21 Novembre 2017

MotoGP: la tecnica nuova di Marc Marquez

Come riesce Marc Marquez a evitare cadute rovinose? Ecco qualche spiegazione...

Il box Repsol, dopo i festeggiamenti per il sesto titolo conquistato da Marc Marquez, rende noti alcuni dettagli del “salvataggio miracoloso” effettuato dal fuoriclasse catalano durante l’ultimo GP di Valencia.

DATI – I numeri sono impressionanti: il #93 in curva 1 ha frenato trenta metri oltre il suo solito riferimento – si tratta di quella che il commento televisivo ha definito “frenata di dopodomani” –, è entrato in curva a 153 km/h, ha scivolato in appoggio per 50 metri con un angolo di piega di 64°. Senza cadere. Cycleworld.com, in un articolo a firma di Kevin Cameron intitolato “È un salvataggio di fortuna, oppure è una tecnica?”, riporta un punto di vista interessante. Marquez non è un individuo baciato dalla fortuna, ma un pilota che sa quel che fa. Di più, ha sviluppato una tecnica. Non solo appresa con la pratica, bensì studiata a tavolino. Se andiamo a guardare i fatti il neo campione del mondo è caduto 27-1/2 volte senza mai finire in clinica.

PASSATO – Un ex pilota degli anni ‘70, Mark Homchick, fa notare come la sicurezza attiva e passiva sia migliorata tanto negli ultimi tempi. Questo permette di fare delle cose che prima potevano essere solo frutto dell’improvvisazione istintiva. Gustoso l’aneddoto: «se sporgendoti dalla moto in piega fossi scivolato [sul vecchio tracciato del Montjuïc a Barcellona fiancheggiato da grandi alberi] avresti cercato di di sterzare coi gomiti, sperando di passarci in mezzo.» Questo era il passato, dove il corpo sulla moto lo utilizzavi, extrema ratio, per puro istinto di sopravvivenza. Va anche detto che non esistevano protezioni per le estremità esposte.

TECNICA – Il presente al contrario è fatto di un allenamento sistematico, che Marquez ha elevato (quasi) a scienza. Il campione di Cervera infatti, alla curva 1 di Valencia, non appena ha sentito la “chiusura” dell’avantreno – si tratta di una perdita di aderenza che provoca un aumento conseguente dell’angolo di sterzo – ha abbassato il gomito sinistro in modo da stabilire un punto di contatto con l’asfalto; se non lo avesse fatto, la perdita di aderenza sarebbe stata irrimediabile. Avrebbe terminato nel ghiaione. Durante quei cinquanta metri di scivolata il pilota ha continuato a mantenere il contatto del gomito con l’asfalto, aiutandosi dopo il primo momento anche col ginocchio. In questo modo ha facilitato la ripresa del grip dell’anteriore, mentre l’attrito su gomito e ginocchio rallentava la moto quel tanto che bastava a consentire al rider di riprenderne il controllo.

MARZIANO – Il talento fuori misura di Marquez è stato nell’impedire il probabile highside. Ha mostrato una sensibilità che è andata addirittura quasi oltre il limite teorico. Una volta ristabilita l’aderenza il #93 è riuscito anche a caricare nuovamente di peso l’anteriore. È finito lungo, ma non è caduto e ha potuto riprendere la corsa. La tecnologia aiuta, ma non è tutto. I pneumatici della moderna MotoGP non sono solo grip, ma anche “feeling”. Rispetto a quelli del recente passato trasmettono informazioni al pilota. In sostanza, avvisano quando ti mollano, o stanno per farlo.

PREPARAZIONE – L’allenamento fa il resto. I riders sono atleti performanti che mentre controllano, con le estremità “tutto fuori”, il comportamento della moto, contemporaneamente riescono a tenere d’occhio l’avantreno per valutarne la motricità. Quello che una volta si faceva d’istinto, nel caso di Marquez è diventato una tecnica nuova. In pratica, una frazione di secondo prima di perdere completamente il controllo, quando avverte che l’anteriore sta mollando, il pilota utilizza gomito e ginocchio come un perno in attesa che l’attrito riduca la velocità in maniera tale che il pneumatico ritorni al grip ottimale. Guardando la telemetria fornita dal Team Repsol questo appare un’ipotesi per nulla improbabile. Tutto ciò forse contribuisce a spiegare perché Marquez stia riscrivendo di volta in volta le regole del gioco: in modo empirico, provando e riprovando quanto può spingersi oltre il limite. La tecnica, appresa a suon di ruzzoloni in prova, torna buona in gara, quando serve sapere esattamente fino a che punto ti puoi spingere. Come abbiamo visto, qualche volta pure in bagarre, quando ti stai giocando un mondiale.

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