Endurance

Yoshimura alla 24h Le Mans: dalla debacle del ’79 ad un tris in 4 anni

Yoshimura insieme a SERT ha conquistato la terza vittoria alla 24 Heures Motos Le Mans in 4 anni: tutto iniziò con una batosta nel 1979, imparando la lezione.

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L’Endurance motociclistico, seppur evolvendosi di anno in anno, oggi come allora conserva le prerogative di sempre. Lo testimonia la 24 Heures Motos di Le Mans che ha aperto la stagione 2024 del FIM EWC. Per vincere vi è la necessità di una perfetta organizzazione di squadra, non commettere errori e non incontrare problematiche inerenti l’affidabilità del mezzo. Insomma, conta eccome, per farla semplice, la preparazione alle competizioni motociclistiche di durata. Ne sanno qualcosa in Yoshimura, con i festeggiamenti per il 70° anniversario dell’azienda iniziati con l’affermazione conseguita sotto le insegne del team Yoshimura SERT Motul. La terza (2021, 2022, 2024) alla Sarthe nell’ultimo quadriennio per la rosso-nera Suzuki GSX-R 1000R. Eppure, per la gloriosa engineering nipponica, la prima esperienza al Bugatti risalente al 1979 non fu propriamente esaltante.

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IMPARATA LA LEZIONE A LE MANS

Si potrebbe obiettare che, trascorsi 45 anni, di fatto sia quasi “un altro sport“. In realtà l’Endurance, presumibilmente, resta la variante motociclistica con più punti di contatto con il passato. Quello che mancò a Yoshimura nell’avventura del 1979, oggi rappresenta uno dei punti di forza. Con il fil rouge identificato nelle potenzialità dei propulsori Suzuki sviluppati in proprio, ma con la necessità di affidarsi a chi l’Endurance lo sa fare (e bene) per vincere. Nello specifico, la struttura della SERT, la “Regina” della specialità, con la quale ha intrapreso un sodalizio di successo dal 2021 a questa parte. L’ex Suzuki Endurance Racing Team (oggi “Sarthe Endurance Racing Team“, ma sempre con la base operativa al Technoparc proprio di Le Mans) tuttora rappresenta il top per gestione, organizzazione e preparazione. Se solo si fossero incontrate prima queste due realtà…

LA SITUAZIONE DEL 1979

In quel 1979 il Mondiale Endurance motociclistico non esisteva ancora. Le corse di durata venivano raggruppate in un Campionato Europeo, dove Suzuki non era della partita. La SERT doveva vedere ancora la luce (nel 1980 come “Promoto“), con Yoshimura dedita nelle competizioni perlopiù in madrepatria e, soprattutto, America. Il crescente interesse della casa di Hamamatsu nei confronti dell’Endurance spinse tuttavia Hideo ‘Pop‘ Yoshimura ed i suoi uomini di fiducia ad abbozzare qualche spedizione agonistica nel Vecchio Continente.

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DAL BOL D’OR A LE MANS

Dopo l’esperienza vissuta al Bol d’Or nel settembre 1978, Yoshimura prese parte alla seconda, storica edizione della 24 Heures Motos svoltasi sabato 28 e domenica 29 aprile 1979. Se a Le Castellet la partecipazione fu promossa dall’organizzatore Moto Revue, alla Sarthe questo programma sportivo venne imbastito nel febbraio del 1979 per espressa volontà di Suzuki. Lo testimoniò il fatto che, nel weekend di gara, al box Yoshimura si presentò una nutrita delegazione della casa madre capeggiata da Mitsuo Ito, all’epoca già responsabile del Reparto Corse di Hamamatsu.

Suzuki finanziò interamente il progetto, con Yoshimura che passò dall’allestire una GS1000 in configurazione “Super Bike” (come a Suzuka, Bol d’Or e Daytona) a ben due esemplari “Prototypes“, la stessa classe delle invincibili Honda RCB. L’obiettivo della casa della grande Esse fu infatti quello di spezzare l’egemonia di successi Honda nell’Endurance, costruttore reduce da un filotto di 24 vittorie nelle 26 gare disputate nel precedente triennio.

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DUE SUZUKI GS1000 PROTO PER LE MANS

Yoshimura iniziò una corsa contro il tempo per preparare le due GS1000 “Proto“. Se il motore venne sviluppato in proprio raggiugendo la soglia di 130 cavalli a 10.000 giri (ma venne accreditato ufficiosamente di 140 se non addirittura 145 cavalli), il problema derivò dalla ciclistica, con la moto che subì una “cura dimagrante” di ben 40kg rispetto alla versione di serie, arrivando a 175kg di peso a secco (al Bol d’Or erano 195kg).

