18 Dicembre 2023

Motoestate: Simone Campanini, dal quasi ritiro al titolo Race Attack 600

Simone Campanini campione Race Attack 600 nel Motoestate: la passione dal nonno, l'inizio tardivo, il quasi addio alle corse... L'intervista.

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Un risultato a sorpresa che ripaga una vita di sacrifici e di passione. Simone Campanini, 34enne parmense fresco campione Race Attack 600 nel Motoestate, nella vita quotidiana non è pilota professionista ma è montatore meccanico, con annesse trasferte, da intervallare quindi alle sue trasferte per le gare. Oltre alla famiglia, visto che è papà di un bimbo di tre anni. Accanto a lui AM Racing, che si occupa della ciclistica della sua moto, più Protan Engine, che invece si occupa di motore e tutto il resto. Sempre con lui però anche la compagna Rita (a breve moglie), il figlio Alessandro (quando possibile), la sorella, il cognato e tutti coloro che gli danno una mano nei vari round.

Non si tratta infatti di un team vero e proprio, ma di un gruppo di persone che fa tutto da solo, anche per limitare i costi visti i costanti problemi di budget. Campanini infatti sa fare tutto da solo: possiamo citare anche il fatto di aver lavorato coi fratelli Luca e Kiara Fontanesi, ma negli anni ha accumulato un grande bagaglio di esperienza che è tornato molto utile. Il risultato finale di quest’anno parla da solo! Un’altra nota riguarda il suo numero da gara: adesso è il 127, ma ha iniziato col 27 e non si tratta dell’età che aveva per la sua prima gara… Ma conoscete tutta la sua storia? Ve la raccontiamo nell’intervista.

Simone Campanini, campione Race Attack 600. Che bella stagione!

A dire la verità eravamo partiti pensando solo ad ottenere qualche bel risultato: magari qualche vittoria, soprattutto cercare di andare sempre a podio. L’idea di vincere il campionato… Era solo un bel sogno, ma non ci avevamo mai pensato davvero. Invece sono arrivate pole position e vittoria a Varano, quindi abbiamo iniziato a pensare che poteva arrivare qualcosa di bello. A Cremona invece abbiamo rotto il radiatore durante nelle prove, pensavamo di non poter neanche correre e invece ce ne hanno prestato uno, quindi alla fine ho vinto anche lì.

Arrivi poi in un circuito che non conosci.

Magione non l’avevo mai vista, ma mi sono trovato subito bene. Sabato, giorno del mio compleanno, mi sono regalato la pole position, anche se ho un po’ esagerato e sono scivolato, quindi abbiamo passato la sera a sistemare la moto. Non ho vinto, ho fatto due secondi posti ma ho allungato in campionato, è stata una svolta: sono passato a +22 punti.

Simone Campanini, qualcosa quindi è cambiato anche per te.

Lì abbiamo cominciato a credere che si poteva vincere. Siamo poi ripartiti ad agosto a Varano e ho fatto un’altra bella pole position, ho vinto Gara 1 e ho chiuso 2° in Gara 2. Fino a questo momento quindi non ci sono stati particolari problemi, a parte quelli tecnici che ho citato. A settembre arriviamo all’ultima a Cremona e mi prendo la 4^ pole in cinque round, diciamo che il giro secco mi viene bene! Ho chiuso il campionato col 2° posto in Gara 1, mentre Gara 2 me la sono goduta e l’ho vinta. Volevo chiudere in bellezza.

Possiamo dire quindi che è stata una doppia soddisfazione proprio per la sorpresa, giusto?

Sì davvero, nessuno se l’aspettava. Anche perché gli anni scorsi ho fatto dei bei tempi in prova, come dimostrano le pole position, ma in gara mi perdevo. Succedeva qualcosa, scivolavo, qualche botta l’ho tirata. Forse quest’anno ho trovato l’equilibrio giusto per portare a termine i sacrifici degli anni passati. Se hai la passione, quello che ti dà la moto non lo trovi in nessun altro sport.

Simone Campanini, ma da dove parte questa passione?

È “colpa” di mio nonno materno, i miei genitori invece la moto non l’hanno mai potuta vedere. Non siamo di famiglia ricca, ma mi hanno sempre detto che, anche se avessero potuto, non mi avrebbero mai dato un euro per una moto. Mio nonno invece ne aveva una, io non l’ho mai visto però, e quando andavo da lui ci guardavamo sempre le gare per TV. Avevo circa 5-6 anni, da allora ho sempre rincorso quell’idea di prendermi la moto, ma i miei genitori non volevano e mio nonno non voleva creare contrasti.

Quand’è che sei riuscito a prenderti qualcosa?

