25 Gennaio 2022

Superbike a tutto gas, 24 piloti permanenti: sarà un mondiale fighissimo!

Superbike 2022 da mille e una notte: 24 piloti, di cui una quindicina ufficiali o quasi per 5 Costruttori. In pista siamo tornati all'epoca d'oro, mancherebbe solo farla volare davvero

Superbike

La Superbike che scatterà il 9-10 aprile dal Motorland Aragon annuncia una lista di partenti che in queste giornate invernali scatena l’attesa di noi appassionati. Dorna presenta uno schieramento che continua ad attrarre tutti i principali costruttori di maxi moto: Yamaha, Kawasaki, Honda, Ducati e BMW. I piloti permanenti la prossima stagione salgono a 24, con l’unica incognita rappresentata dal pilota che dovrà essere indicato dal team Pedercini. Fra questi, una quindicina guideranno moto “factory” oppure appoggiate direttamente dalle filiali europee. Per consistenza numerica, qualità ed impegno tecnico, pare di essere tornati agli anni ruggenti della Superbike.

Toprak vs Rea o ci saranno sorprese? 

Il Mondiale ’22 riparte sullo slancio di una stagione scorsa che ha appagato anche i palati più fini. Il duello fra Toprak Ragztalioglu e Jonathan Rea ci ha tenuti incollati davanti alla TV fino all’ultimo metro della sfida finale in Indonesia, regalandoci uno dei confronti diretti più esaltanti di sempre. Impreziosito, per altro, da una Ducati che con Scott Redding è rimasta in partita quasi fino all’ultimo. Ma non è tutto qui. Nel 2021 la Superbike ha portato alla ribalta nuovi talenti come mai era accaduto. Il primo, ovviamente, è lo stesso Toprak, esploso a 25 anni con la sua guida al limite che ha incantato tutti. Per buttare giù dal trono Jonathan Rea serviva il campionato perfetto e il turco l’ha costruito con pazienza e straordinaria classe. Gli altri due nomi in rampa di lancio sono Axel Bassani, che ha assaggiato il podio e sfiorato la vittoria con la Ducati privata di Motocorsa, e Andrea Locatelli, piombato in top class coi galloni da iridato Supersport e degno compagno di Toprak in Yamaha. Nel ’22 sbarca un altro ragazzo da seguire con interesse, cioè Luca Bernardi con la Ducati Barni. Se son rose…

Ducati, la volta buona?

La Rossa aspetta il titolo dal lontanissimo 2011 e spera che l’usato garantito, cioè Alvaro Bautista, non faccia cilecca. Lo spagnolo nel 2019 fallì il Mondiale, ma vinse comunque sedici gare, un bottino da far invidia ai successori. Toprak e Rea lo temono, e a ragione.  Le incognite sono BMW e Honda. I tedeschi puntano forte su Scott Redding, uno che non molla mai e che sulla M1000RR darà filo da torcere. La HRC cambia tutto e lancia due ragazzi in arrivo dalla GP: Iker Lecuona in MotoGP è caduto tanto, ma ha mostrato sprazzi di classe. Non è da sottovalutare.

Immaginate se…

Qualche appassionato rimpiange l’epoca d’oro della Superbike, quella dei vecchi draghi come Fogarty, Corser, Haga, Bayliss e tanti altri. Io che l’ho vissuta, dal primo start nel 1988, vi posso assicurare che questa di adesso ha ben poco da invidiare dal punto di vista piloti e sfida tecnica. Quella dei vecchi tempi era solo raccontata meglio da un promoter, Maurizio Flammini, che aveva trovato nella contrapposizione con la 500/MotoGP la chiave del successo. “Di là corrono le fighette, da noi i piloti duri e puri” era il mantra ripetuto all’infinito. Ovviamente non era proprio così, ma funzionava. Tanto che per un certo periodo, a fine anni ’90, la Superbike aveva cominciato a mettere in dubbio il primato commerciale dei GP. Dorna, il padrone di adesso, in qualità di monopolista non può certo usare la stessa narrativa. Carmelo Ezpeleta deve mantenere gli equilibri e, per motivi economici, stare attentissimo che la Superbike, che ai circuiti costa pochissimo e alle TV quasi niente,  non prenda eccessivamente quota facendo vacillare i contratti faraonici della MotoGP. Ve lo dico io:  con uno schieramento così, ci fosse ancora un Flammini, la Superbike potrebbe essere servita al pubblico come il Mondiale più bello…

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