Fujio Yoshimura, figlio di Pop ed in quel periodo responsabile di Yoshimura R&D of America, in un’intervista pubblicata sul numero 409 di Moto Journal del 26 aprile 1979 (antecedente la disputa della 24 ore) affermò: “Tre mesi di tempo per preparare una moto non sono molti. Abbiamo riadattato delle soluzioni già conosciute. Di fatto la parte meccanica è la medesima della nostra Super Bike, in quanto il motore sviluppa già 130 cavalli a 10.000 giri.

L’unica differenza tra la Proto e la Super Bike riguarda i carburatori, ovvero dei Mikuni Racing da 29mm modificati da noi stessi, mentre gli alberi a camme, pistoni da 11.2 a 11.1 sono parti sviluppate da Yoshimura. Discorso analogo per le valvole che sono di diametro maggiore rispetto a quelle originali: 1mm in più per l’aspirazione e 2mm in più per lo scarico. Cambia anche l’albero motore. I cuscinetti sono identici a quelli del modello di serie, ma l’assemblaggio ed equilibratura è stato rivisto“.

TELAIO ITALIANO

Le due GS1000, in quanto “Proto“, altresì poterono disporre di un telaio completamente inedito progettato e realizzato in Italia dalla BMC (Bergami Motorcycle Components) che già ne sviluppò uno in precedenza per la Suzuki GS 750. In base a quanto riportato da Moto Journal, “La parte ciclistica venne subappaltata all’italiana BMC“, già al lavoro per un nuovo telaio in vista del Bol d’Or 1979. Per quanto, si legge, Suzuki avrebbe deciso il da farsi soltanto in base all’epilogo della 24 ore di Le Mans.

LA SCELTA DEI PILOTI

Per quanto concerne i piloti, sulla GS1000 #14 si rinnovò la fiducia a Wes Cooley e Ron Pierce, già insieme nell’esperienza vissuta al Bol d’Or. Entrambi californiani, Pierce era reduce dal successo nel mese di marzo a Daytona della gara Superbike proprio davanti a Cooley, quest’ultimo con Mike Baldwin precedentemente in trionfo all’inauguruale 8 ore di Suzuka del 1978. I due furono ritenuti più pronti ed “europei” per questo impegno rispetto a David Emde e, soprattutto, David Aldana, “dirottato” nel medesimo fine settimana nell’altro programma sportivo di Yoshimura, ovvero la 6 ore (vinta) in Ontario.

Sulla GS1000 #15 si alternarono altresì i locali Raymond Roche e Alain Terras. Il futuro iridato Superbike si affermò come la miglior promessa di quel periodo, pronto ad esplodere anche a livello mondiale nelle gare di velocità. Terras a sua volta si mise in mostra alla Moto Journal 200 di Le Castellet, descritto come pilota diligente, tanto da venir preferito a Jean-Paul Bonnet.

LE GRANDI ASPETTATIVE ALLA VIGILIA DI LE MANS

Alla vigilia di Le Mans le Yoshimura Suzuki vennero indicate come le grandi avversarie della Honda RCB 997. Sempre nel numero 409 di Moto Journal, il titolo non lasciò scampo ad interpretazione alcuna: “Yoshimura s’attaque à Honda” (“Yoshimura all’attacco della Honda“). Tuttavia la corsa non rispettò le aspettative di stampa, addetti ai lavori e, soprattutto, della stessa Yoshimura e Suzuki, per quanto nel reportage di Moto Journal numero 410 fu attribuita a Pop Yoshimura questa dichiarazione: “Abbiamo tutto da imparare nell’Endurance: tanto nella preparazione delle moto, quanto nell’adattamento alla specialità dei nostri piloti americani“.

DISASTROSA 24 ORE DI LE MANS

L’avvio della 24 ore delle 15:00 di sabato 28 aprile fu battezzato dalla pioggia e da una partenza al ralenti di Wes Cooley, di fatto rimasto piantato nello schieramento. Con la Suzuki GS1000 #14 diede vita ad una furiosa rimonta, ma dopo soli 40 minuti, nel tentativo di recuperare, finì a terra. Ritrovatisi 52°, inaspettatamente molto a suo agio su pista bagnata Ron Pierce a sua volta girò con un ritmo forsennato tanto da risalire fino alla tredicesima posizione intorno la 6^ ora, questo dopo una nuova caduta poco prima di mezzanotte di Cooley. Attanagliati inoltre da problemi elettrici, subirono una prolungata sosta ai box per poi ripartire in 32^ posizione e ritirarsi alle 6:15 di domenica mattina.

