11 Luglio 2009

MotoGP: la storia Honda di 50 anni nei Gran Premi

Ripercorriamo le tappe significative di Honda Racing

Quest’anno la Honda festeggia ben 50 anni di attività nelle competizioni motociclistiche, celebrati alla recente edizione del Tourist Trophy. L’inizio dell’impegno agonistico della casa che ha caratterizzato un’epoca è infatti datato nel 1959, ben mezzo secolo fa, quando le gare di moto sono dominate dai costruttori europei e ristrette al vecchio continente. Al TT dell’Isola di Man si vede per la prima volta la comparsa di una casa giapponese nel circuito motociclistico mondiale: si tratta del team formato da 4 moto da 125 cc diretto da Kawashima, sostenuto a pieno da Mr. Soichiro Honda in persona. Le quattro moto si classificano 6°, 7°, 8° e 11°, e i successivi risultati permettono alla Honda di poter correre, contro tutti i pronostici, l’intera stagione durante l’anno successivo. Nel 1960 la Honda si presenta sulle griglie di 125cc e 250cc: gli sforzi della casa nipponica vengono finalmente premiati nel 1961, durante la gara di apertura in Spagna, con la prima vittoria nella classe 125cc ottenuta da Tom Phillis, mentre nel successivo gran premio, in Germania, la Honda e il Giappone ottengono un duplice risultato: la prima vittoria nella quarto di litro per la casa, mentre Kunimitsu Takahashi porta per la prima volta nella storia la bandiera nipponica sul gradino più alto del podio. Alla Honda in quell’occasione va anche il merito di essere la prima azienda a portare in prima piazza una moto giapponese nella classe 250cc. La positivissima annata 1961 culmina a fine stagione, quando vince il campionato costruttori sia nella ottavo, che nella quarto di litro. Al terzo anno di partecipazione al TT, grazie ai suoi piloti, tra cui ricordiamo Mike Hailwood, è in grado finalmente di trionfare anche sull’Isola di Man, conquistando i primi cinque posti, sia nella 125cc che nella 250cc. Taveri davanti ad Hailwood a TT 1961 Caricata dai trionfi nella quarto di litro, nel 1966 Honda decide di muovere i primi passi anche nella classe regina (500cc), schierando finalmente moto in ogni categoria del circuito mondiale, eccetto i sidecars, che all’epoca vantava ben 6 categorie: 50cc, 125cc, 250cc, 350cc, 500cc e appunto i sidecar. Incredibilmente domina e vince in tutte le categorie. Con la bellezza di 138 vittorie all’attivo, nel ’67 la casa si prende una pausa dalle gare: nel frattempo aveva dimostrato di possedere le tecnologie adatte per vincere, e aveva fatto conoscere il proprio marchio in tutto il mondo, dando contemporaneamente l’esempio per le altre case motociclistiche nipponiche, che entrano nel circuito mondiale e cominciano una vera e propria dominazione nelle categorie, forti della superiorità di motori a sei cilindri e fino a 10 rapporti, contro le 4 o 5 marce presenti sulle moto di serie. Nel 1969 la FIM trova inaccettabile l’enorme differenza tra le moto da strada e quelle da gara, e decide di imporre limiti di peso, numero cilindri e un massimo di sei marce, per ridurre il gap. Mike Hailwood nella stagione 1967 Fino al ’77 l’azienda rimane lontana dal panorama delle corse, dedicandosi interamente alla produzione di serie, dove aveva ampiamente dimostrati di possedere una tecnologia superiore. Ma in dieci anni la tecnologia si è nel frattempo evoluta in modo esponenziale anche in Europa, e sono in molti a chiedersi se Honda sarebbe stata ancora in grado di essere al passo con le altre case. L’interrogativo rimane in sospeso anche per la nuova trovata della casa nipponica: nel novembre del ’77 arriva l’annuncio che avrebbe corso nella classe 500cc con un motore a 4 tempi. Il nuovo