13 Settembre 2022

Francesco Curinga, l’eroe del Manx “Io dopo Agostini, non ci credo”

Francesco Curinga, vincitore dello Junior Manx Grand Prix, si racconta. "Ecco com'è vincere sul Mountain Circuit"

Francesco Curinga, Manx

Francesco Curinga ha pianto in silenzio, dentro il suo casco, poi se lo è tolto ed ha sorriso. Ha scritto il suo nome nell’albo d’oro dello Junior Manx Grand Prix. Era da cinquant’anni che un pilota italiano non vinceva sui terribili 60,6 chilometri del Mountain Circuit. L’ultimo era stato Giacomo Agostini, nel Tourist Trophy. Il Manx non ha lo stesso richiamo, ma è pur sempre un’impresa storica. Francesco ci ha messo un po’ a metabolizzare la sua impresa, a rendersi conto che era tutto vero e non un sogno vincere sull’Isola di Man con la Paton S1-R.

“Quasi non ci credo – racconta Francesco Curinga – dopo Agostini, il re delle moto, fra i vincitori italiani all’Isola di Man arrivo io. Ho provato delle sensazioni fantastiche. Negli ultimi istanti mi sono passati per la mente tanti pensieri: da mia moglie Serena a mio figlio che erano rimasti a casa, da mio padre a mio zio che non ci sono più ed erano stati anche loro piloti. E’ stato fantastico. Poi all’arrivo la grande festa con gli inglesi: i selfie, gli autografi, è stato qualcosa d’incredibile”.

Chi è realmente Francesco Curinga?

“Sono in ragazzo di 47 anni, vivo a Badalucco nei pressi in Imperia e mi sento ancora un bambino. Ho iniziato ad andare in moto a 3 anni, grazie a mio padre che mi regalò una SWM da mini-cross. Era un meccanico e gareggiava nei circuiti stradali a fine anni settanta. Ci sarebbe piaciuto correre assieme anche se non ce lo siamo mai detto. Lui aveva forse paura che mi facessi male perché il motociclismo è uno sport pericoloso eppure mi regalava le moto. Nel 1998 è venuto a mancare e qualche anno dopo ho iniziato fare le corse in salita poi a gareggiare in circuito nel Trofeo Kawasaki. Ho vinto sette Titoli Italiani e quattro Titoli Europei delle corse in salita. Nel 2017 ho debuttato a Man e per uno che ama le corse su strada è il massimo”.

Sei un pilota a tempo pieno o fai anche altro nella vita?

“Io credo che siano pochissimi i piloti che possono permettersi di andare solo in moto e io non sono tra quelli. Faccio un po’ il collaudatore, l’istruttore e quando non ho impegni sportivi, mi occupo di giardini. Non vivo solo di moto. Per tanti anni ho pagato per correre ora per fortuna ho qualche sponsor, non spendo nulla per gareggiare e sono felice, mi sembra già una gran cosa”.

Ti aspettavi di vincere lo Junior Manx Grand Prix?

“Io non mi esalto e non mi deprimo, non mi creo mai delle aspettative. Avevo già fatto questa gara nel 2017, nel 2018 e nel 2019 mi ero classificato secondo, poi c’era stata la pandemia e per due anni non si era corso. Partivo con il numero uno sulla carena quindi in teoria andavo per vincere ma non lo dicevo perché nelle gare può succedere di tutto, in particolare in quelle su strada”.

Sull’ Isola di Man le insidie non mancano.

“La gara è di 240 chilometri, lunga ed impegnativa a livello fisico ma soprattutto psicologico. Serve la giusta maturità perché non bisogna assolutamente comportarsi da kamikaze, non è ammesso il benché minimo errore. Se si corre sull’ isola di Man si sa a cosa si va incontro e bisogna usare sempre la testa. Per il resto la moto era al top e ringrazio di cuore la squadra”.

A chi dedichi questo successo?

“Una dedica va a mia moglie Serena, appassionatissima di moto. Lei ha una marcia in più, organizza tutto e senza di lei sicuramente non sarei qui a raccontare la mia vittoria allo Junior Manx Grand Prix”.

Prossimo appuntamento?

“A metà ottobre a Misano per il Trofeo Moto Guzzi Fast Endurance. Gareggerò assieme al DJ Ringo e sicuramente ci divertiremo”.

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