Ho dovuto aspettare lo scooter a 14 anni, anche quella è stata una bella lotta ma alla fine me l’ha preso mio nonno. È mancato quando avevo 15 anni, non avevo ancora la moto… Per quella ho dovuto aspettare 21 anni, lavoravo già e mi ero preso la patente: era un Honda CBR 600 stradale, l’ho portato a casa di nascosto e se lo sono trovato là. “Ma questa cos’è?” e io ho risposto che sarebbe stata la mia moto da quel momento in avanti. Pensavo di prendermi una marea di nomi, invece tutto sommato è andata anche meglio delle aspettative, hanno rispettato la mia scelta.

Quando hai cominciato a gareggiare?

Ho iniziato a girare in pista tre anni dopo, con tanti sacrifici. Nel 2015 alla fine ho fatto due uscite in pista e nel 2016 ho fatto la mia prima gara a Modena nella Race Attack 600 del Motoestate. Ho cominciato così per gioco, per provare: è andata veramente male perché ho chiuso 14° e non ero contento, ma mi sono divertito tantissimo. Alla seconda gara a Varano però è avvenuto un mezzo miracolo, sono andato sul podio! Euforia totale, era qualcosa di impensabile.

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    Da quel momento hai iniziato a crederci davvero.

    Ho iniziato a lavorarci perché allora voleva dire che c’era qualcosa di buono, potevamo farlo. Sono andato avanti negli anni, tranne nel 2017, quando abbiamo comprato casa quindi ho perso tutto l’anno. Nel 2018 ho fatto solo tre gare, nel 2019 c’è stato un brutto incidente a luglio nelle prove libere a Franciacorta e ho dovuto buttare via una moto. Mi sono preso con uno che mi ha tagliato la strada sul rettilineo, quindi in quinta piena: io non mi sono fatto niente, la moto era praticamente divisa a metà. Ne ho presa un’altra due mesi dopo, ma la stagione è finita lì.

    Simone Campanini, come sei arrivato nel Motoestate?

    È “colpa” di Davide Messori, che mi ha dato tanto consigli su moto e stile di guida, negli anni mi ha aiutato a crescere. È stato proprio lui infatti a spingermi, a dirmi di provare, finché ho ceduto perché volevo provare a competere con gli altri, ce l’ho nel sangue.

    E come ti trovi?

    Ho notato che negli anni il livello tecnico si è alzato sempre di più. Io ci ho sempre corso con il CBR, cambiando solo i modelli: sono partito col 600 del 2005, poi sono passato al 2007, fino ad arrivare al 2014. Io però da amatore avevo un motore standard, invece altri team con cui mi scontravo facevano delle preparazioni ai motori superiore. Di conseguenza cadevo anche troppo: mi trovavo ad essere lì con loro, ma per mi mancava velocità e per provare a superarli esageravo, quindi mi si chiudeva il davanti. Non dico di essere “tutto o niente”, ma quasi.

    Adesso corri col 127, ma hai sempre una grafica molto particolare… È un caso?

    Il mio primo numero è stato il 27, non per caso: adoravo Casey Stoner. Mi sono innamorato del suo stile di guida, di come parlava, di tutto. Ho cominciato così, solo che non mi sembrava carino usare il numero di uno come lui, quindi per rispetto ho cambiato e ci ho aggiunto un 1 davanti. Dall’anno dopo è diventato il 127 con cui corro adesso.

    Tornando alla sequenza: nel 2020 c’è stata la pandemia, quindi non hai potuto fare molto.

    Sono rimasto fermo fino a maggio, quando ho ricominciato a girare un po’. Il calendario del campionato però è uscito tardi ed a gennaio 2020 poi era nato mio figlio, quindi l’anno è andato per un buon motivo. Ci siamo preparati bene per il 2021, sempre col CBR 600 ma con le stesse difficoltà tecniche, quindi alla fine dei conti in campionato non ho concluso niente. L’unica cosa positiva è che, nonostante gli zeri, sono riuscito a fare 3° nella classifica Challenge, una piccola consolazione. Ma a metà anno mi ero un po’ stufato, ne avevo parlato anche con la mia compagna, che mi sprona sempre e mi lascia fare quello che mi piace. Le ho detto però che o cambiavo o smettevo.

    Simone Campanini, quindi cos’hai fatto?

    Abbiamo cominciato a cercarne una pronta, col motore al livello degli altri: il 10 luglio sono andato a comprare una Yamaha R6 preparata come si deve e da lì è scoppiato l’amore. No, non ho smesso! Ho fatto le prime quattro gare con Honda, dopodiché sono andato a provare per sistemare un po’ la Yamaha. Specifico che l’amore è scoppiato dopo, all’inizio invece pensavo di tornare indietro perché non mi trovavo assolutamente, non riuscivo a fare più quello che volevo come prima. Avevo quasi pensato che non fosse un problema di moto ma mio, non ero convinto.

