28 Dicembre 2020

Superbike, che storia nel ’95: venni, vidi…Chili!

Cacciato dai GP, a 31 anni Pierfrancesco Chili emigrò in Superbike battendo Carl "King" Fogarty dopo appena quattro round. Con una Ducati privata...

Superbike, Pierfrancesco Chili

La Superbike dell’epoca d’oro è una miniera di belle storie e quella di Piefrancesco Chili è senza dubbio una delle più appassionanti. Cacciato dal motomondiale a fine ’93, il bolognese restò praticamente fermo l’anno dopo e nel ’95 cambiò sponda accontentandosi di guidare la Ducati “satellite”. Salì sul podio al terzo tentativo, finendo secondo a Donington dietro Sua Maestà Carl Fogarty, super ufficiale della stessa marca, nonchè campione del mondo in carica. Alla quarta occasione, Monza, centrò la prima delle diciassette vittorie che avrebbe messo in fila nei dodici anni di Mondiale. Pochi sanno che la magica avventura del campione bolognese, classe 1964, cominciò per uno strano intreccio di destini…

Dalla porta di servizio

Tutto ebbe inizio grazie all’intuizione di Franco Farnè, mitico capo meccanico che per tantissimi anni è stata l’anima e il cuore del reparto corse Ducati. Nel ’94, come detto, Chili era disoccupato. Farnè pensò bene di fargli provare la Ducati mono, un piccolo gioiello che la marca italiana aveva progettato tagliando un cilindro al glorioso V2 a L. PFC fece un breve test al Mugello, e vinse a mani basse una gara internazionale disputata sullo stesso tracciato. La scintilla era scoccata, Farnè voleva a tutti i costi far correre Chili nel Mondiale ’95 ma tutte le moto ufficiali erano già occupate. Nel team ufficiale c’erano la stessa Carl Fogarty, che l’anno prima aveva dominato il Mondiale con la debuttante 916, e l’emergente Mauro Lucchiari. L’austriaca Promotor invece puntava forte sull’australiano Troy Corser, che nello stesso ’94 era stato il primo “non americano” a vincere il campionato Usa con la Ducati Ferracci, e sul connazionale Andreas Meklau. Serviva una squadra e a febbraio spuntò.

Grazie Alex Gramigni 

La svolta nella vita e nella carriera di Pierfrancesco Chili ha due artefici. Il primo è Andrea Merloni, industriale marchigiano rampollo della dinastia degli elettrodomestici. Appassionatissimo di moto, nel ’95 mise acquistò quattro Ducati 916 (a quei tempi era permesso il muletto…)  per il pilota bolognese e la promessa Gianmaria Liverani, 23 anni. Non c’era appoggio ufficiale, ma Piefrancesco Chili aveva comunque una Ducati velocissima, curata da Piero Gianesin, uno dei “maghi” del bicilindrico. Il secondo artefice è Alex Gramigni, iridato in 125 nel ’91. Anche il toscano era finito fuori dal giro che conta nei GP ed era il primo della lista di Merloni. “Alex ci ha chiesto un ingaggio che andava aldilà delle nostre possibilità, Chili invece mi è sembrato più determinato ad investire sulla sua carriera”. Pierfrancesco si era dunque rimesso in gioco per due lire, vendendoci lungo. Perchè, negli anni successivi, ebbe modo di correre per squadre blasonate, come Suzuki Alstare, mettendosi in tasca cospicui ingaggi e premi.

Il colpaccio di Monza

In quel magico 1995 Monza era il quarto round del Mondiale, dopo Phillip Island, Misano e Donington. Campione in carica, la Ducati era ripartita in tromba, tanto che proprio alla vigilia di Monza la 916 venne estemporaneamente zavorrata nel tentativo di rimettere in partita Honda, Yamaha e Kawasaki. A quei tempi non c’era il famigerato algoritmo  che limita i giri in base ai risultati, ma il desiderio del promoter Flammini era identico a quello della Dorna, cioè fare in modo che tutti potessero giocarsela. In gara 1 Pierfrancesco Chili cadde in Parabolica, mentre era terzo in coda a Fogarty e Slight (vedi il video qui sopra). Ma nella seconda riuscì a battere King Carl con un magistrale sorpasso all’ultima Parabolica. Nel giro d’onore si fermò davanti alla Variante Ascari lanciando in tribuna guanti, casco e stivali. Quel giorno a Monza c’erano 80 mila spettatori.

“Piloti 500 fatevi sotto, non mi fate paura” 

A chi lo accusava di esser migrato in Superbike per vincere facile, Piefrancesco Chili rispose: “Con le Superbike giriamo negli stessi tempi della 250GP, ma con 50 chili in più. Provate a immaginare una 500GP pesante 150 chili: girerebbe con gli stessi tempi della 250, cioè come la Superbike. Quindi non è questione di piloti. Lo dico forte: quelli che ci denigrano che vengano qua dentro, li aspettiamo a braccia aperte…” Dichiarazione bellicose che si sposava alla perfezione con la tensione che a quei tempi già aleggiata fra i due mondi, i GP (e il promoter Dorna) da una parte, la Superbike (gestita dai Flammini) dall’altra.  Oggi che il padrone dei due Mondiali è lo stesso, immaginate se Jonathan Rea facesse una dichiarazione simile…

Lascia un commento

1 commento

  1. marcogurrier_911 ha detto:

    Quante emozioni ci hai fatto vivere PierFrancesco.
    Ti auguro solo di stare bene, meglio, e a lungo

    Direttore, curiosi di un pezzo su Lucchiari!