l’asta che si è accesa per assicurarsi Toprak Razgatlioglu, un gran pilota, certamente, ma non Marc Marquez? Yamaha, per tenerselo, ha messo sul piatto 1,5 milioni a stagione con proposta di parecchi anni, incluso l’ipotetico sbocco futuro verso la chimera MotoGP. BMW, convinta di avere una gran moto e un super team ma non il top rider, ha calato sul piatto un assegno da 2,5 milioni. Neanche ai tempi d’oro di Noriyuki Haga, Colin Edwards e Troy Bayliss, forse i più pagati del passato, si erano fatte follie di questo genere. C’è un paddock che naviga nell’oro: piloti super pagati, sponsor che ci vogliono essere a tutti i costi, hospitality sempre più grandi. Puccetti Kawasaki, un team satellite, ad oggi non ha il pilota ma dispone di un’area per gli sponsor alta come un palazzo di tre piani.

La terra di mezzo

Il Paradiso non è piccolo, perchè tutti e cinque i Costruttori presenti, chi più chi meno, non guarda a spese, su niente: piloti, logistica, ospitalità. Poi c’è una zona grigia, il Purgatorio. Lì trovi squadre di medie dimensioni, come Go Eleven o Barni, nate dalla passione ma con il passare degli anni diventate sempre più organizzate, sia dal punto di vista tecnico che logistico. Anche queste entità hanno bei giri di sponsor, agenzie di comunicazione a supporto e una riconoscibilità che trent’anni fa i team ufficiali se la sarebbero sognata. Però non è tutt’oro quello che luccica, i budget spesso stanno in piedi coi fili. Basta un aumento del costo dei biglietti aerei, come si è registrato nel periodo Covid, per creare qualche turbolenza.

Gli ultimi della terra

Poi c’è il paddock in perenne sofferenza. Squadre che fanno fatica ad esserci, che si arrangiano come possono, facendo correre moto un pò datate e magari il pilota pagante che coi suoi sponsor personali permette di fare il pieno al camion per arrivare in circuito. Poi qualche santo sarà. Non sempre, perchè a Barcellona c’è stato anche chi, mancandogli i ricambi, non ha preso il via. Con quello che un top team spende per la merenda agli ospiti, qualcuno ci correrebbe mezza stagione.

Il morale della favola è che è sempre stato così. Anzi prima era peggio, perchè il Paradiso era molto più piccolo di adesso, negli anni ’90 c’erano 70 piloti in pista e oltre la metà era gente che correva nei campionati nazionali. Cioè semi professionisti, o poco più. Le squadre che non stavano in piedi c’erano anche nella Golden Era, anzi assai di più di adesso. Ma c’era una grande, enorme differenza…

Quale?

La vera differenza fra ieri e l’oggi è come il Mondiale Superbike si racconta. Una volta funzionava così: l’apparato media era composto da qualche TV e da 4-5 professionisti, per decenni gli stessi, che rappresentavano grandi testate. Il flusso informativo era unidirezionale: i reporter scrivevano o commentavano in tv, la gente a casa leggeva e ascoltava. Tutto quello che succedeva era accuratamente filtrato, a vari livelli: dai giornalisti stessi e dal Promoter. I fratelli Flammini, da questo punto di vista, erano maestri. Il copione del Mondiale Superbike era scritto a tavolino e la rappresentazione si succedeva gara dopo gara e anno dopo anno aderendo ad una filosofia ben precisa. Il must era la rivalità con la 500/MotoGP: di là i piloti fighetti, di qua i piloti duri e puri. Ha funzionato per decenni. Era tutto studiato, e andava bene a tutti: media, promoter, Costruttori, team e piloti. La gente a casa sognava e si divertiva.

Un’altra epoca

Adesso il promoter è lo stesso, fra i due Mondiali c’è omologazione invece che rivalità. Inoltre coi social è diventato tutto molto più liquido. Qualsiasi entità del Mondiale Superbike si racconta a modo suo, dai grandi team, ai piloti, fino a scendere tutti i gradini. La squadra che a Barcellona non ha corso, ha fatto comunque post per spiegare il perchè. Così hanno montato loro stessi un “caso”, salvo poi indignarsi perchè alla fine anche i media mainstream ne hanno parlato. Ai vecchi tempi una storia così non sarebbe uscita, per carità di tutti, campionato e team. O meglio, sarebbe stata raccontata in modo da esaltare i contorni di passione e romanticismo aldilà di tutto, perfino dei pezzi che mancano. Adesso impera il fai da te, tutti comunicano ma non si rendono conto cosa, nè perchè. Succede anche ai piani alti. Lunedi sui social del promoter sono circolate foto di Rea e Razgatlioglu con gli occhi storti e l’espressione da ebeti. Chi paga gli ingaggi (altissimi) di entrambi si è parecchio risentito. Sia Jonathan che Toprak sono testimonial di un prodotto destinato ad un pubblico adulto, perchè chi acquista iper sportive ha dai 35 anni in su. Quindi è gente che si eccita con la sostanza: un sorpasso, una sportellata o una rivalità fuoco. Non con le stupidaggi. Vallo a spiegare ai social manager…

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