25 Agosto 2012

Diario dalla Russia: la Superbike nel circuito blindato, e altre storie

E' sabato mattina e mancano poco più di 24 ore al debutto del Mondiale Superbike in Russia. Il viaggio dall'hotel più vicino è lungo 65 chilometri. Ai bordi della strada sfilano boschi di abeti, pianure incolte e cadenti casupole di legno. Chi le abita come fa a resistere ai -50°C dell'inverno russo? Mistero. A metà […]

Ingresso principale del Moscow Raceway, sabato 25 agosto 2012 ore 09.30E' sabato mattina e mancano poco più di 24 ore al debutto del Mondiale Superbike in Russia. Il viaggio dall'hotel più vicino è lungo 65 chilometri. Ai bordi della strada sfilano boschi di abeti, pianure incolte e cadenti casupole di legno. Chi le abita come fa a resistere ai -50°C dell'inverno russo? Mistero. A metà strada, in uno spiazzo,  un folto gruppo di persone dall'aria dimessa aspetta un tipo col giubbotto di pelle e l'aria da ras. La scena puzza di caporalato e lavoro da schiavi: la dittatura del proletariato, se c'è mai stata, qui non se la ricorda nessuno.

Il Moscow Raceway spunta da dietro una curva e la prima istantanea è un plotone in fila per tre incamminato verso gli ingressi. Militari giovanissimi, con il cappellone marziale, il tascapane e il manganello lungo così. Li hanno dislocati lungo il perimetro dell'impianto, uno ogni cinquanta metri.

Agli ingressi hanno piazzato  metal detector come quelli che si usano per il controllo passeggeri negli aeroporti. Ogni spettatore viene anche filmato da telecamere a circuito chiuso. Immagino che debbano servire ad inviduare attraverso identikit memorizzati il volto di eventuali terroristi. Un “filtraggio” così accurato non provoca code per il semplice fatto che il pubblico non c'è. Sarà presto.

Cosa ci sia da difendere e da chi, non si è capito. La Superbike è arrivata in Russia con la benedizione di persone importanti: finanzieri, ministri, grandi papaveri della politica di Mosca. Pare che perfino Putin, il nuovo zar, abbia dato il suo placet. A qualcuno, nel paddock, è venuto il sospetto chi sta dietro allo sbarco della Superbike tema di subire qualche ritorsione. Altrimenti non si spiega un tale dispositivo di sicurezza. Che, a parte l'inquietudine che suscita, non deve costare qualche rublo. Il proprietario del circuito è un uomo d'affari ceceno, la regione indipendestita contro la quale i russi hanno scatenato due guerre sanguinose, l'ultima conclusa nel 2007. Il rischio di attentati a Mosca è molto forte. C'entrerà qualcosa?

Per adesso l'incidente diplomatico si è verificato solo per motivi commerciali. Fino a metà venerdi in varie parti del circuito c'erano enormi cartelli di Mercedes AMG, marchio in conflitto con Alfa Romeo sponsor del Mondiale Superbike. La Infront li ha fatti rimuovere un attimo prima che si accendessero le telecamere. Viene il sospetto che i responsabili del circuito non abbiamo mai visto una gara importante prima d'ora.

Meglio pensare a Biaggi e Melandri che si giocano il Mondiale alle spalle della  Ducati di Checa che può fare il pieno tornando terzo incomodo per il titolo.   In circuito le cose funzionano solo grazie alla provvidenziale presenza di 70 adetti italiani, tra commissari di percorso e direttori delle operazioni. Sono sbarcati in Russia martedi e non hanno trovato niente, neanche le bandiere di segnalazione cucite in tutta fretta. Se domani vi gusterete un bello spettacolo, ricordatevi di loro.

Non mancano i contrattempi al limite del grottesco. La seconda qualifica è stata fermata con bandiera rossa perchè il sistema di collegamento radio tra direzione gara e postazioni non funzionava correttamente. I russi sono stati i primi a conquistare lo spazio ma Yuri Gagarin, nel 1961, doveva avere un servizio radio migliore di quello del Moscow Raceway nell'anno di grazia 2012.

Lascia un commento