Non andò meglio alla GS1000 #15. Quasi in contemporanea con Cooley, alle 15:40 di sabato Raymond Roche fu protagonista di una caduta. Ripartiti 49°, seguirono svariati problemi ai freni intorno alle 18:00, ma alle 23:00 erano già 9°, a mezzanotte addirittura 7°. Tuttavia alle 7:12 di domenica si vedranno costretti al ritiro per un problema al motore, appena scivolati in 19^ posizione.

Gli stessi Roche e Terras fecero trapelare il desiderio di disporre di un telaio Moréna dell’importatore francese, considerati i problemi derivanti dalla creatura BMC.

FEROCI CRITICHE DALLA STAMPA FRANCESE

Alla luce di questa debacle, la stampa francese non ci andò per il sottile nel commentare questa spedizione. In merito alla “falsa partenza” di Cooley, Moto Journal commentò: “La Suzuki si rifiutò di partire, testimoniando sin dall’avvio la disorganizzazione Yoshimura“.

Rincarando la dose: “Nel weekend abbiamo constatato la totale inesperienza nell’Endurance da parte della squadra americana. Certamente nell’organizzazione ai box, ma anche nel design stesso del loro prototipo che dovrà essere rifatto dalla A alla Z attorno al motore. Perché sì: c’è un motore che funziona! Roche e Terras hanno concordato che nessuno, nemmeno la Honda 79, sia riuscito a superarli nella piega a destra dopo il rettilineo dei box. Solo Chemarin e Léon, come su un binario, li hanno poi sfilati in staccata. Il telaio BMC Made in Italy è un orrore. A ciò si aggiungono una serie di dettagli che dovranno essere ripensati in futuro se Pop vorrà lottare per la vittoria nell’Endurance”.

Giungendo alla conclusione. “Speriamo Pop abbia ancora voglia dopo questo schiaffo in faccia rimediato in un ambiente in cui la stregoneria del motore è soltanto uno degli elementi. Roche e Terras sono rimasti devastati dalla lentezza e dall’inesperienza dei giapponesi“.

Ed ancora: “Quello di Yoshimura è stato un fallimento, per usare un eufemismo. Squadra disorganizzata, inesperienza di cosa sia l’Endurance, ma la passione di Pop fa sì che non temano di passare per ridicoli“.

Aggiungendo: “Yoshimura non è mai stata della partita a causa della scarsa conoscenza dell’Endurance da parte del mago giapponese. Per loro è stata una vera punizione, con l’auspicio possano ripresentarsi in futuro con una vera moto da Endurance, con una ciclistica appropriata ad ospitare un motore favoloso“.

Per concludere. “In questa 24 ore ripartite le vittorie. Honda in trionfo nei prototipi, Kawasaki nella Silhouette, Yamaha tra le Superbike. A farne le spese è stata la sola Suzuki, per quanto si sia presentata in tutte e tre le classi. Ciononostante una nutrita delegazione giapponese, guidata da Mitsuo Ito, ex-pilota ufficiale Suzuki a capo del reparto corse, abbia infestato il box Yoshimura. Ultimamente Suzuki si è interessata all’Endurance. La sua assenza dalla lista delle vincitrici è del resto normale. Dovremmo pertanto essere più contenti di ciò che promette questo arrivo nella specialità che di ciò che dimostra questo fallimento alla 24 ore“.

Moto Journal riportò anche un commento denigratorio che circolava nel paddock, con la Yoshimura Suzuki GS1000 definita: “Motore cannone, telaio spaghetti!“. Moto Revue, nel numero 2412 del 3 maggio 1979, non si lasciò andare a queste affermazioni ingiuriose, titolando tuttavia: “Yoshimura: c’était pas du travail Pop“.

LA LEZIONE APPRESA

La debacle della 24 Heures Motos 1979 precluse un prosieguo a Yoshimura nella specialità, lasciando per conto di Suzuki il ruolo di rappresentare l’azienda alla SERT che verrà. Insieme collaborarono per quasi 40 anni, incrociando le strade nella configurazione attuale dal 2021. Vincendo tre Le Mans delle ultime quattro, con adesso la piena consapevolezza di cosa non funzionò 45 anni or sono al Bugatti.

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