7 Giugno 2014

La MotoGP dà una mano alla Superbike

Il tracciato malese di Sepang è una novità assoluta per la Superbike ma Aprilia e Ducati è come se ci avessero già girato. Le due squadre italiane sono partite di slancio avvantaggiate dal travaso di esperienze tecniche fornite dai rispettivi progetti MotoGP, che qui fa anche buona parte dei test invernali. Ecco in quali aeree […]

Il tracciato malese di Sepang è una novità assoluta per la Superbike ma Aprilia e Ducati è come se ci avessero già girato. Le due squadre italiane sono partite di slancio avvantaggiate dal travaso di esperienze tecniche fornite dai rispettivi progetti MotoGP, che qui fa anche buona parte dei test invernali. Ecco in quali aeree il trasferimento di dati è decisivo.

Romano Albesiano è direttore tecnico del Gruppo Piaggio

STESSO MOTORE – La marca di Noale è ulteriormente avvantaggiata rispetto a Ducati perchè nella top class corre con la ART (Aprilia Racing Technology) che monta lo stesso identico motore V4 della Superbike, con telaio prototipo,  peso minore e i dischi freno in carbonio. Anche le gomme sono diverse,  Bridgestone invece di Pirelli.  Nelle qualifiche del GP (ottobre 2013) Alex Espargaro aveva girato in 2’02”151 e in gara (nono posto, primo della categoria CRT) il giro veloce in gara era stato 2’03”621, prestazioni (fatte salvi i vantaggi regolamentari) in linea con quelle che stanno ottenendo Sylvain Guintoli e Marco Melandri. Oltre ad esportare i dati per la rapportatura del cambio, che in Superbike è limitato a due sole possibilità, l’Aprilia ha trasferito in toto le regolazioni elettroniche, visto che centralina e software sono identici sulle due moto.

DUCATI – Anche la Panigale usa lo stesso hardware e software della Desmosedici GP14 ma le caratteristiche di veicolo e motore sono molto differenti: bicilindrico in Superbike, quattro cilindri V sulla MotoGP. Quindi gran parte dei settaggi della gestione motore sono risultati intrasferibili e perfezionati solo in loco. L’acquisizione dati però ha permesso un’analisi molto accurata delle caratteristiche del tracciato. Pur senza averci mai girato con la Panigale, i tecnici Ducati sono arrivati in Malesia conoscendo alla perfezione quali sarebbero stati i punti più critici della pista, cioè le sconnessioni d’asfalto e i lunghi curvoni in appoggio dove Davide Giugliano e Chaz Davies avrebbero potuto avere problemi di chattering (vibrazione anomala del pneumatico) e di aderenza. Anche sulla Rossa il rapporto finale è stato studiato a tavolino <<e ci abbiamo preso al primo colpo>> ha rivelato con orgoglio il direttore del progetto Ernesto Marinelli.

Ernesto Marinelli project leader della Ducati Superbike

CALORE – La gara malese è caratterizzata da temperature aria superiori ai 30°C e da un tasso di umidità molto alto. Sono condizioni limite per i motori, sia per l’affidabilità che per le prestazioni. Nel punto più veloce l’Aprilia di Marco Melandri ha fatto registrare nelle prime prove una punta di 305 km/h, ben sotto il top di 332 km/h che la stessa RSV4 aveva realizzato ad Aragon in condizioni  ideali. <<Dipende molto dalle caratteristiche del circuito ma il caldo in effetti un po’ influisce sulle prestazioni>> spiega Romano Albesiano direttore tecnico del Gruppo Piaggio. <<Possiamo calcolare la diminuzione di potenza con una semplice formuletta che usiamo anche per parametrare le prove al banco in differenti condizioni. Con questo caldo la quantità di ossigeno per metro cubo d’aria diminuisce, riducendo la prestazione.>> Per controllare la temperatura d’esercizio del motore l’Aprilia in Malesia sta utilizzando radiatori con pacchi di lamelle che offrono una maggiore capacità di dissipazione del calore.

POTERE CALORIFERO – Marinelli aggiunge dettagli. <<L’umidità influisce sul potere calorifero della miscela aria-benzina e influisce sui tempi di detonazione che regoliamo giocando sull’anticipo>> Il gran caldo non fa bene ai motori ma la Superbike ha gareggiato anche in condizioni più al limite ancora. <<L’altitudine influisce ben più della temperatura e l’abbiamo sperimentato quando abbiamo corso ad alta quota, cioè ai 1500 metri di Kyalami (Sud Africa) e ai 1200 di Salt Lake City (Stati Uniti). A quelle altitudini la pressione atmosferica è molto più bassa (800 millibar contro i normali 1000, ndr), la densità d’ossigeno è ancora più bassa e la prestazione può calare anche di un 15-20%”.

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