30 Novembre 2009

MotoGP: intervista esclusiva a Lucio Cecchinello

In rilievo il rapporto con Honda e la Moto2

Lucio Cecchinello è uno dei più validi team manager del panorama motociclistico internazionale. Stimatissimo e rispettato dai vertici Honda, è stato pilota del Motomondiale nella classe 125 per una decade, gareggiando con la casa dell’ala dorata per la maggior parte della sua carriera agonistica. Oggi, a quarant’anni appena compiuti, è alla guida del team satellite Honda LCR e si appresta, con la squadra  monegasca, ad intraprendere il quarto anno consecutivo nella categoria MotoGP. Vi proponiamo l’intervista fatta in occasione della “Esposizione Internazionale del Ciclo e Motociclo” (EICMA), presso lo stand REV’IT!, e vi consigliamo caldamente la lettura attenta di ciò che segue nonostante la lunghezza, perché ciò che è uscito da questo interessante colloquio non è materiale che si ha spesso l’occasione di leggere. Come giudichi il rapporto tra il vostro team e Honda, considerato il sodalizio che vi lega da diversi anni? “Honda è senza dubbio è una casa leader mondiale, ed è un onore essere uno dei pochissimi team che la rappresentano nella categoria. Per loro, il progetto MotoGP è di fondamentale importanza, tanto è vero che si sono ritirati dalla Formula 1 ma non hanno toccato l’impegno base nella partecipazione in MotoGP, questo perché sia la storia che il core-business della Honda è nelle due ruote.” “Per noi è un grandissimo orgoglio lavorare con loro, dall’altra parte onestamente negli ultimi anni, precisamente dal passaggio alle 800cc nel 2007 in avanti, sono subentrate delle situazioni in cui la Honda si è trovata molto concentrata a sviluppare le moto per il proprio factory team, tralasciando un po’ il rapporto di lavoro e di collaborazione con i team satellite con il nostro.” “Nakamoto, il nuovo team manager HRC, si è reso conto che questa linea di lavoro, che prevedeva di dare a noi le moto dell’anno precedente, ci stava creando diverse preclusioni e problematiche a livello di competitività e quindi conseguentemente di sopravvivenza, perché se non sei performante non riesci ad avere il sostegno dagli sponsor. Oggi, Honda ha rilanciato la  politica di lavoro con i team satellite, sta riprendendo il programma di lavoro come aveva fatto in passato con Gresini e Pons, e quindi alla prima gara del prossimo anno avremo una moto identica a quella ufficiale.” Al muretto box Come è andata, a tuo modo di vedere, la stagione considerato il pacchetto a vostra disposizione? “Non siamo in possesso di tutte le informazioni tecniche che possono dare una chiara  visione di quanto fosse meno competitiva la nostra moto. Se guardiamo le prestazioni di Pedrosa il nostro mezzo va molto più piano, ma se ci confrontiamo con quelle di Dovizioso, che lo scorso anno era veloce come Randy (De Puniet) o forse un pochino di più, non è che il primo fosse molto più rapido del secondo a livello di tempi sul giro. Quindi la differenza c’era ed era evidente ma la nostra moto non era così scarsa, dato che con Randy quest’anno abbiamo dimostrato di poter stare costantemente tra il quinto e l’ottavo posto.” “Con un colpo di fortuna abbiamo anche ottenuto il podio a Donington, con una condizione di pista particolare. Parlo di fortuna perché ha piovuto, Stoner ha sbagliato la scelta delle gomme e sia Valentino (Rossi) che Jorge (Lorenzo) sono caduti.” “Siamo contenti di quanto la Honda abbia alzato il livello di attenzione nei confronti dei team satellite nel corso del 2009, grazie soprattutto a Nakamoto. Obiettivo per il futuro è quello di riuscire ad avere la stessa moto (rispetto al team ufficiale, ndr) di modo che la differenza sia minima. Fondamentalmente siamo contenti di come è andata quest’anno, e della politica promessa per il prossimo.” Obiettivi quindi per l’anno prossimo? “Dobbiamo essere realisti: Randy è un ottimo pilota, è pur vero che però al momento Rossi, Stoner, Lorenzo e Pedrosa hanno un qualcosa in più quindi credo che il nostro obiettivo sia quello di essere subito dietro a questi.  Dobbiamo quindi battere Dovizioso ed Edwards, i quali ci hanno preceduto nel corso di quest’anno con una certa regolarità, e posizionarci al quinto posto.” Cosa pensi dell’avvento della Moto2 e del conseguente pensionamento di una classe storica per il Motomondiale, come è stata la 250? “Ci sono due punti di vista differenti, a livello sportivo e come operatore tecnico. Riguardo al primo, ti dico che mi piange il cuore vedere  sparire una categoria come la 250 e di vedere morire il due tempi. Ritengo che nel prossimo futuro i piloti vincenti della 125 subiranno un trauma nel momento in cui dovranno scendere da una moto da 70 kg per salire su una da 150 kg, mentre prima c’era un passaggio graduale: da 70 kg, per passare a 105 kg e finire su un mezzo di 145 kg.” “Saranno moto su cui non sarà possibile effettuare la rapportatura del cambio, quindi c’è il rischio che i piloti crescano con delle lacune quanto a formazione rispetto a ciò che abbiamo fatto noi con i due tempi, dato che allora