24 Aprile 2009

MotoGP: quando correre per HRC era un’altra cosa…

Cosa è cambiato in questi anni al reparto corse Honda

C’era una volta la HRC, verrebbe da dire. Questo fine settimana a Motegi la Honda celebra il Gran Premio di casa sul proprio Twin Ring di Motegi, cattedrale nel… “deserto” nipponico voluta fermamente nel 1997 per creare un piccolo “parco tematico” con i motori protagonisti: un circuito “stradale” con due differenti conformazioni (West e East), un Ovale per le gare della IndyCar, la possibilità di ospitare eventi di ogni genere, dal Trial a concerti, più un museo dove sono raccolti tutti i gioielli della storia Honda. Undici anni or sono la Honda dava il via a questo progetto in quello che, probabilmente, era il momento di massimo splendore: ottimi responsi nei fatturati di auto e moto, dominio nel Motociclismo, in quegli anni erano state poste le basi per il rientro in grande stile nella Formula 1 (progetto poi naufragato nel 1999). La Honda e la HRC, insomma, erano un’altra cosa nello sport motociclistico.

Oggi, per viva voce del suo nuovo boss Shuhei Nakamoto (nuovo direttore Honda R&D e MSD), c’è l’obbligo di “ridimensionarsi”. Ridotto il budget, ridotta soprattutto l’importanza strategica nel paddock del Motomondiale. Una volta (anche solo due anni or sono) la Honda dettava legge su tutto, che si parli di regolamenti (vedi il passaggio a 800cc e “invito” al quattro tempi anche per le classi minori) o di strategie da seguire nelle riunioni della MSMA (l’associazione dei costruttori). Arrivare in HRC era l’ambizione di piloti, ma anche dei tecnici. Era un punto d’arrivo: oggi sì, d’accordo, è un bel traguardo, ma non necessariamente l’apice della propria carriera, il raggiungimento di un obiettivo inseguito da una vita.

La domanda sorge spontanea: che cosa è successo? Come spesso capita nei colossi giapponesi, si vive di “cicli”. In ambito dirigenziale, è d’ordinanza cambiare i propri quadri, seguendo i dettami del rinnovamento e di una continua ricerca della sfida personale, di offrire qualcosa di nuovo all’azienda. Nei prossimi mesi Takeo Fukui, uomo di sport e super-Presidente Honda, lascerà la carica a Takanobu Ito, 57enne di formazione automobilistica, più pragmatico, più uomo da “scrivania” che da vivere sul campo le avventure. Un condottiero realistico, meno sognatore, poco incline allo stile di Soichiro Honda. Ito deve esser l’uomo che tirerà fuori la casa di Tokyo dalla crisi ad ogni costo. Ci saranno tagli ovunque, dove non è strettamente indispensabile. Le corse, vedi Formula 1, non sono salve: anzi. Ci saranno ridimensionamenti anche in MotoGP in prospettiva 2010: se ci sarà poi l’abbandono di Repsol, ancora peggio.

E’ strano parlare di tutto questo nel corso del Gran Premio di Motegi, dove la Honda era abituata a fare la voce grossa, a programmare le stagioni successive. Era il weekend dei grandi annunci, la passerella dei vertici di Honda Motor Company e HRC. Quest’anno sarà un po’ diverso: Pedrosa e Dovizioso hanno fatto visita all’Asaka Center (quartier generale di HRC e Honda R&D), scenderanno in pista nelle prime prove quasi.. battuti in partenza. Ed il futuro non è propriamente roseo. Tanti errori, tante partenze eccellenti che hanno cambiato l’immagine della HRC, da gigante indistruttibile ad un nobile decaduto.

Aveva iniziato Valentino Rossi nel 2003, accettando la sfida del secolo. Un anno dopo, in America, Ricky Carmichael lo ha seguito, lasciando nel Supercross la Honda per andare in Suzuki. Negli stessi tempi in Giappone il pilota di punta HRC per le gare nazionali e la 8 ore di Suzuka, Hitoyasu Izutsu (strappato nel 2003 alla Kawasaki), decise di lasciare Honda e le corse a testa alta, dopo che non gli era stato riservato un posto in MotoGP o Superbike. Poi ci sono stati i casi recenti di Vermeulen o Toseland, di piloti che piuttosto che aspettare le mosse Honda hanno preferito guardarsi intorno. Dal “pensa se non ci avessi provato” di Valentino Rossi al gran rifiuto di tanti piloti e tecnici. Perché, anche in questo, si vede che la Honda, e soprattutto la HRC, non è più la stessa.

Alessio Piana

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