motore Honda causa ovviamente qualche polemica, poiché il 4 tempi nella categoria veniva giudicato in vantaggio rispetto alla tecnologia del 2 tempi, ben lontana dall’aver raggiunto la perfezione. Tuttavia la smentita viene proprio dai risultati in gara, quando il motore nipponico soffre la potenza fornita dai motori europei e inoltre è danneggiato dalle proprie dimensioni stesse. La Honda NR500 La NR500, con il suo motore 4 tempi con sei cilindri a V, viene presentata come prototipo l’anno successivo, ma per ovvie ragioni di sviluppo, scende in pista per la prima volte soltanto durante l’undicesima gara del 1979. e non si tratta certo un debutto da ricordare: in quel weekend inglese entrambi i piloti (Katayama e Grant) non arrivano alla bandiera a scacchi. Sarà solo nel 1981, dopo numerose operazioni di sviluppo che la moto sarà in grado di poter vincere la sua prima gara. L’esperienza non certo positiva del 4 tempi, convince la Honda a tornare sui propri passi, e nel 1982 gli ingegneri della casa concentrano i propri sforzi al progetto di una nuova moto due tempi con cui prendere parte alle gare mondiali. Poiché la potenza fornita dai motori due tempi dell’epoca tendeva a consumare in fretta le gomme, i giapponesi pensano bene a un restyling completo della moto: per il motore viene scelta una configurazione a tre cilindri a V, più maneggevole e leggero che favoriva la durata degli pneumatici, e le carene vengono snellite e rese più aerodinamiche per avere una maggiore velocità di punta e quella marcia in più (metaforicamente parlando) per mettere in difficoltà gli avversari. Katayama con la debuttante NS500 La NS500 debutta in pista nel 1982 in tre esemplari, assegnati a Lucchinelli, Spencer e Katayama: i risultati non tardano ad arrivare; Spencer arriva a podio già nella prima gara, e, sette gare dopo, giunge anche la prima vittoria, a 15 anni di distanza dall’ultima. A ulteriore conferma della buona strada intrapresa dalla casa nipponica arrivano ancora due vittorie: in Svezia (Katayama) e nella Repubblica di San Marino (Spencer). Il 1983 è una stagione storica sotto tutti i punti di vista: in quell’anno infatti solo due moto dominano l’intero campionato, sia nelle qualifiche che in gara. A spartirsi Pole e Vittorie nella classe regina sono due piloti, entrambi su moto giapponesi: Kenny Roberts su Yamaha e Freddie Spencer con Honda, in un lungo testa a testa che vede Spencer vincere il titolo per soli due punti, con un numero di vittorie pari a quelle dell’americano della Yamaha. Per la prima volta nella storia Honda riusce finalmente a vincere campionato piloti e costruttori, tornando alla vittoria del titolo per la prima volta dall’anno del suo ritorno. Freddie Spencer Campione nel 1983 Nel frattempo i progressi fatti nel campo degli pneumatici permettono alle case di poter usare motori a 4 cilindri, cosa che Honda non esita a fare nel 1984, quando presenta la NSR500. L’anno successivo Spencer decide di correre sia la classe 500cc che la 250cc, entrambe con Honda, riuscendo per la prima e unica volta nella storia del motomondiale a vincere entrambe le categorie, e Honda decide di presentare delle moto anche nello schieramento della 125cc, oltre a portare sul mercato delle moto da strada l’RS250. La casa nipponica torna così a essere una vera propria potenza sulla scena dei Gran Premi. Mick Doohan verso il primo titolo in 500 Nel 1990 la battaglia per il dominio delle categorie diviene sempre più dura, con il risultato che sviluppo di motori e pneumatici non riusce a tenere lo stesso passo, rendendo le moto dei mostri ingestibili dalla maggior parte dei piloti; resasi conto di questo, Honda