6 Luglio 2009

MotoGP: il mistero attorno a Dani Pedrosa, anche nelle vittorie

Viaggio nei dintorni di un pilota messo sempre in discussione

Messo in discussione, per qualcuno messo addirittura alla porta, nei giochi di preferenza della Spagna e della Honda. Dani Pedrosa in questi anni è sempre stato, da qualcuno e per qualcuno, nella graticola, spesso per ragioni ingiustificabili. Con il successo di Laguna Seca, sofferto ed inaspettato, il campione catalano avrà almeno due settimane di tregua. Il secondo pilota in attività ad aver raccolto più successi nel Motomondiale (30, dietro all’irraggiungibile Valentino Rossi) è capace di queste prestazioni, di questi colpi di talento, più che di genio. Insomma, quel che ci è stato presentato in questi anni è un pilota che ha pagato dazio per le scelte, comprensibili e allo stesso tempo discutibili, di chi sta gli attorno. La stampa internazionale, ed una buona parte di quella spagnola (dove c’è un netto bi-partitismo di appartenza tra i “pro-Pedrosa” e i “pro-Lorenzo”), gli ha voltato le spalle in questi anni, raccontando di lui come un pilota che non vuol far saper nulla, che sta lontano dai riflettori, che preferisce non parlare e offrire chiarimenti ai propri momenti difficili, agli infortuni. Fatto oggettivo, niente da dire: c’è sempre per gli addetti ai lavori un “alone di mistero” quando si parla di lui.

D’altrone vige un muro attorno a Pedrosa, costruito da Alberto Puig. Lo ha scoperto, lo ha portato al mondiale e alla conquista di tre campionati, diventandone manager, mentore, migliore amico. Già, un rapporto che va al di fuori del lavoro. “Daniel è un pilota speciale”, dichiarò Puig, “ho puntato su di lui e ho instaurato un rapporto unico che non si ripeterà per nessun altro pilota“. Ai tempi da responsabile della sponsorizzazione e attività di Telefonica Movistar nel mondiale (prima del “tradimento” in favore della Repsol), Puig ha scelto il giovanissimo Daniel Pedrosa Ramal, probabilmente per cercare di ottenere quei risultati che da pilota non ha mai raggiunto. L’ha preso da ragazzino: la sua famiglia, di basse (nulle) disponibilità economiche, decise di portarlo alle selezioni della “Movistar Cup”. Si racconta che il baby-Dani non riusciva a salire in sella, e che in quel giorno a Valencia non risultò nemmeno il migliore. Alberto Puig, che doveva/voleva puntare su qualcuno, scelse lui nel programma, che negli anni vide anche altri piloti. Si dimentica spesso del fatto che a lui bisogna, nel bene e nel male, tra interessi e programmi apprezzabili, dir grazie per aver dato una possibilità a piloti come Elias, Olive, Marquez, Smith, Aoyama, Stoner (sì, proprio lui, altrimenti in Europa non sarebbe mai arrivato).

In questa vasta schiera di talenti e campioni più o meno affermati, Puig scelse Pedrosa come “pupillo”. Con ragione, da un suo punto di vista, con risultati che sono comunque lì a testimoniare la bontà del pilota: tre titoli mondiali in tre anni tra 125 e 250, quinto, secondo e terzo in tre stagioni in MotoGP. C’è però qualcosa che non va in Pedrosa nel rapporto con il mondo intero: protetto Dorna? Protetto Honda? Favorito, all’epoca, dalla Michelin? Più che altro, “prescelto”. Quando queste voci sono circolate e riportate nelle TV e stampa d’Europa, Alberto Puig ha deciso di instaurare un “muro” attorno al proprio assistito. Per proteggerlo, perchè lui ha i poteri per farlo, perchè lui lo conosce meglio di chiunque altro.

Il “muro” ha fatto scrivere tanto in questi ultimi mesi, ponendo a tutti la domanda sul perchè la Honda (e lo sponsor) abbiano puntato e continuano a farlo su di un pilota che di titoli, almeno nella top class, non ne ha portati. In più non entusiasma più le folle, è l’esatto opposto di quello che si definisce “macchina da spettacolo”. Manca di grinta, si accontenta, c’è sempre qualcosa che non gli consenta di esser il riferimento. Anche si esprimersi al meglio, dopo l’imposizione proprio di Puig di “non rischiare eccessivamente” in seguito agli errori di Istanbul e Estoril 2006 (e, più recentemente, Sachsenring 2008). Con Laguna Seca Dani Pedrosa ha dimostrato, dopo un periodo lungo, lunghissimo di molte ombre e poche luci con tre operazioni nell’arco di 6 mesi, del perchè i top rider della MotoGP lo eleggono sempre come pilota duro da affrontare, velocissimo, più della sua reputazione globale.

Lo ha fatto notare, con parole sottili (ma chiare) tra le righe, nelle dichiarazioni post-gara: chi fa vincere la Honda dal 2007 a questa parte, è lui, nel bene e nel male. Anche l’arrivo di Andrea Dovizioso non ha destabilizzato le gerarchie all’interno della HRC: classifica e risultati parlano chiaro. Eppure è sempre lì in discussione per l’opinione pubblica, già fuori dalla Honda e Repsol che gli potrebbe preferire Lorenzo. Intanto una vittoria è arrivata, nella prima gara perfetta dove, sin dal venerdì, aveva detto di esser a posto fisicamente e tecnicamente, per la prima volta quest’anno. C’è stato il “brivido” finale della rimonta di Rossi, ma c’è anche la gioia della Honda, che adesso non può non confermarlo per il futuro, almeno fino a quando non c’è nessuno che, realmente, può stargli davanti con quella moto, con quella squadra, con quella situazione di “potere” e “privilegio” che ora non c’è più. Se c’è stata, o se era un “muro”.

Alessio Piana

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