27 Marzo 2018

Superbike: Jonathan Rea colpito e (forse) affondato?

La Kawasaki depotenziata è in difficoltà contro tutti. Il campione del Mondo è oltre il limite e il quarto Mondiale diventa un obiettivo assai arduo

Jonathan Rea è un campione dimezzato. Il taglio di 1100 giri motore imposto dal nuovo regolamento Superbike ha trasformato la Kawasaki stellare degli ultimi anni in una barchetta in balia della tempesta.  Fra Australia e Thailandia ha totalizzato 31 punti in meno di un anno fa, quando aveva fatto il pieno chiudendo la doppia trasfera a +30 punti sul secondo, Chaz Davies (tre volte secondo, un sesto.) Che JR1 sia di nuovo primo in classifica  è un dettaglio: se Marco Melandri  in Thailandia avesse sfruttato il potenziale Ducati emerso con Chaz Davies, adesso sarebbe lui già in fuga.

GARA 2 – Da bordo pista  i primi cinque giri di Rea sono stati uno spettacolo: Jonathan andava come una furia, visibilmente più veloce di tutti gli altri. Ha superato Melandri nel misto come fosse fermo e infilato Camier  con una staccata da paura. Ma si vedeva che JR1 stava andando oltre le righe: voleva andare davanti, scegliere le sue traiettore, imporre il ritmo e ripetere la vittoria del giorno prima. Ma la Kawasaki non ne ha: sul dritto è vistosamente più lenta di Yamaha e Ducati, neanche con la scia Rea può superare i concorrenti diretti nella corsa al titolo. Dopo tre-quattro grossi avvertimenti, causati anche dal non corretto funzionamento dei freni, Jonathan è passato davanti al box Kawasaki scuotendo la testa e da metà in poi si è tenuto del margine. Un quarto posto è assai meglio di niente.

GOMME – Intanto Tom Sykes, che pur essendo un ex iridato è un pilota più “normale” di Rea, è già scomparso dai radar. Che le due Kawasaki siano andate in crisi di freni non è un caso. Ad Akashi hanno tentato di sopperire alla minore potenza  cambiando l’erogazione per rendere la ZXR10 più agile nel misto. Ma  anche l’assetto è stato radicalizzato intervenedo su vari componenti che adesso sono  più sotto stress di prima. Il problema, oltre alla potenza, adesso è anche la gestione della gomma, che prima della gigliottina regolamentare  era specialità della casa. Rea è stato costretto a partire quattro volte su quattro (sia in Australia che in Thailandia) con soluzioni posteriori più dure della Ducati.  In Thailandia, dove la Kawasaki aveva sempre vinto, un anno fa Rea completato i 20 giri di gara 1 in 31’16″125, stavolta ha pagato 8 secondi (comunque vincendo) mentre nella seconda è stato più lento di 15 secondi. Con la prestazione 2017 Rea avrebbe preceduto Davies di 8 secondi e le Yamaha di 10. Quindi non sono cresciuti gli altri, è andata (molto) indietro la Kawasaki.

E’ SHOW? – La Dorna celebra i tre vincitori in quattro gare: magari chi guarda le gare senza spaccare in due il capello dal punto di vista tecnico sarà rimasto soddisfatto.  Ma a motori spenti qualche dubbio monta. Okay, anche alla Ducati hanno tagliato i giri, ma vedere arrancare così la Kawasaki, lascia alquanto perplessi. Che sport è, se i migliori non possono giocarsi le loro carte? Potrebbero chiederselo anche i vertici di Akashi, con quello che investono in Superbike…

Lascia un commento

2 commenti

  1. marcogurrier_911 ha detto:

    Dott. Gozzi buongiorno,

    fin da piccolo praticando nuoto fino ad ora, passando per qualsiasi livello e (pari) illusione, mi hanno sempre insegnato che il valore dello sport è celebrare e riconoscere i meriti dei più forti e dei migliori.
    Anche leggendo costantemente corsedimoto, fino a tre anni fa ero un (quasi) detrattore del binomio KawaRea,tifando Davies e compagnia bella….mi rendo conto di avere sbagliato valutazioni, mea culpa…; e come avete fatto giustamente voi su queste pagine, il regolamento è assolutamente stupido e contro ragione umana….Lei ha chiuso l’articolo giustamente dicendo che i più bravi, come in famiglia, non vanno penalizzati e a loro non vanno tarpate le ali…
    Ma anche in società si fa il contrario, e i giovai vanno via….!

  2. AldoVitelli91 ha detto:

    Sig. Gozzi, buonasera. Ma è solo una mia impressione o la differenza tra i più forti e le seconde linee, in passato, era solo in minima parte dovuta alla potenza del motore? Ho sempre notato infatti che le Ducati (e anche Yamaha, Aprilia e BMW) andassero più forte delle Kawasaki in rettilineo soprattutto negli ultimi due anni (un po’ più forte, ora si parla di sverniciamento). Ricordo sia in Qatar che ad Aragon, dove i rettilinei sono importanti, Davies che Melandri (ma anche gli altri quando ne avevano la possibilità) non avevano nessun problema a superare in rettilineo Sykes e Rea. I dati delle speedtrap, seppur non sempre affidabilissimi in senso assoluto, parlano chiaro a riguardo. La differenza è sempre stata nel misto, nella stabilità e nel polso di Rea. Mi chiedo a questo punto, se si vuole per forza limitare chi è più forte, partendo dal presupposto che limitare chi vince è eticamente scorretto e contro ogni valore sportivo, che senso ha ritoccare la potenza massima delle moto? La competitività della Kawasaki (solo quella di Rea in realtà) sulle dirette inseguitrici era data da una serie di fattori, non su quanto forte andasse sul dritto. Sbaglio a valutare forse?