cerca di sviluppare una moto che fornisca la potenza necessaria, ma che sia allo stesso modo in gradi di essere guidata dal pilota. Due anni dopo, la casa presenta il nuovo motore a scoppi irregolari, con cui Mick Doohan corre una superba stagione fino a quando un grave infortunio non lo costringe a uno stop di parecchie gare. Il pilota, sfidando ogni regola del buon senso, torna alle gare per gli ultimi due appuntamenti del mondiale ’92, mancando, per una beffa del destino, il titolo per soli due punti. Ad ogni modo la NSR500 avrà un tale sviluppo da essere in grado anche di competere nella nuova classe MotoGP che avrebbe di lì a pochi anni soppiantato in modo definitivo la 500cc. E il proprio pilota non sarà certo da meno: l’australiano infatti si aggiudicherà il titolo ogni anno dal 1994 al 1999. Doohan conquista il suo quinto titolo iridato Honda continua a sviluppare la NSR500 fino al 2002. Nei suoi 18 anni di “carriera” questa moto, insieme ai suoi piloti, ha permesso alla casa di aggiudicarsi 11 titoli piloti e 14 campionati costruttori, entrando a pieno titolo nell’albo delle moto storiche degli anni ‘90. La punta di diamante è il 1997, con 15 vittorie, alcune delle quali contribuirono a raggiungere il maggior record di vittorie consecutive, ben 22. Nel 2001 arriva anche il primo traguardo importante: le prime 500 vittorie di Honda nel circuito mondiale grazie ai primi posti conquistati da Azuma in 125cc, Katoh nella 250cc e Rossi, conquistate proprio nel gran premio del Giappone, che all’epoca si correva sul bellissimo quanto pericoloso tracciato di Suzuka. Valentino Rossi nel 2001 Dai tempi della NR500, finora prima e unica moto a quattro tempi a fare la propria comparsa nelle competizioni mondiali, la tecnologia nel campo delle motociclette si è evoluta a tal punto che l’azienda decide di applicare la tecnologia del quattro tempi per le moto di serie. Questo fatto, unito di nuovo al gap che si stava creando tra mezzi da strada e da gara, rischiava di mettere a rischio la possibilità di mantenere in vita la 500cc. A quel punto arriva alla FIM la proposta di incentivare lo sviluppo di nuovi motori anche tra le altre case partecipanti al motomondiale. Ed è così che nel 2002 avviene la seconda grande rivoluzione nei regolamenti, dopo quella risalente ormai a più di trent’anni prima. Le nuove direttive impongono una netta differenza di cilindrata a seconda del tipo di motore utilizzato: 500cc per i due tempi, 990cc per i quattro. E’ in quell’anno inoltre che il circuito mondiale cambia il proprio nome da World Grand Prix a MotoGP. Honda non si fa certo trovare impreparata, e per quell’anno presenta la RC211V, quattro tempi e 990cc di cilindrata, motorizzata con un innovativo 5 cilindri a V a scoppi irregolari (quest’ultimo ripreso dalla tecnologia sviluppata con il due tempi), il cui nome rievoca quello degli anni d’oro intorno al 1960. Valentino Rossi e la Honda RC211V MotoGP La nuova moto non tarda a dimostrare il proprio potenziale, spodestando ben presto la NSR500 dal trono della moto da battere e aggiudicandosi fin da subito titolo piloti e costruttori, segnando in questo modo l’inizio di una nuova era. Bottino ben amaro invece per la NSR, che nel 2002 non riusce ad aggiudicarsi nemmeno una gara. Lo sviluppo delle 990cc è esponenziale e le velocità massime di punta arrivano ben presto a toccare e superare i 330km/h, con conseguenti rischi per la sicurezza dei piloti, oltre al fatto che le case costruttrici di pneumatici non riuscono a tenere il ritmo di sviluppo delle moto. Così due anni fa, nel 2007 entra in vigore il nuovo regolamento: moto a quattro tempi con un massimo di cilindrata