1 Agosto 2014

2 agosto 1980, quando le corse mi salvarono la vita

Il Corriere della Sera titolò: “Scoppio Apocalisse a Bologna”. Il 2 agosto 1980 alle 10.28 una bomba nascosta nella sala d’aspetto di seconda classe fece 85 morti e 200 feriti. Il più grave attentato nella storia d’Italia. Era un sabato, e io ero passato da lì meno di un’ora prima. Andavo a Misano per l’ultima […]

Il Corriere della Sera titolò: “Scoppio Apocalisse a Bologna”. Il 2 agosto 1980 alle 10.28 una bomba nascosta nella sala d’aspetto di seconda classe fece 85 morti e 200 feriti. Il più grave attentato nella storia d’Italia. Era un sabato, e io ero passato da lì meno di un’ora prima. Andavo a Misano per l’ultima prova del campionato italiano juniores. Una gara minore, ma per  un ragazzino che sognava di fare il giornalista era il massimo. Siccome non stavo nella pelle e non volevo perdere le prove, presi il primo treno alle 4 del mattino, anche se sarebbe stato più comodo quello dopo, che partiva   alle 5. Sarei arrivato per la coincidenza a Bologna proprio nel momento fatale.

IN VIAGGIO – Nell’estate 1980 ero stato promosso in quinta liceo e bazzicavo una piccola tv locale. Mi occupavo di calcio ma nella zona c’erano un motoclub e piloti di spicco, quindi  si parlava anche di moto. E  la testata, pur piccola, per ottenere il pass andava benissimo. Nel tricolore juniores correvano vecchi marpioni e belle speranze. Anche per gli aspiranti giornalisti era così: si cominciava dal basso, contando  – un giorno o l’altro – di poter scrivere sui giornali importanti. Il mio sogno era Motosprint, la bibbia degli appassionati. Successe tredici mesi dopo, e ci sono rimasto trent’anni. Dalla profonda provincia Toscana arrivare in treno al Santamonica (allora si chiamava così) non era  uno scherzo: si cambiava a Empoli, Firenze, Bologna. Dalla piccola stazione di Misano il circuito dista 3 chilometri, che io facevo a piedi. Volando, ovviamente, perchè per tutto il tragitto già si sentiva il rombo dei motori.

DESTINO – A Bologna arrivai intorno alle 9 del mattino, scendendo dall’Espresso proveniente da Firenze proprio sul binario 1. La bomba magari era già lì, a due passi. Non mi ricordo cosa feci nell’attesa, presi la concidenza per la Romagna e non seppi nulla dell’accaduto fino alle 2 del pomeriggio. Quando, arrivato in circuito da poco, mi corse incontro Filippo Brettoni, fratello minore di Augusto, grande specialista dell’Endurance e pilota di fiducia Laverda. Mi disse di chiamare subito casa, che avevano saputo che alla Stazione di Bologna era successa una tragedia e mi stavano cercando per mare e per terra. Mia mamma che non ha mai messo piede in un circuito e non conosce neanche un pilota, si mise a chiamare tutti gli alberghi della Riviera finchè non trovò una delle poche persone  dell’ambiente che mi conoscevano di persona. Allora non c’erano i telefonini.

La cronaca su Motosprint uscito giovedi 7 agosto 1980

RICORDI – Nelle edizioni straordinarie dei TG dissero che  era saltata in aria una caldaia, e in circuito non si ebbe la vera dimensione di quello che era successo, neanch’io che ero scampato per un pelo. C’era il sole, faceva caldo e le gare furono belle. Nella TT4,  la 125 derivata dalla serie, vinse Stefano Caracchi in volata su Fausto Gresini, quarto Dino Melandri, il papà di Marco. Non potevo immaginare che ci saremmo ritrovati anni dopo, su altre piste:  loro campioni  e io giornalista davvero.  Mentre a Misano si alzavano le coppe,  a Bologna si contavano i morti. Chissà se tra gli 85 dilaniati c’era qualcuno appassionato di corse.  Oppure, sepolto tra le macerie,  qualche ragazzino che un giorno avrebbe voluto fare il giornalista. Oggi, 34 anni dopo, non ci hanno ancora detto chi furono i mandanti.

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2 commenti

  1. Caluz78 ha detto:

    Gran bell’articolo Paolo..
    E’ proprio vero che il destino è scritto.
    Non c’è proprio niente da fare.