1 Marzo 2018

Superbike: Australia grande show, ma i problemi restano

Phillip Island ha dato spettacolo, ma i distacchi sono stati superiori al 2017. Il nuovo regolamento non funziona. Ecco perchè

Che l’apertura del Mondiale Superbike sia stata elettrizzante non ci piove. Era un bel pezzo che non ci divertivamo così. Da quando? Dalla gara di Phillip Island di un anno fa. Dunque sbagliano gli osservatori disattenti a parlare di “Superbike fuori dalla crisi con il nuovo regolamento”. L’Australia è una tappa particolare, e nonostante l’entusiasmo suscitato dal trionfo di Marco Melandri e della Ducati i problemi restano tutti sul tappeto. I distacchi tra ufficiali e privati (pardon, adesso si chiamano “indipendenti”…) è più alto di prima. Guardiamo i dati con calma.

SUPER RITMO – Coi giri limitati d’ufficio, Kawasaki e Ducati sono andate molto più forte di un anno fa. In gara 1 Marco Melandri ha migliorato il tempo sulla distanza di ben 12 secondi, cioè una media di quasi mezzo secondo a giro (22 da compiere). Il secondo degli “indipendenti”, Leandro Mercato (Kawasaki Orelac Racing) ha beccato 27″4 di distacco, non consideriamo Xavi Forès che è iscritto come privato (Ducati Barni) ma in realtà ha una Panigale molto simile a quella degli ufficiali, per cui non fa tecnicamente testo. Nel 2017 il primo privato “vero”  era stato Randy Krummenacher (Kawasaki Puccetti) arrivato 12″ dopo Rea. Se il nuovo regolamento voleva abbassare il ritmo e permettere ai privati di avvicinarsi al vertice, direi che siamo assai lontani dall’obiettivo.

BAGARRE – Gara 2 è stata condizionata dal cambio gomma obbligatorio, quindi è stata una corsa sui generis, perchè con appena undici giri da compiere per singola copertura, vari piloti e team hanno alzato decisamente il ritmo rispetto alla prima manche. Nonostante questo, sempre escludendo Forès, il primo privato “vero”, cioè Toprak Razgatliouglu, è arrivato 19″7 dopo Melandri. Un abisso. La spettacolare volata fra Melandri e Rea ha dunque nascosto i problemi, e per giunta bisogna considerare che anche nel 2017 gara 2 era finita in volata. Anzi un anno fa si trattò addirittura di un arrivo a quattro con Rea, Davies, Melandri e Lowes racchiusi in appena nove decimi. L’unica differenza è che stavolta ha vinto un pilota (Melandri) che ai tifosi italiani suscita più entusiasmo di Rea…

ELETTRONICA – Anche stavolta, nonostante le nuove regole, Ducati e Kawasaki hanno fatto gara a se. E la sosta obbligatoria in gara 2 ha fatto capire benissimo una cosa che è lampante da tempo a tanti, fuorchè agli estensori delle regole tecniche, cioè alla Dorna: è l’elettronica il vero vantaggio delle due squadre più ufficiali. Ducati e Kawasaki hanno software e tecnici da MotoGP e più vincoli ci sono (giri limitati e  impossibilità di modificare i rapporti del cambio) più  fanno la differenza. Non tanto sul giro secco, quanto sulla distanza. Dopo dieci giri gli altri cominciano a remare, i due top team vanno più forte che mai.  L’unica speranza, in termini di spettacolo, è che la Ducati (e in particolare Melandri, che è più “mediatico” di Davies…) riescano a tenere testa alla Kawasaki anche su piste meno favorevoli al bicilindrico rispetto a Phillip Island. Tutto il resto è già scritto: Dorna voleva dare una mano ai privati, invece l’impressione è che abbia scavato ancora di più la fossa.

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