concesso di 800cc, e un limite di pneumatici utilizzabili in un weekend di gara. Nei 5 anni con cilindrata 990cc, Honda si presenta sulla griglia di partenza della MotoGP con ben due versioni di moto: 5 sono modelli classici (di cui 4 affidate ai team satellite di Sito Pons e Fausto Gresini), mentre una, affidata al pilota di punta del team, l’americano Nicky Hayden, presenta modifiche a livello di telaio, sospensioni e motore ed è destinata allo sviluppo di nuove soluzioni. Nicky Hayden Campione nel 2006 Il 2006 fu una stagione storica sotto molti punti di vista: è la stagione in cui molti giovani talenti arrivano nella classe regina provenienti dalle classi minori o dal campionato Superbike, ed è anche l’ultimo anno in cui si corre con le 990cc, e in cui Honda torna alla vittoria del campionato piloti, grazie a Nicky Hayden, che, pur rischiando di perdere il titolo nella seconda parte di stagione, con 2 vittorie all’attivo ma una grande costanza, è riuscì a battere il campione del mondo in carica Valentino Rossi, su Yamaha. Tra i giovani piloti iscritti alla classe regina di quell’anno, vi è anche Dani Pedrosa, già tre volte campione del mondo in 125cc (2003) e 250cc (2004 e 2005) con Honda e speranza dell’azienda che fin da subito la promuove a pilota ufficiale al fianco di Hayden, mentre nel team satellite di Lucio Cecchinello debutta Casey Stoner, futuro campione del mondo su Ducati nel 2007 dopo un 2006 caratterizzato principalmente dalle numerose cadute in prova e in gara, ma anche da ottimi risultati. Dani Pedrosa all'esordio in MotoGP Ben diversa invece è la stagione del catalano che centra la prima vittoria a inizio stagione, sul circuito di Shanghai; ma anche per lui non è una stagione di sole gioie: nel Gran Premio del Portogallo, falcia e porta con sé a terra il suo compagno di team, permettendo a Rossi di riconquistare il primato in classifica e mettendo a serio rischio la conquista del mondiale da parte di Hayden. Pur non avendo vinto tutti i campionati in quegli anni, la RC211V, proprio come la precedente NSR500 si conferma come la miglior moto, vincendo circa la metà dei gran premi disputati. Pedrosa con la debuttante RC212V 800cc Per il 2007, l’azienda nipponica presenta sulle scene la nuova RC212V, con motore V4 da 800cc, come previsto dai nuovi regolamenti. La velocità viene effettivamente ridotta, ma nel giro di poco tempo i piloti sono in grado in poco tempo di staccare prima e ritardare la frenata. A questo si sono nel frattempo evolute le tecnologie del controllo di trazione e anche l’industria degli pneumatici ha fatto notevoli passi avanti, col risultato che con la 800cc i tempi di percorrenza non sono poi molto distanti da quelli fatti segnare dalle 990cc, anzi, si sono addirittura abbassati. L’ultima rivoluzione ci vede arrivare al 2009 e all’introduzione del monogomma Bridgestone. Il fatto di avere pneumatici tutti uguali a posto così fine, oltre che alle polemiche dei piloti, anche al divario troppo spesso generato dal binomio Bridgestone-Michelin, e ha ridato un peso rilevante al ruolo della moto e del pilota; l’ausilio dei computer, delle analisi e delle simulazioni ad alto livello oggi contribuisce notevolmente a una buon settaggio della moto per permetterle di difendersi in gara. Dani Pedrosa festeggia la vittoria di Laguna Seca Honda conferma di puntare sulle giovani generazioni: Hayden passato alla Ducati, è stato sostituito dall’Italiano Andrea Dovizioso, mentre Dani Pedrosa ha portato a casa a Laguna Seca il 5 luglio una vittoria importante dopo un anno di astinenza e svariati infortuni. Marika Farinazzo

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