2 Luglio 2009

MotoGP: il fascino (inimitabile) di Laguna Seca

Le ragioni perchè Laguna Seca non è un circuito come altri

Si dice che Laguna Seca sia un appuntamento unico nel suo genere per la MotoGP. Non per caso. Sarà per il fatto che il circuito di Salinas resta legato ad un disegno intatto, originale, in grado di esaltare lotte che hanno caratterizzato la storia di questo sport. Ogni curva è una libidine: il “Corkscrew”? Sì, ma c’è di più. Il rettilineo diventa una piega a destra in contropendenza, l’Andretti Hairpin è un curvone in appoggio dove, anche nella generazione dell’elettronica, si riesce a far la differenza. Laguna Seca è universalmente riconosciuto da tutti: i giovanissimi che ci hanno speso ore e ore con i videogiochi, gli storici appassionati che si ricordano dell’epopea dei piloti americani, del passaggio alla Superbike, di quando le wild-card “yankee” facevano davvero selezione nel confronto con gli abituali protagonisti del mondiale. Ben Bostrom e soci, per intenderci.

Al ritorno della top class in quel della California sono state rese necessarie modifiche alle vie di fuga, per migliorare, pur senza “perfezionare”, gli standard di sicurezza richiesti dalla FIM e Safety Commission. Tracciato mutilato? No, per fortuna. Laguna Seca per i piloti si ama, o si odia. Ama, soprattutto, e non potrebbe esser altrimenti. Appuntamento unico, fascino intatto, anche se più nello specifico nella classe regina ha assunto un’altra espressione rispetto al ritorno nel 2005.

Non ho mostrato le linee da seguire per tutti i turni di prove: lo farò solo in gara“, disse Colin Edwards, secondo sul traguardo nel 2005 riuscendo a star davanti a Valentino Rossi (prima di tre occasioni capitate nella lunga permanenza con la squadra Yamaha Factory). “Appena sentivo il rumore di una moto e, girandomi, vedevo qualcuno seguirmi, chiudevo il gas“, ribattè Nicky Hayden, Re di Laguna per i primi due anni quando ancora conoscere i segreti, le traiettorie, i punti determinanti del tracciato faceva la differenza. Oggi tutti, fatta eccezione per i rookie, conoscono Laguna Seca. Dopo cinque anni non potrebbe esser altrimenti: ne ha preso coscienza lo scorso anno Ben Spies, arrivato come wild-card, costretto a lottare per stare con i dieci anche per i propri problemi fisici (dolori per tutto il, stressante, weekend) e della Suzuki.

Tuttavia Laguna offre ancora la “possibilità della vita” per qualcuno. Chiedere a Chris Vermeulen, arrivato nel 2004 in Superbike: subito doppietta, alla quale seguì una pole position nel 2006 in MotoGP (sua prima stagione iridata) e i piazzamenti sul podio di questa stagione. Sarà una gara difficile, forse la più difficile dell’anno, anche per rookie come Gabor Talmacsi e Niccolò Canepa: la riduzione da tre a due turni di prove libere non gioverà al loro apprendistato.

Poco tempo per imparare, seguire (almeno provandoci) chi a Laguna Seca ci corre da anni. Chi magari è stato protagonista di una lotta esaltante come quella tra Valentino Rossi e Casey Stoner dello scorso anno, ultimo capitolo di una lunga serie di gare leggendarie in California. La vittoria di John Kocinski con la Cagiva nel 1994, il sorpasso di Alex Zanardi su Bryan Herta nella CART stagione 1996, i successi di Ben Bostrom nel 1999 e 2001 (il vero “Re” del Cavatappi), la storica vittoria di Frankie Chili in Gara 1 nel 2004. Poi la lotta risolta all’ultima curva tra Ben Spies e Mat Mladin nel 2007 (che assegnò il titolo AMA Superbike) e, naturalmente, arriviamo alla serie di 11 sorpassi e controsorpassi tra Rossi e Stoner dello scorso anno. Si riparte da lì, si riparte da Laguna Seca, l’unico circuito che riesce ancora nel Terzo Millennio a trasformar leggendarie le battaglie epiche del motociclismo.

Alessio Piana

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