    Probabilmente era dovuto al fatto di anni di “stile Honda”.

    Infatti tendevo a guardarla allo stesso modo, poi abbiamo scoperto che c’era un problema a livello di geometrie della moto e l’abbiamo sistemata. L’ultima gara a Cremona l’abbiamo fatta con la Yamaha R6 ed è andata molto meglio del solito: ho fatto 3° in qualifica, ero contento perché riuscivo a guidare come volevo, in gara poi non è andata perché sono partito malissimo… Mi sono detto però che l’anno dopo dovevamo provare per vedere cosa poteva succedere, se poteva arrivare qualche risultato.

    Simone Campanini, il 2022 invece non è stato molto positivo per te.

    No, mi ha voltato ancora le spalle. Praticamente all’inizio dell’anno ho fatto revisionare il motore, ma aveva un problema che nessuno sapeva spiegarsi e fin dalle prime uscite dell’anno quindi avevo continui problemi tecnici. Abbiamo perso tre mesi, finché non abbiamo scoperto il problema, ma ormai per la stagione era tardi. Alla fine ho buttato via anche quell’anno, tranne l’ultima gara.

    Com’è andata?

    Pioveva! Mi sono qualificato terzo, eravamo in tre racchiusi in due decimi, quindi molto vicini. In gara poi abbiamo trovato condizioni particolari: asciutto, piove, non si sapeva quindi se montare gomme da asciutto o da bagnato. Alla fine quelle da bagnato sembravano la scelta migliore, invece già nel giro di ricognizione mi sono accorto che avevo sbagliato, dopo un giro la pista era praticamente asciutta. Il problema era che i due davanti avevano azzeccato, quindi per provare a stargli dietro sono volato via! Stagione finita così e sinceramente non sapevamo se fare quella dopo: non ce ne andava dritta una, la sfortuna, i costi, Magione che è più lontano… Ne vale la pena? Eravamo indecisi. Ci abbiamo pensato a lungo e alla fine ci siamo detti di riprovare, di fare un’ultima stagione.

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    Una premessa curiosa visto com’è andato il 2023!

    Se andava bene, altrimenti basta così, finito. Per quello nessuno se l’aspettava! Ripercorrendo gli anni passati ti chiedi chi te lo faceva fare. Anche perché, in base al mio carattere, io lo faccio se sono competitivo e non per partecipare e basta, non fa proprio per me.

    Simone Campanini, possiamo dire che è il premio per gli sforzi di tutta una vita.

    Alla fine si può dire così, sì. Ho perso qualche anno, ma alla fine ci ho sempre lavorato perché ci ho creduto. Aggiungo che la categoria Race Attack mi è entrata nel cuore e la volevo vincere a tutti i costi.

    Si sente sempre di piloti che iniziano da piccolini, mentre tu ci sei arrivato “da adulto”.

    Diciamo che mi sono creato la mia strada. Non si può dire però che abbia mai ragionato, nel senso che ragiono ma non quando sono in moto! Anche sotto quell’aspetto però sono cresciuto: prima andavo e succedeva quello che doveva succedere, quest’anno invece non so dire cosa sia capitato, quasi un “click” esagerato che mi ha portato a questo. In moto però ragionavo, mi dicevo cosa fare, come attaccare qualcuno… La scivolata ci sta, a volte bisogna anche rischiare o provare qualcosa di diverso, ma mi rendevo conto, usavo la testa. Un’altra cosa però che è cambiata rispetto agli altri anni è l’allenamento: all’inizio non facevo niente, quest’anno ho fatto una preparazione seria, mi sono allenato. Credo mi abbia aiutato tanto!

    Simone Campanini, hai già qualche programma per il 2024?

    Ho già deciso di fare la 600 Open, sempre con la mia moto. Dovrò cambiare le gomme, passando dalle vecchie Dunlop stradali alle Pirelli racing: le ho già provate ad ottobre con risultati buoni perché ho già abbassato il mio miglior tempo. Mi aspetto di riuscire a lottare per il podio in tutte le gare, anche se è chiaro che vado a farla perché la vorrei vincere! Ma è una competizione nuova per me, con piloti forti ed un livello un po’ più alto, quindi non me la sento di dire che arrivo e batto tutti. Cambiano le gomme, la categoria, c’è qualche giro in più in gara, quindi fisicamente dovrò prepararmi meglio.

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