18 Settembre 2019

Moto3: Tatsuki Suzuki “Tifavo contro Marco, ora vinco per lui”

22 anni, battuta (e parolaccia) pronte: il nippo-riccionese ha vinto la prima gara sulla pista intitolata a Marco Simoncelli. E adesso? Si salvi chi può....

Tatsuki Suzuki, #AragonGP

Tatsuki Suzuki aveva un appuntamento con il destino. “Un giorno vincerò e ti porterò sul podio con me, per ricordare Marco”, era stata la promessa che il pilota giapponese della Moto3 aveva fatto a Paolo Simoncelli, papà del campione scomparso e titolare del team SIC58. Che accadesse proprio a Misano, la pista intitolata a Marco, a due passi da Coriano, il “mondo” di tutto il clan Simoncelli, è stato il risvolto fiabesco della storia. La mitologia del motociclismo vive e si alimenta su imprese come questa. A 22 anni Tatsuki, il nippo-riccionese, come si autodefinisce, ha avuto – fra gli altri – anche il merito di portare la Moto3 a tutta pagina su La Gazzetta dello Sport in edicola mercoledi 18 settembre.

“IO TIFAVO CONTRO MARCO”

Tatsuki non ha avuto l’occasione di incontrare Marco Simoncelli di persona. “Anzi, tifavo contro di lui, quando Aoyama gli ha strappato il Mondiale 250 nel 2009″ ha raccontato Suzuki a Paolo Ianieri, inviato MotoGP della Gazzetta. “Adesso, invece, quando cazzeggio a casa spesso metto su qualche filmato e lo guardo correre. Sono fissato”. 

IL RAGAZZO DI MARSIGLIA

Suzuki corre con il team Sic58 da tre anni. L’approdo in Europa non era stato dei più facili. “A 14 anni i miei genitori hanno deciso che dovevo andare via da Chiba. In Giappone il livello dei piloti è in calo, ed è strano se pensi che tutte le più grandi Case sono laggiù. Mi hanno iscritto a una scuola internazionale vicino a Marsiglia. Il posto giusto eh? Mica sapevo dove sarei andato a finire. Quando ho visto in che posto ero capitato mi sono detto, “Minchia, ora come facciamo?”. Mi ha salvato il sogno di vincere il Mondiale, senza avrei perso presto la strada».

“CON IL VENTO NON GIRO”

Tatsuki Suzuki è approdato al Mondiale con il team CIP, senza risultati, poi è approdato alla corte di Simoncelli. “Con Paolo mi sono trovato subito bene. Cioè, insomma. Il primo giorno del GP del Qatar sono caduto tre volte, immaginate le parolacce” racconta Tatsuki. Il titolare del team, che di Suzuki sta diventando quasi un secondo papà, conferma. “Non so come lo avessero abituato, quel giorno mi guarda e dice: “C’è vento, non giro”. L’ho spedito in pista e lui cadeva sempre. Io e Marco (Grana, capotecnico del team; n.d.r.) pensammo che non sarebbe durata molto. Però abbiamo cominciato a parlare, e Tatsu ha iniziato a fidarsi. Una sua bella qualità è di ascoltare e capire, non come tanti piloti sempre convinti di avere ragione. Non posso essere il suo babbo, come mi chiama, ma come pilota, lo sento molto mio. Ci siamo incontrati in un momento in cui la morte di Marco a noi aveva cambiato la vita e lui era solo. È un ragazzo bravo, educato, intelligente. Quando in estate voleva cambiare team mi sono arrabbiato, ho pensato di chiudere tutto”. Invece Tatsuki Suzuki è rimasto. E adesso che ha cominciato a vincere, si salvi chi può…

Jonathan Rea, In Testa, l’autobiografia del campionissimo In vendita on line qui

Lascia un commento