20 Dicembre 2022

Superbike, Vittorio Iannuzzo vita a tutto gas “Che errore lasciare Suzuki”

Vittorio Iannuzzo, una carriera record dalle gare amatoriali al Mondiale Superbike con Suzuki. Poi l'errore decisivo ed il lento declino.

Vittorio Iannuzzo, Superbike, Suzuki

Mira alla luna, male che vada avrai camminato tra le stelle, cita un aforisma. E Vittorio Iannuzzo ha corso tra le stelle del Mondiale Superbike con il Team Alstare. Vittorio, così come Luca Scassa, è rimasto nel cuore della gente.

Nato ad Avellino nel 1982, ha bruciato le tappe ed è arrivato subito in alto, quasi per caso.

Mio padre era un pilota – racconta Vittorio Iannuzzo – Io ho iniziato con i kart e a 14 anni ho debuttato in moto nelle 125. In realtà all’inizio non ho fatto dei risultati esaltanti perché con le moto piccole non mi trovavo bene. Nel 1997, a metà stagione, mio babbo avrebbe dovuto partecipare ad una gara del Trofeo Yamaha Thundercat a Misano. Aveva moto, l’iscrizione pagata e tutto. Però si era fratturato un braccio e non poteva gareggiare allora ho corso al suo posto. Avevo appena 15 anni e sono salito sul terzo gradino del podio. E’ nato tutto da lì, la mia carriera è iniziata quel giorno”.

L’anno dopo hai debuttato nel Mondiale Supersport partecipando alla gara di Misano?

Sì, sono stato chiamato da Yamaha Belgarda che mi ha preso sotto la sua ala e sono approdato successivamente da Vanni Lorenzini al Team Italia. Mi sono trovato molto bene, ho fatto delle belle gare sia nel Mondiale Supersport che nel CIV dove ho sfiorato la vittoria del titolo italiano”.

Dopo Yamaha la svolta con Suzuki?

Nel 2001 sono stato preso da Suzuki Italia. Fabrizio Pirovano è stato il mio compagno di squadra, mentore, manager: è stato tutto per me e sarà sempre nel mio cuore. Lui ha deciso che avrei dovuto fare le cose sul serio e mi sarei dovuto trasferire in Brianza. Appena ho lasciato Avellino sono andato a vivere a casa sua, dormivo nella stanza che sarebbe diventata poi quella delle sue figlie. Suzuki Alstare era veramente il top e il 2002 è stata una stagione trionfale. Ho vinto l’Europeo Stock 1000 nonostante la fattura di femore e clavicola. Fantastico”.

Sei stato così promosso in Superbike?

Il 2003 ho corso nel Mondiale con i vari Lavilla, l’anno dopo avevo fatto più fatica ma sono stati anni stupendi. Poi l’errore decisivo. Nel 2005 sono passato alla MV. In Suzuki avevo tutto: la squadra migliore, in cui tutti avrebbero voluto correre ma ho cambiato. Ho fatto una gran cavolata”.

Perchè hai lascialo Suzuki Alstare?

“Lo ammetto, l’ho fatto per soldi. Mi attirava anche il blasone di MV ma la scelta era stata principalmente di natura economica perché mi pagavano di più. Il giorno in cui sono andato a firmare per MV mi ha telefonato Batta pregandomi di non farlo perché stavo sbagliando. Aveva trovato il modo per tenermi ma non l’ho ascoltato: ho seguito mio orgoglio e sono rimasto fermo sulla mia posizione. Se gli avessi dato retta la mia carriera sarebbe stata diversa ed avrei corso a lungo nel Mondiale Superbike. Con MV mi sono comunque tolto delle soddisfazioni, ho riportato sul podio questa storica cosa dopo tanti anni, non sono andato male ma ero sceso dal treno giusto”.

Dopo MV è iniziato il declino?

Ho fatto il contrario degli altri piloti mi ero trovato subito al top, avevo tutto, ma poi ho dovuto inseguire. Gli anni dopo ho corso con team minori, con poco budget, ed ho cercato di sopravvivere in Superbike intanto venivano fuori altri piloti e io rischiavo sempre di finire nel dimenticatoio”.

Aver lasciato Suzuki è il tuo unico rimpianto?

“Ni dispiace molto anche non avere mai vinto un titolo italiano. Ci sono andato vicinissimo per 3 volte ma per un motivo o un altro non l’ho conquistato. Quando me lo stavo giocando con Norino Brignola l’ho perso per una caduta all’ultimo giro. Ecco, il titolo tricolore un po’ mi manca”.

Sei passato poi al BSB?

Dal 2014 sono andato a correre nel campionato inglese, in quello tedesco e sono state delle bellissime esperienze. Avrei potuto continuare se avessi voluto perché mi sono sempre comportato bene con tutti e i team mi davano fiducia. Ad un certo punto però mi sono sentito scarico, correre era diventato quasi un peso ed ho smesso. Sono felicissimo di quello che ho fatto e lo rifarei altre trecento volte. Però c’è anche altro nella vita forse anche più importante del motociclismo”.

Ora cosa fai?

Mi sento più motociclista adesso di un tempo perché insegno alla scuola di pilotaggio di Pedersoli, faccio da tester, vado a girare in pista e con la moto da enduro con gli amici. Ho anche preso la patente per andare in moto per strada e spero di fare qualche viaggetto. Sono pendolare tra Bratislava dove lavoro nel settore automobilistico e Brescia dove ho la famiglia con due bimbe ed un bimbo. Mio figlio è ancora molto piccolo ma mi piacerebbe se si appassionasse alle moto, per condividere la mia passione con lui e chissà che in futuro ci possa essere uno Iannuzzo 2.0, più forte di me”.

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