andavamo a cercare il mezzo decimo di secondo con degli artifizi a livello di rapportature o regolazioni molto fini, che queste moto non potranno più avere.” “Sempre dal punto di vista sportivo credo che una categoria nel quale vige il mono-marca porti a denaturare l’essenza del Motomondiale  il quale, a mio avviso, avrebbe dovuto rimanere aperto alle case costruttrici, ai produttori di pneumatici e ai fornitori di carburante, questo per dare tanto stimolo a diversi operatori quanto a ricerca e sviluppo e investimento in questo ambiente.” Se ti parlo come operatore del settore ci sono due importanti considerazioni da fare: una in termini di costi e l’altra quanto a “obbligazioni” che si ritrovano le case costruttrici per il prossimo futuro. Le case, pressate dai governi locali, hanno l’obbligo di mettere sul mercato unicamente veicoli a quattro tempi, perché l’impatto a livello di inquinamento è dieci volte inferiore rispetto ad un due tempi che ha una eccessiva lubrificazione.” “Capisco il disinteressamento delle case costruttrici giapponesi nello sviluppo dei due tempi, mentre Aprilia lo stava sviluppando unicamente per le corse perché aveva dei vantaggi in termini di business, in quanto il prezzo delle moto era tale da riuscire a far funzionare l’intero reparto corse senza dover chiedere un centesimo al settore produzione.  Questo è un mio parere personale a riguardo, non ho le cifre esatte tra le mani.” “Vi era inoltre un problema politico a livello delle case costruttrici giapponesi, con il reparto corse che andava a chiedere soldi alla casa madre per lo sviluppo del due tempi. Mettiamo caso che quest’ultima avesse acconsentito, a quale beneficio avrebbe portato? Solamente per dare lustro al marchio nelle corse? Per questo c’è la MotoGP. Il futuro risiede nel motore a quattro tempi, quindi le case giapponesi hanno voluto dare un forte segnale al mercato, dicendo basta al motore a due tempi, stop alle corse, così che ci siamo trovati le  ultime stagioni ad avere solo Aprilia, KTM e tre Honda vecchie e senza sviluppo.” “Il problema quindi non è di questo genere: guardate cosa hanno fatto, hanno chiuso la 250. Il punto è che le case costruttrici e la Dorna hanno fatto un ragionamento rivolto al futuro, non di continuare a far correre il due tempi dato che questo è morto a livello commerciale, o comunque sta esalando gli ultimi respiri. Dal mio punto di vista la scelta dei quattro tempi è giusta.” “Il vero problema, che è nato dopo, il quale non è stato pubblicizzato abbastanza ma era comunque presente, è scaturito nel momento in cui c’è stata la fase di studio del protocollo tecnico della 600 cc quattro tempi ed è venuto fuori il problema dei costi. Tutte le variabili relative a cilindrata, uso dell’elettronica etc. prese in considerazione, con l’avvento della crisi mondiale che ha colpito molto duramente  l’industria motociclistica, non hanno portato ad un risultato soddisfacente quanto a riduzione dei costi, tanto che sono state proprio le case costruttrici ad annunciare a Dorna la loro intenzione di non partecipare alla Moto2.” “Le motivazioni erano le seguenti: prima di tutto non avevano i soldi per produrre i motori, in secondo luogo anche in caso di motori di serie non sarebbero state in grado di seguirne lo sviluppo e rendere il motore competitivo anche a causa della pressione da parte degli importatori. E questo non sarebbe stato possibile a causa della crisi economica e degli enormi costi derivanti dall’impegno in MotoGP.” “Sono state quindi le case costruttrici a proporre a Dorna il fornitore unico a livello di motore per tre anni, per riparlarne poi al termine degli stessi. Il regolamento con le limitazioni era già stato studiato ed è pronto: regimi di rotazione fissi, centralina messa a disposizione dall’organizzatore, proibizione delle valvole pneumatiche, proibizione di materiali come il tungsteno e altre leghe speciali, il tutto per contenere i costi.” “Quindi il futuro ci prospetta una Moto2 che, così com’è ora, dato il minore livello tecnologico dei mezzi, fornirà alla MotoGP dei piloti non adeguatamente preparati rispetto a quelli che hanno fatto esperienza in 250, categoria di moto da corsa a tutti gli effetti. Quanto a costi ti dò un dato: quando ho fatto correre Casey Stoner ho speso un milione di euro tra moto e ricambi ed escludendo le trasferte, il reparto corse, stipendio del pilota e dei meccanici, l’hospitality e il materiale promozionale. Oggi, con la stessa cifra, riesco a fare tutto. E se pensiamo che quei costi sostenuti erano relativi alla stagione 2005, immagina il paragone fatto con i prezzi aggiornati!” “Non si può dire che la formula è sbagliata. Inoltre io mi ritrovo, a differenza del passato, a non dover accettare da una determinata casa costruttrice qualsiasi tipo di prezzo. Si partirà da una buona base, spero che nel futuro la Moto2 possa diventare a tutti gli effetti una “mini-MotoGP”, nella quale si riproporrà la competizione tra case e la tecnologia.” Valerio Piccini

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